I democratici a Bush: via dall´Iraq

Per ripulire etnicamente Bagdad non c´è stato nemmeno bisogno di minacce. La gente ha fatto in fretta a capire e a spostarsi di conseguenza. Tutto è avvenuto nel giro di poche settimane. Tanto che ora non c´è quasi più quartiere che possa definirsi misto. I sunniti stanno con i sunniti e gli sciiti con gli sciiti. Spesso a poche centinaia di metri gli uni dagli altri. Adhamya e Kadhimya, sunnita il primo, sciita il secondo, si guardano a un tiro di schioppo da due sponde opposte del Tigri. E quotidianamente si sparano addosso a colpi di mortaio. Sono le roccaforti urbane nel nordest di Bagdad dell´odio interconfessionale. Assolutamente off limits. Per entrarvi e uscirne occorrono validi motivi oltre che l´esibizione di un documento che ne certifichi la residenza. Polizia ed esercito iracheno, che spesso sono costretti a chiedere l´intervento dei blindati americani, da settimane li cingono d´assedio, pagando però un altissimo prezzo di sangue. Dai piani alti degli edifici dell´uno e dell´altro fronte, i cecchini delle contrapposte milizie hanno infatti gioco facile. Qualcuno di loro è già entrato nella leggenda popolare come il sunnita “Khannas Bagdad” che avrebbe fatto già oltre cinquanta «centri». Perlopiù marines, si dice.
Ad Adhamya e Kadhimya ci sono le due più grandi moschee sunnita e sciita della capitale. “Imam al Adham” e “Moussa al Kadhum” che sono di colpo diventate i simboli di una guerra civile già in atto che fa ogni giorno decine e decine di vittime. Negare che vi sia serve a poco anche se per il momento è circoscritta solo ad alcune zone. Ma non è che nelle altre si stia granché meglio. I “proiettili umani” firmati Al Qaeda sono dappertutto. E possono colpire, e colpiscono, al mercato, nelle strade del centro, davanti alle caserme, alle scuole, nei pressi della Zona verde. Non c´è un sol posto in tutta la capitale, dunque, che possa definirsi sicuro.
Sulla carta le forze di sicurezza irachena possono contare su 180 mila effettivi. «Ma solo ottomila tra loro – denuncia Salam al Zawbai, sunnita e vice primo ministro – sono per dir così operativi sul fronte del contenimento della violenza urbana». Tutti gli altri cosa fanno? «Se non se ne stanno imboscati, provvedono alla scorta personale di ministri, sottosegretari, deputati, uomini d´affari». Che sono anche loro un esercito. Il lavoro vero e proprio di polizia lo fanno, e si può immaginare come, le squadracce religiose. Ecco perché ormai si dice che l´Iraq è il paese degli undici eserciti. Uno o più per ciascuna forza presente sul campo: americani, governo, partiti dell´uno e dell´altra confessione, curdi e, ovviamente, Abu Hamza al Muhajir, meglio noto col nome di battaglia Abu Ayyub al Masri, Al Qaeda, per capirci. Sono tutti armati fino ai denti. Con armi pesanti e leggere che arrivano da Siria e Arabia Saudita a rifornire i sunniti, dall´Iran gli sciiti.
Non c´è quasi giorno infatti che nelle zone di frontiera non vengano sequestrati carichi di fucili, Rpg, componenti di mortaio e proiettili, nascosti all´interno di Tir.
Al Maliki, il premier sciita, ora annuncia un grande rimpasto. Una mossa che non risolverà i problemi di fondo ma che serve solo a dare un contentino ai partiti sunniti – “Fronte dell´accordo iracheno” in testa – che da settimane minacciano di rivoltarsi in armi contro il governo. «Se Iran, Arabia Saudita e Siria – l´opinione di Saad al Bazaz, direttore del quotidiano Al Zaman – non vengono da subito direttamente coinvolte in questa storia, provando a calmare le varie fazioni in lotta, l´Iraq finirà in un grande rogo».
Certo Teheran, Riad e Damasco possono giocare le loro carte ma non è detto che risultino vincenti. In attesa di una soluzione, che sa tanto di quadratura del cerchio, gli “eserciti” di cui sopra, si preparano allo scontro strada per strada. Il chi sta con chi è abbastanza prevedibile ma solo abbastanza. Gli sciiti che sono maggioranza nel paese in teoria possono schierare un più consistente numero di “soldati”. Quelli dell´esercito del Mahdi, il cui leader spirituale è Moqtada al Sadr (duecentomila o più uomini), quelli delle divisioni Badr, che fanno capo ad Abdul Aziz al Hakim (centomila forse), le brigate del Dawa, vicini all´ex premier al Jaafari (quindici-ventimila) e quelle di al Fadhila (quindici-ventimila presenti soprattutto nel sud e nella regione di Bassora). Più gli infiltrati, che sono anche loro diverse decine di migliaia, e l´esercito regolare e polizia. Ma viste le divergenze che esistono tra Moqtada e il duo al Hakim-Sistani non è escluso che possano finire per spararsi addosso l´un l´altro. Per contro i sunniti possono contare su un fronte meno numericamente forte ma certamente più compatto. E cioè: sui miliziani del partito islamico e dell´esercito islamico, ai quali daranno manforte gli sceicchi della grande tribù al Tikrit, quella di Saddam, i mujahiddin di Ramadi, Baquba e Falluja e, ovviamente, le truppe arabe di Al Qaeda. I dodicimila uomini che al Madri ha già pubblicamente annunciato di aver messo a disposizione di Abu Omar al Bagdadi, emiro dell´autoproclamato Stato islamico iracheno.