I sindacati iracheni contro la privatizzazione del petrolio

Cinque federazioni sindacali irachene hanno condannato le trattative per la legge federale sul petrolio in quanto troppo ben disposte verso le multinazionali.

I leader delle cinque federazioni riuniti ad Amman hanno diffuso un comunicato giovedì esortando a una pausa nelle trattative per una legge che regolamenterà i 115 miliardi di barili di riserve petrolifere dell’Iraq, le terze al mondo.

Trattative in una qualche forma sono in corso dall’invasione dell’Iraq, ufficialmente e in modo serio dall’inizio di quest’anno. Articoli pubblicati sulla stampa e commenti di coloro che conoscono bene le trattative dicono che una qualche forma di privatizzazione è una componente importante di una bozza di legge.
Ciò è stato confermato la settimana scorsa dall’ambasciatore iracheno presso le Nazioni Unite, Hamid al Bayati, che ha detto alla United Press International che “l’intenzione è di permettere alle compagnie straniere di investire in tutti i settori, compreso il petrolio”.

“La consegna del controllo sul petrolio alle compagnie straniere, il cui obiettivo è quello di fare grossi profitti a spese del popolo iracheno, e di derubare la ricchezza nazionale, sulla base di contratti ingiusti, a lungo termine, che indeboliscono la sovranità dello Stato e la dignità del popolo iracheno ” è una “linea rossa” che non deve essere oltrepassata, hanno detto i sindacati in un comunicato congiunto.

Essi inoltre hanno sparato a zero contro il contesto delle trattative, che si svolgono in segreto e non saranno rese pubbliche fino al voto del Parlamento, secondo un comunicato del gruppo per le questioni sociali e ambientali Platform.

“Questa legge ha una moltitudine di problemi”, ha detto Hasan Jum’a, presidente della Federazione dei sindacati del petrolio. “E’ stata preparata senza consultare gli esperti iracheni, la società civile irachena, o i sindacati. Respingiamo questa bozza, e chiediamo più tempo per discutere la legge”.

La legge irachena sul petrolio è vista come un ostacolo da superare e un passo importante per il Paese.

I kurdi e alcune fazioni sciite sono a favore di un maggiore controllo da parte delle regioni di quanto non vogliano i sunniti e altri sciiti, un fattore di stallo importante nelle trattative.

Ma i proventi del petrolio rappresentano quasi tutto il bilancio dell’Iraq, soldi che potrebbero andare per migliorare il settore petrolifero nello specifico, e la sicurezza del Paese nel suo complesso, unitamente ad altre opere di ricostruzione .

E’ necessaria una nuova legge per decidere in che modo qualunque di queste cose avverrà.

(Traduzione di Ornella Sangiovanni)