I tormenti di Prc e Verdi

«Ne va della nostra storia, stiamo rischiando il rapporto con la nostra gente». Stefano Zuccherini, senatore di Rifondazione, non fa parte di quelle che il presidente del consiglio giudica «fokloristiche minoranze» dell’Unione. Viene dalla Fiom, è stato nella segreteria del Prc, già presidente del «parlamentino» del partito, un «bertinottiano» doc. La riunione dei gruppi parlamentari di Rifondazione comunista, convocata per dare il via libera all’unico esponente di Rifondazione che siede in consiglio dei ministri sul decreto Afghanistan preparato dal governo, è giudicata con un eufemismo delle agenzie piuttosto «complessa» e mentre scriviamo è ancora in corso. Saranno decisive, con ogni probabilità, le conclusioni del segretario Franco Giordano, da giorni impegnato in un defatigante lavoro di mediazione che contribuisca a cambiare il volto della politica estera del centrosinistra e garantisca l’unità del partito.
Ma non è difficile immaginare che un organismo da sempre contrario alla guerra come il Prc viva con difficoltà la situazione «complessa» delle ultime ore. Anche il vicecapogruppo in senato Tommaso Sodano non lesina dubbi quando afferma con preoccupazione che un voto favorevole di Ferrero a palazzo Chigi potrebbe pregiudicare sostanzialmente i possibili miglioramenti in sede parlamentare. E deputati come Franco Russo e Paolo Cacciari, del resto, hanno già espresso le loro riserve sulla vicenda afghana. Le minoranze, come sempre, affondano i colpi (sono quattro i senatori di Ernesto e Sinistra critica). Giudicano l’intesa come una conferma in toto della missione berlusconiana, inesistenti le possibilità di un ritiro e perfino le promesse su una futura exit strategy.
Per tutto il pomeriggio di ieri, i parlamentari pacifisti hanno raccolto firme per un documento che giudicava «prioritario» l’impegno dell’Unione al ritiro dall’Afghanistan. Molte le adesioni, trasversali nell’arco che va dalla sinistra Ds al Prc. L’elenco era vasto, tra gli altri c’erano le firme di Venier (Pdci), Bulgarelli e De Petris (Verdi), Caruso, Burgio, Grassi, Siniscalchi, Frias, Menapace, Rashid, Paolo Cacciari, Cannavò, Turigliatto, Malabarba, Deiana, (Prc), Pisa e Buffo (Ds). I primi a «sfilarsi», in serata, sono dell’ex correntone e in molti altri ritirano la propria firma. Si lavora da oggi su una nuova mediazione che giudichi «prioritario» l’inserimento del ritiro «nell’agenda politica dell’Unione». Malessere che spira anche tra i Verdi. «Vedo una gran confusione, spero che la notti porti consiglio», dice Mauro Bulgarelli. I gruppi parlamentari che hanno sempre votato contro le missioni all’estero rischiano di essere una polveriera. «Ho già vissuto il Kosovo – dice la senatrice Loredana De Petris – vorrei evitare quell’esperienza, anche perché rischiamo di compromettere il nostro rapporto con gli elettori». Nei prossimi giorni anche i parlamentari del Sole che ride si riuniranno in assemblea per decidere il da farsi. In una situazione così opaca è difficile, per tutti, accettare soluzioni preordinate o peggio, calate dall’alto.