Mentre i metalmeccanici proseguono gli scioperi per ottenere il rinnovo del contratto scaduto da un anno, i sindacati si spaccano tra chi – Fiom e Uilm – intende portare avanti la piattaforma approvata nelle fabbriche con il 90% dei voti e chi – la Fim – vuole allargare il confronto sugli aumenti retributivi alla flessibilità, come chiede Federmeccanica. Risultato: trattativa sospesa. L’obiettivo dell’accordo entro Natale, auspicato unitariamente dopo lo sciopero nazionale del 2 dicembre, finisce nella spazzatura. Con grande soddisfazione degli industriali, che si tengono i soldi in tasca e che probabilmente tenteranno di utilizzare questa vicenda su un altro tavolo: quello della revisione del modello contrattuale. In altre parole, un bel pasticcio. Che probabilmente potrà essere risolto solo con l’intervento delle segreterie confederali, anche se il segretario della Cisl, Savino Pezzotta per ora non ne vede la necessità: «La Fim non ce lo ha chiesto – precisa – e la titolarità della contrattazione è della categoria». Sta di fatto che oggi la Fim chiederà la rottura della trattativa: «Abbandoniamo il tavolo – ha spiegato Giorgio Caprioli al termine delle segreterie unitarie – perché le proposte di Federmeccanica sono assolutamente insufficienti a prospettare, anche lontanamente, una conclusione positiva della vertenza. E anche perché manca l’unica possibilità per fronteggiare questo gap: e cioè quella di una proposta unitaria tra Fim Fiom e Uilm, che ad oggi non c’è perché non siamo riusciti a metterla in piedi. Bisogna prendere atto – è la tesi di Caprioli – che il negoziato è fallito». Per la verità, una proposta unitaria c’è ed è appunto la piattaforma approvata a larghissima maggioranza dalle tute blu: 105 euro di aumento più 25 per i dipendenti delle aziende che non fanno contrattazione integrativa. «Se esiste una piattaforma diversa da parte di Caprioli – osserva il leader della Fiom Gianni Rinaldini – sarebbe meglio farlo sapere ai lavoratori interessati. Per quanto mi riguarda, non preannuncio rotture del confronto negoziale ma, eventualmente, una fase di sospensione del negoziato». Non è la prima volta che il rinnovo dei metalmeccanici registra una spaccatura sindacale, come testimonia la firma di ben due accordi separati. Questa volta però il copione è diverso. Innanzitutto, la Uilm sembra abbia scelto di stare dalla parte della Fiom: «Le distanze sono notevoli, ma il negoziato deve continuare», ha detto il segretario generale della Uilm, Tonino Regazzi. Inoltre, c’è un percorso democratico, stabilito prima della piattaforma, che prevede che, qualora sorgano divisioni tra le organizzazioni, la parola debba tornare ai lavoratori. A dividere i sindacati è il tema della flessibilità. In cambio degli aumenti salariali, Federmeccanica vorrebbe mano libera sugli orari, annullando l’obbligo per le aziende di fare accordi con le Rsu. Un vincolo difeso dalla Fiom, mentre la Fim si è detta disposta a discutere di orario plurisettimanale. Una cosa è certa: i lavoratori non hanno nessuna intenzione di mollare la vertenza, come testimoniano gli scioperi di ieri. Particolarmente significativo quanto è accaduto in casa del presidente di Confindustria Luca di Montezemolo, vale a dire alla Ferrari. Le 4 ore di stop originariamente previste sono diventate 8 dopo che un auto aziendale ha investito un operaio nel tentativo di forzare il presidio davanti allo stabilimento di Maranello, al quale hanno partecipato centinaia di lavoratori e lavoratrici delle aziende di tutta la provincia. Totale adesione hanno registrato gli scioperi in quattro aziende del varesino: Agusta Costa, Agusta Vergiate, Duplomatic.