Il 20 ottobre si va a piazza San Giovanni

La manifestazione del 20 ottobre finirà a piazza San Giovanni, la storica piazza dei lavoratori, lo storico catino della capitale dove confluisconi i cortei più grandi e più ambiziosi. E, prima del concerto, dal palco non verrà recitata la liturgia del comizio di chiusura ma l’intervento di una delle 914 dipendenti di Vodafone recentemente «esternalizzate» (brutto termine per indicare l’anticamera di un licenziamento in senso proprio). Ieri gli organizzatori del corteo, i direttori di Liberazione, Carta e manifesto hanno tenuto una nuova conferenza stampa per annunciare la scelta della piazza finale (la partenza è piazza della Repubblica). Ma ancora di più per dare la parola ad alcuni di quei movimenti che hanno deciso di essere in piazza quel giorno. Le prime battute, però, sono per Guglielmo Epifani, il leader sindacale che dalle pagine della Stampa ieri bollava come «inopportuna» la manifestazione del 20. Gli faceva eco il neosocialista Gavino Angius, che chiedeva per l’ennesima volta la cancellazione dell’appuntamento, visti i risultati della consultazione sindacale. «Il nostro rispetto per il voto dei lavoratori è assoluto», risponde Gabriele Polo. «Crediamo però che rimangano ben evidenti le questioni che il protocollo non riesce ad affrontare e il disagio dei tanti che hanno votato no. E ci permettiamo di credere anche de tantissimi che hanno votato sì». Ma ci sarà occasione di spiegarsi, con Epifani. Forse: i tre direttori hanno chiesto a lui – e a Fausto Bertinotti, a Franco Marini e a Romano Prodi – un incontro-confronto sulle ragioni del
corteo. Che sarà un corteo di proposta, spiegano ancora gli orga
nizzatori. Rappresentando però anche la protesta di «tante e tanti
che dal precariato ai diritti civili credono che il governo abbia fatto ancora troppo poco». Due le obiezioni da cui sgomberare il
campo: la prima è di chi dice che quello del 20 è un corteo dei parti
ti en travesti (Prc e Pdci, gli unici che aderiscono peraltro, i verdi
parteciperanno con iniziative tematiche, Sd è divisa tra chi sfilerà
e chi no). La seconda è che la manifestazione sia un esercizio
«identitario». «Portiamo più differenze in piazza di quante ne
avremmo mai sperate», dice Piero Sansonetti, «Generazionali, di
genere, politiche, locali. Anzi il problema sarà l’opposto, di farle
stare assieme». Poi prendono la parola quelli che, materialmente,
porteranno in piazza le loro ragioni e che avete letto e leggerete in
questi giorni sul manifesto. Un delegato della Rsu Vodafone, una
delegata della Fiom della Rsu Almaviva, una studente dell’Uds,
Mimmo Dieli, vigile urbano di Roma. Poi Giulio Marcon, della cam-
pgna Sbilanciamoci!, che presenterà il 17 ottobre la sua «controfinanziaria», Fabio Alberti dell’associazione Un ponte per, la femminista Bianca Pomeranzi, Aurelio Mancuso, presidente di Arci
gay, Bartolo Mancuso di Action.
E infine Antonio Ferrentino, presidente della Comunità Bassa Val
di Susa e sindaco di Sant’Antonino.