I miglioristi hanno un’idea. Cislina

Il titolo giusto per il documento dei 49 “riformisti” della Cgil? “W Pezzotta”. La battuta circola in Cgil e calza a pennello. Il documento, infatti, liquida come tutte sbagliate le cose fatte dalla Cgil da un paio d’anni in qua, imputa per intero a essa la colpa della rottura sindacale, apprezza a tal punto la linea Pezzotta che, per farla breve, tanto varrebbe iscriversi in massa alla Cisl. Il versante squisitamente sindacale del documento dei 49 – tutti iscritti ai Ds – si intreccia con quello politico. I firmatari accusano la Cgil d’aver perso “autonomia”, d’aver fatto troppa politica e troppa ideologia al carro di Cofferati. Ora, tolto(si) di mezzo l’incomodo, la Cgil deve tornare “autonoma”, “risindacalizzarsi”, non disturbare il centro sinistra, in particolarte i Ds, e l’eventuale partito unico riformista. Quel che il documento definisce “autonomia” è un ritorno al collateralismo. Così il centrosinistra e, di nuovo, i Ds in particolare non si troveranno più nell’imbarazzante situazione di stare con Cisl e Uil e contro la Cgil.I firmatari, ovviamente, negano recisamente che il documento c’entri qualcosa con il partito unico. In effetti, l’iniziativa era stata pensata mesi fa, quando Cofferati aveva lasciato la segreteria della Cgil. E’ tornata in auge prima delle ferie quando, “sbolognato” e smitizzato Cofferati, si sono create le condizioni per un’operazione che ha come target quel pezzo di Cgil che non aveva condiviso la svolta del cinese e si era giocoforza adeguato. I risultati, per il momento, sono più che modesti. Il documento l’hanno sottoscritto i “soliti noti” della destra Cgil e il debutto in grande stile – un convegno a Roma lunedì prossimo – è scaduto a incontro tra pochi intimi. L’operazione sembra essersi sgonfiata e però non si mettono nero su bianco giudizi così categorici per poi lasciar perdere. “Non vogliamo polemizzare con nessuno, ci limitiamo a fare delle valutuzioni non autocelebrative sulla fase”, dichiara uno dei firmatari, Antonio Panzeri, da poco alla giuda dell’Ufficio europeo della Cgil. Capperi! Il documento fa molto più che polemizzare, demolisce la linea della Cgil votata da tutti all’ultimo congresso. “Interpretare il documento come una sconfessione di tutto quel che ha fatto la Cgil è il modo più semplice per troncare sul nascere la discussione”, sostiene il Panzer, “se l’atteggiamento è questo non si cava un ragno dal buco”. Rossanda ha preso una “cantonata”, aggiunge, questo documento non è stato pensato per fare da sponda al partito unico. Neppure per fare da sponda alla maggioranza dei Ds? La sua stesura – si vocifera – è stata preceduta da incontri con Fassino. “Come tutti i Ds ho occasione d’incontrare il mio segretario”, risponde l’ex numero uno della Camera del lavoro di Milano, “ma in questi incontri non cuciniamo insieme”. Bizzarro un documento sindacale che ignora i padroni e quasi sorvola sul governo Berlusconi. “Lo dico tutti i giorni che i padroni sono cattivi e che questo governo prima va casa meglio è. Ripeterlo in un documento non risolve i problemi della Cgil”.Anche Franco Fedele, segretario della Filt lombarda, assicura che il documento che ha firmato “non è contro qualcuno”. Quelle venti pagine, per lui, sono un modo per “muovere le acque ferme ma, sia chiaro, senza ribaltoni”. Fassino e D’Alema non c’entrano proprio nulla e “auspico che continui a essere così”. Perché allora tutti, Corriere della sera compreso, ci vedono lo zampino della maggioranza diessina? “Perché si guarda alle firme e ancor prima di leggere il documento scatta il pregiudizio”.L’ipotesi che va per la maggiore è che il vertice dei Ds abbia lasciato succedere la cosa per poi regolarsi di conseguenza. Se si rivelerà un flop, sarà un flop di Panzeri e soci. Se produrrà qualcosa, tanto di guadagnato (per i Ds). Sul ruolo ispiratore di D’Alema valga la dichiarazione – anonima – di un segretario nazionale della Cgil: “E cosa se ne fa D’Alema del 6% della Cgil e di 11 membri su 160 nel direttivo? A lui piace comandare”. La nostra fonte esclude tassativamente che qualche segretario nazionale possa firmare un documento che “consegna le chiavi di casa alla Cisl”. Prima, dice, “dovrebbe suicidarsi”. Il documento è tutto sbagliato, aggiunge. A prescindere da questo piccolo particolare, “perché le operazioni riescano occorre avere mira giusta, abilità e truppe consistenti. Loro non le hanno”.In Veneto, dice il segretario regionale della Cgil Diego Gallo, non si segnalano reazioni di sorta al documento dei 49. “Difficile che si trovi qualcuno d’accordo con l’ardita tesi che la Cgil ha sbagliato tutto e disposto a legarsi le mani per non rompere l’unità con Cisl e Uil”. Quale autonomia dovrebbe mai recuperare la Cgil? Semmai è la politica che deve farlo. “Noi contrastiamo il progetto sociale del governo Berlusconi, se una parte dell’opposizione non è d’accordo con la Cgil fatti suoi”. Telegrafico il commento del segretario della Cgil di Brescia, Dino Greco: “Da che pulpito! Si abusa della parola autonomia per tentare la più politicista delle operazioni, far tornare nei ranghi la Cgil”. Nonostante lo scarso o nullo consenso, il tentativo continuerà a marciare, “magari in forma catacombale”.

