Soltanto la prontezza di un alpino dell’VIII reggimento ha impedito che l’attacco suicida di ieri mattina contro un convoglio di militari italiani ad Herat, nell’ovest dell’Afghanistan, si trasformasse in una strage. Il bilancio del primo attentato di questo tipo contro i soldati di Roma – rivendicato dai taleban – è di tre feriti, il maresciallo capo Carmine Di Motta, il caporal maggiore Tommaso De Sio ed il caporale Alessandro Nonis. Ricoverati presso l’ospedale militare spagnolo-bulgaro «Role2», sono tutti in buone condizioni. Secondo quanto raccontato al manifesto dal capitano Massimo Cionfrini, dell’ufficio stampa del contingente italiano, «intorno alle 11 (le 7:30 in Italia) un veicolo ha provato a inserirsi – probabilmente con l’obiettivo di causare il maggior numero possibile di vittime – tra le vetture del nostro convoglio, partito dall’aeroporto di Herat e diretto nel centro della città». Accortosi che un’auto sospetta stava provando a superare il convoglio (composto da un fuoristrada Defender, un autocarro Aps portacontainer, e un Toyota Prado) l’ultimo mezzo italiano avrebbe accelerato e con una manovra sarebbe riuscito a far sbandare il mezzo imbottito d’esplosivo: a quel punto l’attentatore avrebbe fatto scoppiare la bomba. L’esplosione è stata potente, come testimonia l’auto-kamikaze completamente distrutta e i brandelli del corpo dell’attentatore rinvenuti sul posto. «I nostri uomini sono stati feriti dalle schegge di vetro e rottami dell’auto disintegratasi, dall’onda d’urto e dal calore», racconta al telefono Cionfrini, aggiungendo che «la situazione ad Herat sembrava tranquilla e nelle scorse settimane non c’era stato nulla che potesse far pensare a un attacco di questa portata nella città vicina al confine iraniano», dove tre reparti e 350 soldati italiani hanno il compito di coordinare le attività delle truppe della Nato nell’ambito di uno dei cosiddetti «Rpt», regioni protette da contingenti militari con il compito di rafforzare il potere del governo afghano.
Qari Mohammed Yousuf, uno dei portavoce del movimento fondamentalista cacciato dal potere con l’invasione statunitense del paese (nel novembre 2001) ha rivendicato l’attacco e identificato l’attentatore come Mullah Asadullah, un afghano della provincia di Farah, nei pressi di Herat. L’attentato di ieri potrebbe essere stato diretto contro il processo istituzionale o diretto specificamente contro l’Italia, che ad Herat ha il ruolo di Nazione guida del Rpt di Herat e fornisce il Regional area coordinator/commander (Rac), il Generale di brigata Umberto Rossi. Sia come sia, l’episodio di ieri non è stato un fulmine a ciel sereno ma arriva nel momento in cui la Nato (che con la missione Isaf agisce su mandato delle Nazioni unite) ha deciso di aumentare le sue truppe da 9.000 a 15.000 uomini e prevede di espandere la sua presenza dal nord e dal centro del paese al sud, l’area dove la guerriglia è più forte e dove, finora, hanno combattuto solo i militari americani, contro i taleban e ciò che resta di al Qaeda. E proprio ieri il Pentagono ha annunciato di voler ridurre gli effettivi di «Enduring freedom», la missione militare statunitense che continua la guerra iniziata quattro anni fa: il ministro della difesa, Donald Rumsfeld, ha stabilito che dalla prossima primavera tremila dei 19.000 marines dovranno tornare a casa. La Nato, la cui missione Isaf ha ufficialmente lo scopo di mantenimento della pace, si dichiara già pronta ad assumere parte dei compiti degli Usa. Dopo che in un recente vertice i ministri degli esteri dell’Alleanza nord-atlantica hanno esteso il mandato dell’Isaf, attribuendo ai suoi membri anche i compiti di disarmare guerriglieri e addestrare le truppe afghane, ora l’Alleanza sembra pronta a combattere. Secondo Jean-Marie Guehenno, sottosegretario generale delle Nazioni unite per le operazioni di peacekeeping, dopo la partenza le truppe Usa dovranno essere rimpiazzate da quelle della Nato. «Penso che l’Isaf abbia assunto nuove responsabilità in Afghanistan e sarà importante mantenere lo stesso livello di sostegno alla sicurezza del paese», ha dichiarato ieri Guehenno.