«I nostri fischi, i vostri errori»

Chi pensa che le contestazioni operaie a Mirafiori verso i segretari di Cgil, Cisl e Uil fossero orchestrate dall’esterno, ha un’idea decisamente sbagliata delle tute blu torinesi. Forse le confonde con i minatori rumeni ai tempi di Ceausescu. Mirafiori è una fabbrica da sempre difficile, per i sindacati e per i padroni, qui gli operai sono stati sempre ipercritici, poco propensi alla diplomazia, mai massa di manovra. Chiedersi se a scatenare le proteste sia stata la presenza di Epifani, Bonanni e Angeletti e delle telecamere, e non invece quanto abbia inciso l’assenza da 26 anni dei segretari (volontaria) e dei giornalisti (involontaria, imposta dalla Fiat) dalla più grande fabbrica italiana, vuol dire ragionare con i piedi. L’altro elemento che sta dietro la meraviglia – per alcuni a sinistra lo scandalo, per altri a destra la speculazione politica – per la vivacità delle critiche operaie, è che ben pochi, tra i politici e i giornalisti, sono in grado di comprendere e raccontare la condizione operaia che determina la rabbia. A monte c’è un grande rimosso: gli operai stessi, cancellati dalla politica e dall’informazione. Buoni, come dicono a Mirafiori, solo per «produrre ricchezza per tutti e pagare le tasse», avendone in cambio un miseria in danaro, danni alla salute e una prospettiva di insicurezza.
Enzo Tripodi è operaio di 4° livello agli Enti centrali, da 18 anni a Mirafiori e da 10 delegato Fiom. Fa le verifiche sui materiali e i componenti delle vetture, in busta paga «prendo 1.150 euro tutto compreso, e quest’anno solo la tassa rifiuti è passata da 92 a 218 euro». Giovedì mattina è intervenuto all’assemblea con Epifani e ha presieduto quella del 2° turno con Bonanni: «E’ stata una bella prova di democrazia, un’assemblea vera, chi non l’ha capito confonde la realtà con i falsi reality: le assemblee operaie non sono fiction. Sono emersi i problemi veri: non sono contro i sindacati, vogliono un sindacato che li coinvolga, li ascolti e li rappresenti. Il contrario dei sindacati che decidono al posto nostro il futuro del Tfr, che però è nostro. Le hai viste quelle donne che mostravano a Epifani i polsi gonfi dalla fatica? Non sono disposte a lavorare un’ora di più la settimana, né un anno in più prima di poter andare in pensione. Con o senza giornalisti avrebbero detto le stesse cose. Siamo noi quelli che pagano e ne abbiamo le tasche piene di essere spremuti e buttati come limoni. Al governo chiediamo atti concreti, non chiacchiere. Dai politici di sinistra sono delusi, sono anni che non si parla di lavoro e non si ascoltano i lavoratori. Ci sentiamo gli artefici dell’euro ma al tempo stesso ne siamo le vittime. Spero che Epifani abbia capito la lezione di Mirafiori e che la sinistra non continui a farci, e a farsi, del male».
Anche Nina Leone è in Fiat dall’88, prima Chivasso e poi Mirafiori carrozzeria. Se dal montaggio è stata spostata a lato linea deve ringraziare una dolorosa epicondilite, regalo della catena. Guadagna meno di 1.100 euro al mese, è delegata Fiom da 12 anni. Difende l’assemblea «tesa e partecipata, li aspettavamo da tempo i tre confederali che hanno dovuto prendere atto che c’è incazzatura per questa finanziaria che cambia ogni giorno e per questo sindacato che si è dimenticato delle fabbriche. Sono le grandi cose come il Tfr a farci incazzare perché non si sentono neppure in dovere di consultarci, e per le piccole: si dovevano tassare i Suv e invece si tassano le macchine vecchie, cioè le nostre. Fabbrichiamo le vetture nuove ma non abbiamo i soldi per comperarle. Noi andiamo bene per pagare le tasse, però poi a far notizia sono i notai o i tassisti o i commercialisti che protestano. Se non altro le contestazioni a Mirafiori sono servite a darci un po’ di visibilità. Mi auguro che i nostri abbiano capito, la controprova l’avremo a gennaio quando si tratterà su pensioni, flessibilità e orari. Devono tornare qui i segretari, a rendere conto e ascoltarci. Per finire, non abbiamo certo nostalgia di Berlusca, ma da questo governo ci aspettiamo ben altro».
Marcello è alla lastratura dal ’97, un anno dopo era delegato prima Uilm poi Fiom. 1.050 euro al mese, saldatore sulla linea della Multipla, 3° livello. In assemblea con Epifani aveva ammonito: «Il mio tempo non è merce di scambio», non pensate di regalarlo al padrone. «Sono le Rsu di fabbrica a dover contrattare flessibilità e orari». Rivendica le contestazioni ed è contento che gli operai abbiano fischiato il delegato dell’Ugl nostalgico di Berlusconi: «Si è capito il ruolo della Fiom che si batte per la democrazia e l’autonomia, e dice che questa non è la nostra finanziaria. Perciò siamo stati applauditi. La Fiom ha fermato la prima aggressione di Federmeccanica che all’ultimo contratto pretendeva la flessibilità istantanea, ora ci riprovano. Se non trattiamo noi i turni, non ci sarà più alcun controllo sui carichi di lavoro, aumenterebbero le tendiniti. E sparirebbe il sindacato di fabbrica. Invece, Cgil, Cisl e Uil hanno una posizione troppo morbida, sulla nostra pelle, sul nostro tempo. Per non parlare della sinistra: hanno rimosso gli operai, nessuno ci tutela in Parlamento. Abbiamo mandato un segnale forte, speriamo che torni utile quando si parlerà di pensioni».
Caterina conosce bene Mirafiori, dal ’79. Delegata Fiom, è al montaggio e come Nina è stata spostata a lato linea per motivi di salute: «Mi aspettavo un diverso andamento dell’assemblea, dopo 26 anni di assenza dei segretari confederali. Avrei voluto fare domande, ma il malumore covava da tempo, gli operai temono che con le pensioni e gli orari finisca come con il Tfr, sono stanchi di decisioni prese al loro posto. Si teme un peggioramento delle condizioni di lavoro, già intollerabili. L’età media è molto alta, hai visto quanti capelli bianchi in assemblea? Perciò non accetteremo soluzioni non condivise sulle pensioni nostre e sulla precarietà che colpisce i nostri figli. Non siamo la stampella del governo, ma nessuno confonda i nostri fischi con quelli della destra a Prodi».
Tanti capelli bianchi, e tanti invalidi, inidonei, dice Fabio Di Gioia, 6° livello impiegatizio e delegato Fiom: «Per farci ascoltare siamo costretti a far volare gli stracci. Sono ottimista e voglio credere che la lezione sia servita. A Cgil, Cisl e Uil, e alle sinistre. Sono caduto dalla sedia leggendo che Chiamparano chiede che si parli di lavoro e si ascolti chi lavora. Però, incasso».