I venti liberisti contro la Getronics Italia

Si può discutere se e quanto il capitalismo di Adriano Olivetti sia stato alternativo. Di certo il sogno di un’azienda attenta alle condizioni di vita dei 36mila dipendenti e al loro coinvolgimento nell’organizzazione dell’impresa è finito. Nel ’64 fu Enrico Cuccia ad annunciare la cessione della divisione elettronica, il cuore dell’impresa di Ivrea, alla General eletric, probabilmente per le pressioni degli Usa. È stato il turno poi di De Benedetti, Colaninno, che utilizzò l’impresa come contenitore finanziario per la scalata a Telecom, e Tronchetti Provera. Un paio di anni fa il marchio Olivetti è stato cancellato dal registro delle società.
Il sogno di cui si parlava nella storica mensa di Ivrea è diventato oggi un incubo. Per i dipendenti della Getronics, la multinazionale con sede in Olanda che ha raccolto l’eredità della Olivetti, i venti liberisti sono stati devastanti. Con l’arrivo nel 2002 dell’amministratore delegato Roberto Schisano, è cominciata una strategia a molti chiara: far ingrossare il portafogli di pochi dirigenti con stipendi da favola e con conflitti di interesse evidenti [come nel caso della cessione di uno dei pochi rami d’azienda produttivi alla Alchera, società controllata da Schisano], impacchettare e liquidare. I tremila dipendenti del 2003 sono oggi diventati 1400 e altri tagli sono in vista. L’azienda è affezionata soprattutto a uno degli strumenti più cari ai guru neoliberisti, la “cessione di rami d’azienda”: invece di licenziare si impone l’autonomia economica di un settore, che nel giro di pochi mesi dichiara il fallimento.