I mille volti del social forum

Con una marcia contro gli Epa, un’altra degli antiabortisti e l’occupazione dell’imbarazzante punto ristoro del forum, di proprietà della famiglia del ministro della Sicurezza John Michuki, si avvia alla conclusione il settimo forum sociale mondiale. Tra luci e ombre. Da un lato, si è trattato di un’occasione importante per i movimenti africani che dopo il forum policentrico dello scorso anno a Bamako, in Mali, hanno avuto l’occasione di rafforzare le loro campagne. In particolare quelle per l’acqua pubblica e contro gli Epa, gli accordi di partenariato economico con l’Europa, che in un’altra sede avrebbero certamente avuto meno visibilità di quanta ne abbiano avuta qui. A loro sono stati infatti dedicati numerosi stand, almeno una decina di seminari e un corteo che ieri ha attraversato le vie del centro per dire no a quello che viene definito «un cappio al collo dell’Africa».
Viceversa, l’appuntamento di Nairobi ha evidenziato l’incompatibilità della presenza di soggetti e organizzazioni molto diverse tra loro. Il che è ovviamente una caratteristica dei forum sociali, della loro cifra da «università popolare» in cui chiunque può organizzare il suo seminario, e più in generale del movimento dei movimenti che abbiamo conosciuto da Seattle in poi. Ma questa volta la distanza è parsa abissale, probabilmente anche per la la preponderante presenza delle chiese, cattoliche o evangeliche. Solo per fare un esempio, ieri all’interno del forum un gruppetto di persone ha marciato innalzando cartelloni di feti abortiti. E sull’ultimo numero del Korogocho Mirror, il giornale stampato da una ong che opera nella baraccopoli di Nairobi, si può leggere un editoriale in cui ci si rammarica per l’aumento di aborti nello slum. Antiabortisti ma anche radicali su questioni come il debito, l’acqua pubblica e il diritto alla casa, i cattolici. Suore, preti e frati hanno assunto infatti le posizioni più radicali e meno di mediazione con i governi. E se l’influenza delle chiese nei luoghi più poveri e marginalizzati dall’Africa ha lasciato perplessi molti degli attivisti arrivati a questo social forum, va anche detto che i ragazzi di Korogocho «organizzati» dai cattolici hanno dato una lezione a tutti.
Tra gli aspetti più positivi, invece, il ruolo delle donne, che hanno dominato il forum, organizzando decine di iniziative ma anche cercando di mettere in piedi reti transnazionali. I seminari sui diritti delle donne, nei quali l’autodeterminazione è sempre stata un elemento centrale, sono stati in assoluto quelli con la maggiore partecipazione intercontinentale.
Quello che non è andato giù a molti è invece il costo eccessivo dei cibi, dei trasporti e di registrazione, nonché la commercializzazione del forum. Lo si era visto già nei giorni scorsi, ma ieri la contestazione ha raggiunto il suo picco quando i ragazzi degli slum hanno preso di mira il punto di ristoro Windsor, così chiamato perché in epoca coloniale era una catena di ristoranti britannici e ora è di proprietà della famiglia del contestato ministro della Sicurezza. Gli attivisti all’ora di pranzo hanno prima inviato un gruppo di bambini a sedersi alla spicciolata ai tavoli. Poi hanno inscenato un corteo di protesta urlando «free food», «cibo gratis». La polizia, colta di sorpresa, non ha potuto fare niente, mentre l’altro ieri era riuscita a scongiurare un altro tentativo di occupazione. Alla fine, dopo una lunga trattativa, i giovani hanno ottenuto la distribuzione gratuita dei pasti.
Ma quella di ieri è stata soprattutto la giornata in cui si è tentato di dare un senso a questo settimo forum sociale. Per la prima volta si sono svolte assemblee sui temi principali (dall’acqua agli Epa, dall’educazione alla guerra, dalla sovranità alimentare al debito, fino alle migrazioni) finalizzate non solo alla discussione ma a proporre iniziative concrete per il prossimo anno. Nel pomeriggio i risultati sono stati presentati all’assemblea generale, che però si è trasformata in un gran calderone in cui chiunque voleva lanciava le iniziative che aveva in mente: la mobilitazione per la cancellazione del debito a ottobre, una manifestazione contro gli sfratti in Zimbabwe, l’annuncio del prossimo controvertice a Rostock, in Germania, contro il G8, dal 2 all’8 giugno. Non è mancato nemmeno un messaggio di solidarietà con i cittadini di Vicenza che manifesteranno a febbraio contro l’allargamento della base statunitense a Vicenza. La curiosità è che a lanciarlo sia stato un ragazzo spagnolo e nessuno degli italiani. Su tutte, grande eco ha avuto la campagna contro la privatizzazione dell’acqua.
Proprio questo argomento ieri pomeriggio ha creato qualche momento di tensione tra gli italiani. Una lite arrivata dopo molti giorni di malumori dovuti alla presenza considerata troppo «ingombrante» della Tavola della pace e che si è riversata poi su alcuni aspetti dell’organizzazione: ad esempio il fatto che la delegazione ha avuto come punto di riferimento l’hotel Hilton, che si trova al centro della città (anche se chi ci vive giura che il lusso non è di casa). Ieri, durante la presentazione della prossima marcia Perugia-Assisi, che si svolgerà il prossimo 7 ottobre, Alex Zanotelli ha chiesto a Flavio Lotti «coerenza», chiedendo di escludere i gonfaloni dei comuni impegnati in progetti di privatizzazione dell’acqua. Il coordinatore della Tavola ha replicato che non sta a lui giudicare «chi marcia vicino a me». Ne è scaturita una contestazione, animata da attivisti di Ya Basta e della Rete del nuovo municipio, contro la mancanza di dialogo e di trasparenza sulle decisioni e anche sulle parole d’ordine lanciate dalla Tavola, «contro la povertà e per il sostegno all’allargamento della presenza civile nelle missioni militari». C’è infatti chi avrebbe gradito una posizione molto più netta contro la guerra. Non è stato così nemmeno sulla Somalia. L’unica parola d’ordine in comune è «stop bombing», cioè fermare i bombardamenti, senza alcuna critica al ruolo dell’Etiopia e degli Usa.