Bisogna essere generosi con un governo e una maggioranza che ogni giorno rischiano di cadere faccia avanti per l’influenza di un senatore. I numeri consegnati dalle urne sono quelli che sono. Bisogna anche essere moderati e pazienti, non si può pretendere tutto e subito sapendo che l’Unione è un compromesso tra forze assai distanti tra loro. Pur facendo prevalere il senso di responsabilità, qualcosa nell’agire politico del governo e delle forze che lo compongono non convince.
Prendiamo per esempio la questione economica e il nodo del lavoro. Tra due giorni sarà aperto il tavolo di confronto tra governo, sindacati e associazioni imprenditoriali, un tentativo di riportare in vita il metodo concertativo. Siccome siamo responsabili, eviteremo di usare questo termine – concertazione – in quanto evoca i fantasmi del passato che hanno turbato per anni il sonno (il salario, i poteri) dei lavoratori. Restiamo al merito, cioè ai contenuti. La puntata di domenica di W l’Italia ci ha mostrato il lavoro operaio, impiegatizio e direttivo alla Fiat, ricordandoci che la condizione salariale è diventata insopportabile, e non solo alla catena di montaggio. Il giornalista Diacona ci ha anche fatto sapere che i top-manager delle aziende pubbliche, grazie all’ultima Finanziaria, guadagnano anche più di 750 mila euro e hanno conquistato la scala mobile – quell’istituto democratico che tutelava i salari dall’inflazione cancellato da Bettino Craxi, con un larghissimo consenso politico e sindacale. Dunque, la scala mobile tolta dalle buste paga di 1.100 euro al mese è stata regalata a chi ha una busta paga intollerabile.
Contemporaneamente, il ministro Padoa Schioppa ci ha fatto sapere che, come per miracolo, i conti stanno tornando in ordine, i soldi ci sono e si potranno distribuire. Ai lavoratori dipendenti con uno stipendio tra i 1200 e i 1400 euro, quelli che grazie alla Finanziaria e ai tagli agli Enti locali (cioè al welfare) hanno subito non un aumento, ma una riduzione salariale? Macché: alle imprese che già hanno beneficiato del taglio del cuneo fiscale, e delle rottamazioni. Chi, come il presidente del Senato Marini, contesta una redistribuzione della ricchezza al contrario, chiede che un po’ di soldi finiscano alle famiglie. Lavoro dipendente, ti saluto.
Il clima non è buono. Sotto attacco sono i salari, gli orari, le pensioni. A proposito delle pensioni, dopo averci riempito la testa con il dramma conseguente all’allungamento della vita degli italiani, ora sono pronti a spiegarci che visto che si vive di più, per lo meno si viva un po’ peggio. E dagli con i coefficienti e con lo spostamento sempre più in là del diritto alla pensione.
Ieri i padroni, per bocca del vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei, hanno fatto sapere quel che si aspettano dal tavolo con il governo e i sindacati. Sapevamo già che vogliono mano libera sulla forza lavoro, la gestione unilaterale del tempo, lo smantellamento del contratto nazionale, le sforbiciate alle pensioni. Adesso sappiamo che tutto ciò non basta: vogliono la «flessibilità in uscita», quella che le persone normali chiamano licenziamenti. Si riparte da dove eravamo rimasti, l’articolo 18.
Generosità, moderazione e pazienza hanno un limite, questo limite sta nella consepevolezza del fatto che i padroni non sono né generosi, né pazienti, né moderati. Qualcuno ancora più responsabile di noi glielo spieghi, al «governo amico».