I lavoratori parlano senza microfono

«Muti, ciechi e sordi, come le aziende ci vorrebbero». Ad accogliere il pubblico della seconda conferenza nazionale Salute e sicurezza sul lavoro, che si chiude oggi alla Città della Scienza di Napoli, ci sono Roberto e Mauro, due responsabili dei lavoratori per la sicurezza di Pisa, la loro azienda è l’Enel e rappresentano quella parte di mondo del lavoro che non si siederà tra gli oratori: «Il cartello che abbiamo al collo parla chiaro. Abbiamo chiesto di intervenire ma non ci hanno dato spazio. Non importa, continueremo a chiedere maggior appoggio alle istituzioni e al sindacato, un coordinamento nazionale e norme severe che regolino il lavoro in solitudine». Si tratta del lavoro svolto da un solo addetto, mansioni che prima venivano divise tra più persone e ora, causa subappalti ed esternalizzazioni, affidate a un solo lavoratore, esponendolo a gravi rischi.
All’interno la sala è gremita, sindacalisti, giornalisti, addetti ai lavori e una fitta selva di bare disegnate su grandi cartelli. E’ la forma di protesta scelta dagli Rls delle Ferrovie dello stato, anche loro non potranno intervenire alla conferenza: «Non ci fanno parlare ma siamo qui lo stesso – afferma Dante De Angelis – per presentare dieci proposte per non morire. Mettere mano alla materia è necessario ma partendo dai lavoratori, ascoltando le loro proposte». Prova a smorzare la polemica l’assessore regionale al lavoro del Prc Corrado Gabriele: «Gli Rls sono qui con i cartelli, nessuno li ha fermati. Durante la conferenza del 2000 a Genova intervennero ma non mi sembra che poi sia successo qualcosa. Credo che ci sia un grave difetto di comunicazione, anche all’interno del Prc. In Campania avvieremo un’inchiesta su lavoro e salute, cercando di coordinare gli enti interessati. Vogliamo coinvolgere le procure perché le inchieste si traducano in atti concreti».
Così, mentre i politici illustrano le linee guida del Testo unico in via di preparazione, il pubblico ha sotto gli occhi una lunga lista di nomi che scorrono lungo il muro di sinistra fino al palco, ferrovieri rimasti uccisi in incidenti spesso spettacolari, a cui fanno da contraltare le sedie occupate da altri cartelli. Su questi i nomi di parte delle 1.250 morti bianche registrate in Italia nel solo 2006 (dati Inail diffusi ieri, peraltro ancora parziali), lavoratori che non fanno notizia. Valentino Fortinelli, ad esempio, colpito alla testa da una carrucola in un cantiere della centrale idroelettrica in Valtellina; oppure Massimo Pisacane, morto a soli 22 anni, per il crollo di un balcone in un cantiere abusivo di Pagani, in provincia di Salerno.
Secondo le stime dell’Inail, nel 2006 sono stati 935.500 gli infortuni denunciati in tutte le attività lavorative in Italia (-0,5% rispetto al 2005), gli incidenti si verificano principalmente nel settore dei servizi (+2% rispetto al 2005). Quelli mortali avvengono soprattutto nell’industria, quindi nei servizi e nell’agricoltura, la maglia nera va alla Lombardia, seguono Emilia Romagna e Lazio. Dati parziali, poiché si stimano in oltre 200 mila gli infortuni non denunciati (di cui circa 10 mila in Campania).
Per mettere fine a questa «mattanza», gli Rls delle Fs – in sintonia con i compagni dell’Enel – propongono al governo il loro decalogo: non lasciare i rappresentanti della sicurezza da soli di fronte all’azienda, anzi tutelare il loro ruolo sanzionando i dirigenti che applichino ritorsioni disciplinari, diminuire i tempi del contenzioso, rendere più efficace la coordinazione con gli organismi di vigilanza e il giudice del lavoro, migliorarne la formazione, assieme a quella di imprenditori e dirigenti, e promuovere la cultura della sicurezza a partire dalle scuole; istituire un coordinamento nazionale, sul modello del Sirs emiliano; nel subappalto limitare a due i livelli contrattuali, verificando che l’impresa abbia le capacità per svolgere il lavoro senza dover scaricare i costi sui dipendenti; adeguare le sanzioni alla gravità dei danni, prevedendo il sequestro delle lavorazioni pericolose; potenziare le capacità ispettive dell’Asl eliminando i conflitti di competenza tra i vari organi di vigilanza; invertire la rotta rispetto al lavoro precario e al nero: la «debolezza contrattuale» è il maggiore fattore di rischio.