I voli Cia avevano l’ok dell’Ue

Si muove il Consiglio d’Europa, l’organizzazione intergovernativa che coopera per la salvaguardia dei diritti umani: il senatore svizzero Dick Marty, incaricato delle indagini, ha confermato ieri che un numero imprecisato di persone è stato rapito e trasferito illegalmente dai servizi segreti americani attraverso paesi del vecchio continente. E un documento finora segreto, diffuso dall’organizzazione non governativa Statewatch, mette a dura prova l’attendibilità delle dichiarazioni dei governi dell’Ue che ripetono di non aver mai autorizzato gli Stati Uniti ad usare gli aeroporti per trasportare prigionieri destinati a campi di tortura situati fuori dalla giurisdizione Usa. Nel gennaio del 2003 ad Atene, infatti, i ministri degli Esteri dell’Unione avevano firmato un accordo con Washington per migliorare la collaborazione in materia di sicurezza. Per cortesia verso l’alleato d’oltreoceano, tuttavia, il documento pubblicato ometteva alcuni importanti dettagli. Solo oggi è emersa una copia non censurata in cui si legge che «entrambe le parti (Ue e Usa, ndr) accettano di incrementare l’utilizzo delle infrastrutture europee dei trasporti per supportare il trasferimento di criminali o stranieri inammissibili».

Era l’anno dell’invasione dell’Iraq, scattata il 20 marzo. E il 17 febbraio, un mese dopo il summit di Atene, a Milano veniva sequestrato l’imam egiziano Osama Nasr detto Abu Omar: la magistratura del capoluogo lombardo quest’anno ha ordinato l’arresto dell’ex capocentro Cia di Milano e di 21 suoi presunti colleghi, mentre proseguono le indagini (anche a Roma) proprio su eventuali scali in aeroporti civili (forse Fiumicino) per gli aerei utilizzati in quell’operazione.

«Questo documento indica che la pratica di permettere a voli da e per gli Usa di fermarsi dovunque all’interno dell’Unione Europea è stata concordata almeno a partire dal gennaio del 2003», fa notare Tony Bunyan, direttore di Statewatch, l’organizzazione che ha ottenuto il testo completo dell’accordo. Parte della terminologia usata nel documento segreto è piuttosto esplicita – facile pensare come «infrastrutture europee di trasporto» possa riferirsi agli aeroporti dell’Unione – ma altre parole sembrano essere volutamente vaghe. «La definizione `stranieri inammissibili’ – osserva ancora Bunyan – non ha significato secondo la legislazione internazionale e sembra essere stata inventata proprio per poter essere applicata ai sospetti terroristi».

Alla luce di questo accordo, le dichiarazioni stupite dei governi dell’Unione sulla vicenda dei voli CIA paiono quasi ridicole. «Non possono dire che non ne sanno nulla», sottolinea Livio Zilli, un esperto di legislazione internazionale di Amnesty International. «Da quando gli Stati Uniti hanno aperto la prigione illegale di Guantanamo tutti gli aderenti alla convenzione di Ginevra hanno il dovere di indagare su qualsiasi aereo americano in transito che potrebbe trasportare prigionieri».

L’altra novità è il rapporto del senatore elvetico Marty, membro dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e iscritto a un gruppo di centrosinistra, presidente della commissione affari legali incaricata di un’indagine. Il parlamentare ha precisato che gli Stati Uniti hanno trasferito tutti i detenuti clandestini in prigioni nordafricane, appena la notizia delle cosiddette extraordinary renditions è cominciata ha circolare sui media internazionali. «Gli elementi emersi fino ad oggi – si legge nel rapporto di Marty – rinforzare la credibilità delle dichiarazioni sul trasporto e la detenzione temporanea di persone al di fuori di ogni procedimento giudiziario in paesi europei». Il senatore ha comunicato di aver chiesto spiegazioni ai governi di Polonia e Romania, chiamati in causa sulla stampa anche con l’ipotesi, non confermata, di «carceri segrete» sul loro territorio.

Marty ha apprezzato le ferme dichiarazioni di Franco Frattini a nome della Commissione Ue e ha deplorato il silenzio sulla vicenda durante la recente visita in Europa del segretario di Stato americano Condoleezza Rice. La responsabile statunitense degli esteri si è limitata a sostenere che la Cia non ha fatto nulla d’illegale – come se la strategia fosse quella di centellinare le informazioni, evitando però di negare ciò che in futuro potrebbe essere dimostrato. Un po’ come ha fatto lunedì scorso il suo omologo britannico, Jack Straw, alla camera dei Comuni. «Fare finta di niente non è una risposta adeguata – ha replicato Andrew Tyrie, presidente della commissione parlamentare incaricata di indagare – Ci sono abbastanza prove per obbligare il governo a indagare e a chiedere spiegazioni agli Usa».