Il bioterrorismo di George W. Bush

Il dr. Thomas Butler, ricercatore al laboratorio di biotecnologia dell’Università del Texas, ha perso 30 fiale. Non sarebbe grave, se non fosse per il fatto che esse contengono batteri della peste bubbonica. Dopo aver denunciato lo smarrimento, Butler ha cambiato versione dicendo di averle distrutte, ma in seguito ha ritrattato, accusando l’Fbi di avergli imposto di dire questo per tranquillizzare l’opinione pubblica. Che cosa ci faceva il dr. Butler con i batteri della peste bubbonica? Lo spiega la rivista New Scientist: nei laboratori Usa si è ormai ricostruita l’intera sequenza del genoma del batterio, così che «la peste bubbonica, la temuta Morte Nera dell’Europa medioevale, è ora una potenziale arma biologica». La vicenda apre uno squarcio nel mondo segreto delle armi biologiche. Quello sulla peste bubbonica è solo uno dei programmi di ricerca portati avanti, su incarico governativo, nei laboratori non solo militari ma anche universitari. Una équipe dell’Università St. Louis guidata da Mark Buller – informa New Scientist – ha «ottimizzato» il virus del vaiolo murino, che ora è in grado di uccidere il 100% dei topi infettati, anche dopo che sono stati trattati con un farmaco antivirale. Sull’onda del successo, il governo ha incaricato l’équipe di Buller di modificare anche il virus del vaiolo bovino che, a differenza di quello murino, può infettare gli esseri umani. Dai laboratori è così uscito un virus bovino «superletale» che, ha comunicato lo stesso Buller, sarà sperimentato all’Istituto di biodifesa dell’esercito a Fort Detrick (Maryland). Lo scopo, ha detto, è quello di «capire quanto sia facile o difficile applicare lo stesso tipo di ingegneria genetica al virus del vaiolo umano per renderlo più letale» e avere quindi «la prova di che cosa potrebbero fare i bioterroristi». Il vaiolo, che per millenni aveva decimato la popolazione mondiale (nel Settecento uccideva un bambino su dieci in Francia e uno su sette in Russia), è stato estirpato grazie alle vaccinazioni di massa: nel 1980, dopo l’ultimo caso in Somalia nel 1977, l’Organizzazione mondiale della sanità ne (Oms) certificava la scomparsa. Nel maggio 1996, l’Oms decise che gli ultimi stock del virus del vaiolo, conservati in due centri di ricerca negli Usa e in Russia, avrebbero dovuto essere distrutti al più presto. L’amministrazione Clinton ottenne però dall’Oms di posticipare al 2002 la distruzione dello stock statunitense. Ma nel novembre 2001, dopo gli attentati all’antrace (le cui tracce non portano nelle caverne afghane, ma a Fort Detrick e altri laboratori militari Usa), l’amministrazione Bush ha dichiarato che manterrà lo stock del virus del vaiolo, per poter produrre un vaccino su scala di massa in caso di attacco terroristico con tale virus. Ignorano a Washington che l’Oms mantiene 500 mila dosi di vaccino e ha la possibilità di produrne altre in qualsiasi numero sia necessario. Insomma, chi conserva stock del virus del vaiolo umano ha la possibilità di modificarlo geneticamente, così da renderlo resistente al vaccino e farne una terribile arma biologica. In tale direzione portano gli esperimenti con i virus del vaiolo murino e bovino. Riferendosi a quest’ultimo «superletale» virus che sarà sperimentato a Fort Detrick, lo scienziato australiano Ramshaw si è detto «molto preoccupato per tali esperimenti su un virus che può trasmettersi da una specie all’altra».

Non meno preoccupanti sono gli esperimenti per ricostruire il virus della spagnola, l’epidemia che nel 1918-19 provocò nel mondo 20-40 milioni di morti. Sono iniziati alla metà degli anni Novanta, quando il Dr. Jeffrey Taubenberger dell’Istituto di patologia delle forze armate Usa è riuscito a recuperare dai tessuti conservati delle vittime del 1918 frammenti del Rna del virus: si è stato creato un nuovo virus, contenente due geni di quello della spagnola, che si è dimostrato molto letale sugli animali. E, il mese scorso, il governo Usa ha concesso un finanziamento di 15 milioni di dollari per le misure protettive contro un attacco bioterroristico con un virus influenzale modificato. Dopo aver sottolineato che «non ha senso creare una nuova minaccia per sviluppare poi contro di essa nuove contromisure», il biologo Jan van Aken del Sunshine Project conclude: «Se Jeffrey Taubenberger lavorasse in un laboratorio cinese, russo o iraniano, il suo lavoro potrebbe giustamente essere considerato come lo smoking gun di un programma offensivo di guerra biologica». Il fucile dalla canna ancora fumante non è però nelle mani di Osama bin Laden, ma di Donald Rumsfeld.