Trentamila lavoratori in piazza, ieri a Roma, per il rinnovo del contratto delle pulizie, in ritardo da oltre un anno. «Un contratto pulito», recitava lo slogan della manifestazione indetta da Filcams, Fisascat e Uiltucs, sostenuta da uno sciopero di 8 ore che ha ottenuto adesioni altissime in tutta Italia. Gli operai delle pulizie sono oltre 450 mila, lavorano alle dipendenze di 26 mila imprese e cooperative, ma soffrono una insopportabile condizione di precarietà. L’80% sono donne, ed estesissimo è l’uso del part time, con l’elemento peggiorativo dell’orario spezzato in due: il capo, cioè, può chiederti di spexzzare le tue 4 ore di turno due la mattina e due la sera, con evidenti peggioramenti nella qualità della vita. E non basta, perché le controparti – Fise Confindustria, Fnip Confcommercio, Agci, Legacoop, Confcooperative e Confapi – chiedono addirittura il passaggio allo spezzettamento in tre: «Potresti fare – spiega con un esempio Carmelo Romeo, segretario nazionale Filcams Cgil – un’ora la mattina, una il pomeriggio e una di sera. Insomma, la schiavitù».
«Hai mai mangiato part time?», chiedeva provocatoriamente una lavoratrice recando un cartello. E un’altra: «Tremate, tremate le donne delle pulizie son tornate». Sì., perché tra part time, a termine e a progetto (le imprese riescono anche a inventare le pulizie a progetto), ben il 76% degli addetti è «flessibile», contro uno scarso 24-25% a tempo indeterminato. Tempo indeterminato, oltretutto, molto precario: è vero infatti che i lavoratori conservano il posto nel passaggio da un appalto all’altro, ma – dall’altro lato – è altrettanto vero che questa tutela salta nel caso in cui si riducano le prestazioni richieste dal committente. Proprio in questi mesi, ben 90 lavoratori sono stati licenziati nella ristorazione delle caserme, mentre – sempre causa «risparmi» alla Difesa – sono state tagliate il 60% delle prestazioni per la pulizia e il rifacimento deli letti: i soldati provvedono da soli, ma gli operai si vedono esposti al licenziamento o a un drastico calo delle ore. D’altra parte, la media di un salario mensile di un addetto delle pulizie è di 400 euro. Devi certamente trovarti un altro lavoro per arrivare a fine mese, part time permettendo.
E ancora, le imprese vogliono cancellare nell’ordine: i primi tre giorni di malattia, le maggiorazioni per la sesta giornata consecutiva di lavoro (+25%), la discrezionalità del lavoratore ad accettare la clausola elastica (quando già non sia ricattabile) e le ore supplementari (maggorate rispettivamente con il 10% e il 28%). Vogliono allungare l’apprendistato, oggi da 18 a 48 mesi, addirittura fino a 76 mesi (6 anni per imparare a lavorare nelle pulizie?). Insomma, sia le imprese che le cooperative (non meno aggressive) sono davvero all’attacco.
«Ma questa volta noi abbiamo chiesto anche l’una tantum, in passato non riconosciuta», spiega combattivo Romeo. E il leader Cisl Raffaele Bonanni mette il dito sul nodo appalti: «Sono necessarie clausole sociali certe, perché spesso si concludono con il massimo ribasso». Nel nuovo codice unico degli appalti, è previsto che si passi dal massimo ribasso all’«offerta economicamente vantaggiosa», ma per ora non si sa quando entrerà in vigore. I sindacati chiederanno probabilmente la mediazione del ministro del lavoro Cesare Damiano, con un’ulteriore richiesta: ricostituire l’Osservatorio nazionale sugli appalti, e inviare gli ispettori e la finanza in un campione di almeno mille imprese.