Ci sono dei limiti alla faziosità: chi avesse avuto notizia soltanto dal televisore o dagli editoriali di alcuni grandi giornali del sondaggio promosso dall’Unione europea sulla guerra all’Iraq non poteva dedurre se non che, presa da un raptus, la Ue avesse sollecitato sornionamente un pronunciamento contro Israele da parte dei suoi cittadini. Scandaloso, improprio, riprovevole, hanno dichiarato con volto funesto Casini e Fini (quale pulpito). Ecco l’antisemitismo che salta fuori, si è precipitata a scrivere su Repubblica Miriam Mafai, è il male oscuro dell’Europa. Mettiamo alcune cose in chiaro. Anche se il sondaggio fosse costituito, come si è voluto farci intendere, di una sola domanda: quale paese consideri più pericoloso per la pace?, sarebbe stato forse poco diplomatico ma non inammissibile e le risposte dovevano prima di tutto far riflettere. Non c’è ragione per la quale non si possa criticare la politica del governo d’Israele, che è uno stato come gli altri e per di più si pretende democratico dunque aperto alla critica; né di tacciare di antisemitismo chi dice che Sharon come Bush parla e straparla di guerra e la fa, e non soltanto una guerra di difesa, e occupa territori non suoi. E’ un’accusa ricattatoria e alquanto mascalzonesca. C’era dunque qualcosa che non quadrava in tutta questa agitazione.
Senonché ora che internet ha scaricato le 128 pagine del questionario, risulta che si è trattato di tutt’altra cosa: l’Unione europea non ha fatto interrogare da un sondaggio telefonico i cittadini dei vari paesi per sapere quale stato ritengano più pericoloso per la pace, ma per sapere che cosa pensano della guerra all’Iraq. Si tratta di dieci domande nove delle quali riguardano il dossier oggi aperto fra gli Usa e il mondo: se la guerra era giustificata sì o no, poco, abbastanza, o molto, e la risposta è stata che non era giustificata né poco né molto. Se bisogna aderire alla richiesta del Dipartimento di stato di inviare adesso in Iraq truppe e denaro, e la risposta è stata no, l’occupazione essendo illegittima i danni li paga chi li ha fatti. Se l’Europa deve mandare aiuti umanitari, e la risposta è sì. Chi deve decidere su questioni internazionali come questa? La risposta è stata: l’Onu. Ha fatto il possibile l’Europa? No, non ha fatto tutto quel che poteva e doveva fare nel Medio oriente. Infine ritiene che ci sia un pericolo di terrorismo nel suo paese? La risposta è sì. Soltanto l’ultima delle domande era non «quale paese le sembra costituire il maggior pericolo per la pace?» ma «ritiene lei che il tal paese (e giù separatamente una dozzina di nomi a cui rispondere sì o no) sia un pericolo per la pace?». Che il 59% dei chiamati abbia messo «sì» accanto ad Israele può far pensare che ci sia fra loro anche una quota di antisemiti, e sotto questo aspetto è interessante vedere come hanno risposto i diversi paesi. Ma non deve essere una entità che modifica granché l’opinione: il 53% ha risposto che considera pericolosi per la pace gli Usa, l’Iran, la Corea del nord e l’Iraq. Non piacciono né le guerre infinite né le atomiche detenute qua o là.
Il sondaggio dunque è diverso da quello che si è andati agitando in Italia in questi due giorni, e l’agitazione ha nascosto quel che è lo schiaffo più bruciante ricevuto dagli Usa: malgrado che – eccezion fatta per Francia, Germania e Belgio – i governi europei abbiano appoggiato la guerra americana, le loro genti non li hanno seguiti. Né allora né ora. Il movimento pacifista ha scavato bene, giovane talpa. Sarebbe utile che chi in questi giorni ha tanto starnazzato ci pensasse.