I carrarmati e la fanteria israeliana sono da ieri «stabilmente» all’interno del confine libanese, ma non è ancora scattato il momento della grande offensiva di terra. Il generale Benny Gantz in serata ha annunciato che i suoi uomini hanno preso il villaggio di Meron A-Ras, quello nel quale negli ultimi giorni gli hezbollah hanno ucciso almeno sei uomini delle forze speciali di Tel Aviv. Nel pomeriggio le tsahal hanno intimato agli abitanti di una decina di paesi del sud di lasciare le loro case. Per la popolazione che tenta in ogni modo di sottrarsi all’offensiva che finora ha fatto almeno 362 morti, quasi tutti civili, è tuttavia molto difficile scappare, perché una gran quantità di strade è stata resa inagibile dai raid dell’aviazione. Le Nazioni unite avvertono che i profughi interni hanno raggiunto quota 100.000 e che ci vorrebbero almeno 100milioni di dollari per i libanesi, se la guerra finisse in questo momento. Bombardamenti che anche ieri, nell’undicesimo giorno di attacco al Libano, non hanno avuto tregua. Colpiti in particolare i ripetitori di numerose radio e stazioni televisive, tra cui al Manar, l’emittente di Hezbollah. In alcune parti del Paese dei cedri la voce del Partito di Dio è stata messa a tacere, ma il suo suo segnale trasmesso dal satellite è ancora percepibile ovunque.
Questa prima, parziale offensiva contro le roccaforti dei guerriglieri sciiti appena dentro la frontiera dovrebbe servire a fermare il lancio di razzi Katiusha, che invece è proseguito anche ieri, con nuovi record: almeno 160 razzi esplosi verso lo Stato ebraico. Il bilancio dei civili israeliani feriti è di oltre una decina, due dei quali in gravi condizioni. Colpite Nahariya, Rosh Pina, Carmiel (dove un ordigno ha centrato una casa provocando il ferimento di due persone) e Kiryat Shmona. Di fatto Hezbollah sta dando una dimostrazione di forza alla vigilia del possibile attacco di terra da parte di migliaia di soldati israeliani.
Nelle ultime ore l’esercito ha negato l’intenzione d’invadere il Libano, ma l’esodo degli occidentali, l’impotenza della popolazione civile, l’ammassamento di truppe al confine e la continua escalation militare sembrano portare tutte verso la soluzione più drammatica. L’esercito israeliano avrebbe iniziato anche a costruire un centro di detenzione per hezbollah che verranno presi in ostaggio durante operazioni militari nel Libano meridionale. Lo ha rivelato con tanto di documentazione fotografica il sito internet del quotidiano di Tel Aviv Yediot Ahronot, citando fonti dell’esercito secondo le quali la costruzione della prigione – capace di accogliere centinaia di reclusi – indica l’esistenza di un progetto per un’invasione di terra su larga scala che potrebbe andare avanti per mesi. A riprova dell’urgenza attribuita alla costruzione della galera vi è il permesso concesso dal rabbinato militare per continuare i lavori durante il riposo dello shabbat, il sabato festivo per gli ebrei. Un convoglio di camion carico di filo spinato, container, docce e bagni mobili ha raggiunto l’altro ieri alla base militare di Filon, presso Rosh Pina – nel nord d’Israele – e i lavori sono già iniziati. Secondo il sito era stata prima scelta una struttura risalente al Mandato britannico, ma poi è stata considerata troppo poco capiente.
Ieri si sono levate due voci critiche nei confronti dell’offensiva di Tel Aviv. Il ministro degli esteri francese, Philippe Douste-Blazy, ha chiesto un immediato cessate il fuoco, mentre la sua omologa britannica, Margaret Beckett ha avvertito Israele del rischio impantanamento «che costerebbe molte vite da entrambe le parti».