Parole e analisi dal sen (dei Ds) fuggite. Il fior da fiore

Scritto il buon italiano (merito di Riccardo Terzi che ha steso le 20 pagine), il documento dei “riformisti” della Cgil intitolato “Europa, Unità, Autonomia, Lavori” procede per affermazioni drastiche. “Il sindacato non fa opposizione ideologica, non è schierato pregiudizialmente in un campo politico, ma interviene, con la sua autonomia, nella dinamica dei processi sociali”. La Cgil, dopo la svolta imposta da Cofferati, ha dimenticato che quella del sindacato è “sempre una via pratica”, ha fatto troppa politica e ha subìto “una battuta d’arresto”, perdendo autonomia e rappresentanza. “Senza autonomia non c’è sindacato, ma c’è solo un surrogato della politica”. La piena riconquista dell’autonomia è oggi il “passaggio decisivo” e il “primo compito” di una Cgil che deve “risindacalizzarsi”.Senza aspettare il prossimo congresso, è necessario fare un bilancio “non autocelebrativo” dell’ultima stagione sindacale, caratterizzata da grandi mobilitazioni di massa e, insieme, da una accresciuta difficoltà nelle relazioni con Cisl e Uil. Di fronte alle difficoltà unitarie, “gran parte del gruppo dirigente della Cgil e del suo quadro attivo ha imboccato la strada dell’autosufficienza”. Con atti unilaterali, manifestazioni e scioperi “non tutti dettati da efettiva necessità”, la Cgil si è isolata e ha strappato il tessuto unitario. I “riformisti” rimproverano alla Cgil d’aver lasciato la briglia sciolta alla Fiom (che non ha siglato il contratto e ha raccolto le firme per il referendum sull’articolo 18). Se si eccettua il tema cruciale delle regole della democrazia, “nessuna vera discriminante di principio” separa la Cgil dalle altre confederazioni. E’ possibile, anzi è “maturo”, un forte rilancio dell’iniziativa unitaria. Per dimostrare che non è essa l’ostacolo all’unità (“allo stato attuale ciò non risulta evidente”), la Cgil deve impegnarsi a non compiere d’ora in poi alcun atto unilaterale. Steso a giugno, il documento è stato sottoscritto finora da quarantanove esponenti della Cgil. Oltre a Terzi, i nomi di spicco sono quelli soliti della “destra”: Antonio Panzeri (neo resposansabile dell’Ufficio europeo della confederazione), Agostino Megale (direttore dell’Ires Cgil), Aldo Amoretti (presidente dell’Inca). L’appuntamento di lunedì prossimo a Roma, che in origine doveva aprire il confronto con il resto della Cgil, sarà una semplice incontro tra i firmatari per “limare” la bozza. Segno che le cose non stanno marciando come i “riformisti” speravano.