Verso mezzogiorno del 4 febbraio l’eurostar Bolzano-Roma è rimasto fermo per un’ora e mezza alla stazione di Bologna. Dante De Angelis doveva guidare il treno (dotato di Vacma, detto anche «pedale a uomo morto») da Bologna a Roma. Prima di partire il macchinista ha però chiesto ai funzionari di Trenitalia la sostituzione del locomotore con uno senza il Vacma. Al loro rifiuto, ha deciso di non guidare il locomotore. Una scelta che gli è costata il licenziamento in tronco. Il Vacma obbliga il macchinista a tenere sempre premuto un pedale da rilasciare ogni 55 secondi per un massimo di 2 secondi per poi premerlo nuovamente (altrimenti scattano i freni di emergenza). Già utilizzato negli anni ’30 senza risultati apprezzabili, esso è stato introdotto dalle FS a partire dal 2001. Una decisione giustificata con la necessità di incrementare i livelli di attenzione del macchinista, risponde nella sostanza alle strategie aziendali di riduzioe del personale.
L’efficacia del Vacma è stata messa in discussione da studi condotti da istituzioni quali l’Università di Tor Vergata e il Politecnico di Milano, nonché da esperti in medicina del lavoro di alcune Asl (tra le altre, Bologna e Genova), che anzi ne sottolineano la nocività per la salute dei lavoratori. Su questo punto si è aperta una vertenza che aveva portato alla firma di tre accordi nazionali nei quali, dopo scioperi sulla sicurezza proclamati unitariamente, si prevedeva la sostituzione del Vacma con altra apparecchiatura di nuova omologazione. L’azienda ha invece proceduto al licenziamento di un delegato sindacale. Sulla scia dei suddetti studi, le OO.SS. hanno contestato il sistema Vacma, che ritengono inutile e dannoso non solo per i lavoratori ma anche per la sicurezza dell’esercizio ferroviario, e quindi per i viaggiatori. Un dato infine confermato da un’indagine condotta dalla Asl di Bologna su delega dalla Procura della repubblica. Certamente il «pedale a uomo morto» non ha evitato un disastro come quello avvenuto il 7.1.05 a Crevalcore, costato la vita a 17 persone e sicuramente dovuto alla carenza di efficaci sistemi di sicurezza.
Il comportamento di Trenitalia, che licenzia un rappresentante per la sicurezza, quale De Angelis, non è rivolto tanto contro il singolo lavoratore o le OO.SS., quanto contro la creazione di un sistema di sicurezza del trasporto ferroviario nel quale sono parte in causa non solo chi lavora, ma gli stessi viaggiatori. Anziché pensare alla costruzione della qualità di un servizio incentrato sulla sicurezza, Trenitalia se la prende con chi evidenzia il problema, cercando di far passare come puro gioco di conflittualità corporativa quella che invece è una azione di forza, ma necessaria, per sottolineare l’urgenza de problemi che mettono in discussione la serietà e l’efficacia del sistema ferroviario.
Il tono denigratorio assunto da Trenitalia e dal Gruppo FS nei confronti di De Angelis sta ad indicare il tentativo di attaccare i diritti sindacali e di esautorare i rappresentanti per la sicurezza, isolando chi interpreta tale ruolo in modo efficace, combattivo e non burocratico.
Il comportamento tenuto da De Angelis è sotto ogni aspetto legittimo, sia perché espressione del diritto che spetta a ogni lavoratore, e massimamente a un rappresentante per la sicurezza, di tutelare l’incolumità propria ed altrui, sia perché lo stesso contratto di categoria prevede il diritto del lavoratore che ritenga illegittimo l’ordine impartitogli di fare rimostranza contro di esso e di chiederne la ripetizione esplicita per iscritto. Se la disorganizzazione dell’ente Ferrovie ha fatto sì che per completare tale semplice procedura occorresse più di un’ora, il fatto non è addebitabile a De Angelis. In tal senso si è espressa la Procura della Repubblica di Bologna; nella richiesta di archiviazione del 2.5.06, ha ritenuto insussistente l’addebito mosso a De Angelis di interruzione di pubblico servizio visto «che la sua condotta è stata pienamente conforme alla prassi in uso in relazione alla contestazione del sistema Vacma».
Il tentativo di conciliazione con l’azienda è fallito, perché De Angelis non è disposto a rinunciare alla sua professione di macchinista ed al suo ruolo di Rls. Inevitabilmente il prossimo passo è il ricorso alla vie giudiziarie.
* Ordinario di diritto del lavoro -**Ricercatore nell’Università di Ancona