I fiori dei no Dal Molin nei cannoni degli Usa

L’obiettivo era piantare all’interno dell’aeroporto Dal Molin decine di alberi. In seimila ieri mattina hanno risposto all’appello del presidio permanente e dell’Altrocomune armati di zappe, vanghe e naturalmente alberelli. Due i cortei: da una parte, alla stazione, gli studenti medi. Oltre un migliaio, vicentini, padovani, veneziani. Dall’altra migliaia di cittadini, uomini e donne, i campeggiatori del festival No Dal Molin. I due cortei si sono uniti davanti al Dal Molin e qui hanno contrattato e ottenuto di entrare dall’ingresso principale dell’aeroporto per piantare decine di alberi.
Il corteo partito dal festival è stato come al solito molto colorato e rumoroso. Complici anche i laboratori creativi di questa ultima settimana realizzati proprio nell’ambito del festival. Slogan e canti per dire no alla nuova base che gli Stati uniti, con il placet del governo Prodi, vorrebbero costruire nell’ex aeroporto civile Dal Molin. Gli operai dell’Altrocomune invece per l’area verde hanno altri progetti: gli alberi piantati ieri infatti rappresentano il primo passo verso la costruzione di un parco pubblico per i cittadini. Tante le bandiere, quelle della pace e soprattutto quelle bianche con la scritta No Dal Molin. Sventolano anche le bandiere rio Tav (al campeggio la delegazione valsusina è molto nutrita) e no Mose. Gli Striscioni mandano messaggi altrettanto chiari, «studenti contro la guerra e contro il Dal Molin», «Vicenza no war», «Vicenza non si Usa». C’è anche una bandiera americana che entra con decine di altre nell’aeroporto, ma le stelle degli stati sono sostituite da un grande simbolo della pace.
Di fronte allo schieramento di carabinieri molti dei presenti, arrivando lungo la strada che costeggia il Dal Molin, hanno pensato a Venaus, in val di Susa. Ma la situazione ieri era molto meno tesa. I vicentini comunque non hanno risparmiato commenti sui «soldi che dobbiamo spendere per difendere questo sito per gli americani». L’atmosfera era comunque di festa, determinata e allegra allo stesso tempo. La determinazione si vedeva dalle cesoie in mano a molti cittadini “nel caso qualcuno decida di non farcì entrare dalla porta principale», commentava un anziano signore. «Noi non siamo antiamericani – raccontava una signora a una vicina per la quale la manifestazione di ieri era “la prima volta” – ma la guerra non la vogliamo. Per questo – insisteva – siamo contro questa nuova base militare, qui a Vicenza ma anche altrove. Se decidessero di spostarla – concludeva decisa – noi andremmo a bloccare i lavori anche altrove». Una consapevolezza, la contrarietà alla base qui e altrove, cresciuta lentamente ma ormai ben radicata in una comunità che anche ieri ha dimostrato di essere decisa e chiara negli obiettivi e nelle pratiche. Ammirati i manifestanti giunti da tante parti del nordest ma anche da Roma, Napoli (che sarà la prossima tappa nelle iniziative decise dal Patto di mutuo soccorso), la val di Susa. Ognuno in questa comunità ha portato il suo contributo, il suo sapere, condividendo dubbi e certezze. Lo si è visto in questa settimana di festival: tutto, dall’organizzazione del campeggio, a quella delle cucine e dei bagni, era curato fin nel rninimo dettaglio. «Perché volevamo che questo luogo, come già il presidio permanente, fosse accogliente», dicono i volontari. Che sono centinaia e si alternano da giorni ai fornelli, ai turni di pulizia, ai bar, agli stand.
Quella di ieri era la terza giornata di mobilitazione indetta dal festival campeggio No Dal Molin, cominciato oltre una settimana fa e che ha visto l’adesione di centinaia di persone. Le tre giornate avevano ognuna un obiettivo. Giovedì è toccato al comune e alla giunta Hullweck. Gli operai dell’Altrocomune hanno messo in sicurezza il palazzo comunale, pericolante. Venerdì invece è stata presa di mira l’altra caserma americana, quella di Ederle. Bloccata con grossi blocchi di cemento. La giornata ha avuto come appendice la contestazione al ministro ai beni culturali Francesco Rutelli. «La decisione sul Dal Molin è stata già presa», ha detto Rutelli scatenando la reazione delle deputate venete Lalla Trupia (Ds) e Luana Zanella (Verdi), nonché di Elettra Deiana e Tiziana Valpiana (Prc). «E’ grave – hanno scritto le deputate – che il vicepresidente del Consiglio dica cose inesatte e inesistenti, dimostrando con quale “serietà” si affronta un problema come la nuova base militare a Vicenza, che vede la contrarietà della gran parte della popolazione vicentina». Anche il segretario della Cgil di Vicenza, Oscar Mancini, risponde a Rutelli dicendo che «visto che il vicepresidente ha legittimato il sì del governo Prodi con il voto del comune vicentino, chiediamo una moratoria. Si aspetti il pronunciamento del prossimo consiglio comunale che si insedierà la primavera prossima».