I movimenti, l’Unione e l’esempio dimenticato della Tobin tax

Quelli che sanno dire solo “no” perché contestano l’alta velocità e le olimpiadi sono ancora sulla graticola mediatica bipartisan. Eppure, prima dell’avvio di una campagna elettorale velenosa centrata sulle apparizioni e i duelli in tv, l’Unione e Prodi ritenevano la spinta dal basso messa in campo dai movimenti in questi anni uno stimolo e un’occasione. Il candidato premier parlava di “scelte radicali”, di necessità di cambiamento per far ripartire il paese. Adesso si parla solo della candidatura di Francesco Caruso come indipendente nelle liste del Prc o delle contestazioni alla fiaccola.
Vale la pena ricordare, allora, una proposta dei movimenti studiata e fatta propria dai politici. Si chiama Tassazione delle transizioni finanziarie (Ttf), più nota come Tobin Tax. Non è la tassazione delle rendite finanziarie, ma quella di tutte (proprio tutte) le compravendite finanziarie con una piccola aliquota, lo 0,01% nella proposta originaria dello scomparso premio Nobel James Tobin, che non scoraggi investimenti e acquisti in beni e servizi, ma colpisca i miliardi di euro al giorno di speculazione su valute, derivati e titoli che dominano da un ventennio l’economia mondiale. Scopo della Tobin Tax è scoraggiare la pura speculazione, monitorare i mercati finanziari, i paradisi fiscali e la criminalità finanziaria, rafforzare il ruolo di controllo e gestione delle Banche centrali e raccogliere risorse da destinare alla redistribuzione e al sostegno ai paesi del Sud del mondo. Si parla di globalizzazione da regolare, ecco una proposta al centro del dibattito internazionale e dell’accademia, adottata come legge da Francia e Belgio, in discussione in Finlandia, Austria e Spagna (e fuori dall’Europa in Canada, Uruguay, Brasile).

Peccato che della Ttf nel programma dell’Unione non ci sia traccia. Strano. Eppure la Tobin è stata adottata da un cartello che comprende tutte le reti di movimento, tante realtà dell’associazionismo cattolico, del Terzo Settore e del mondo no-profit, del commercio equo e solidale e della finanza etica, diverse rappresentanze sindacali di base e confederali. Insomma, come dire che la cittadinanza attiva, la società civile, quella con cui il Prof. aveva inteso dialogare molto nella sua campagna per le primarie dell’Unione è tutta lì, schierata. Non solo ma c’è anche una proposta di legge di iniziativa popolare promossa da Attac nel 2002 con 178mila firme raccolte in nome del famoso “granello di sabbia” negli ingranaggi della finanziarizzazione dell’economia, passata da otto audizioni in commissione congiunta Finanze ed Esteri della Camera, con l’audizione di oltre 25 esperti italiani ed esteri (l’ultimo è stato Jean Pierre Landau, Ispettore generale delle Finanze francesi e Consigliere economico del Presidente Chirac). Sulla Ttf, i parlamentari dell’Unione in Commissione hanno fatto convergere le quattro proposte di legge esistenti (a firma Crucianelli, Violante, Benvenuto, Calzolaio, Realacci, Grandi, Chiaromonte, Nesi, Cossutta, Diliberto, Pistone, Rizzo, Bianchi, Castagnetti) su quella di Attac redatta dall’economista Emiliano Brancaccio. Non solo, le Commissioni parlamentari l’hanno adottata come testo base, nonostante il voto contrario della maggioranza su intervento diretto del ministro Tremonti.

Ora Il Comitato Italiano per la Tobin tax europea chiede all’Unione nazionale di adottare il testo nel proprio programma, di portarlo in votazione nei primi 100 giorni di un eventuale governo e di farsi promotore nella Ue di una benedetta area Tobin legata all’euro. Inutile dire che Rifondazione che ha sostenuto la proposta dei movimenti dall’inizio è d’accordo e che Alfiero Grandi (Ds), gran tessitore dell’unità nel centrosinistra sulla proposta, con Alfonso Gianni (Prc) hanno sottolineato la rilevanza delle dimenticanza al tavolo dell’Unione. Questo è il contributo dei movimento: proposte dal basso, partecipate, quattro anni di lavoro politico e analitico e poi l’unione. Non solo conflitto, quindi. Ma interessa all’Unione e a Prodi?

Tanto più che si tratterebbe di un atto di coerenza e non di una rivoluzione, perché la Ttf nella sola Italia farebbe fatica a funzionare e c’è bisogno di tutta l’area dell’euro per cominciare a poterla applicare davvero. Volete parlare di sviluppo, ripresa e crescita? Questa è una buona occasione, per di più sempre alla moda viste le proposte in sintonia di Chirac per finanziare la lotta alla povertà o quelle di Blair di tassare il gasolio degli aerei per dare risorse agli obiettivi traditi del Millennium Round dell’Onu. La politica italiana ha qualcosa da dire e dare a questo dibattito internazionale che anima il Forum sociale mondiale come quello dei big dell’economia di Davos?