Lo si sapeva, ma da ieri è ufficiale. L’Italia è fanalino di coda sul fronte degli aiuti allo sviluppo. Ieri l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) delle Nazioni unite ha pubblicato i dati degli aiuti allo sviluppo in vista del raggiungimento degli «Obiettivi del millennio». Siamo solo al bilancio di medio termine, e già va malissimo. Tra i 22 grandi paesi donatori, hanno fatto peggio dell’Italia solo gli Stati uniti e la Grecia. L’impegno preso dall’Italia era di destinare lo 0,33% del Pil agli aiuti verso i paesi poveri entro l’anno scorso. Nel 2006 la lancetta si è fermata allo 0,20, che cala ulteriormente – fino a raggiungere un misero 0,11% – al netto della cancellazione del debito. Nella graduatoria per importo assoluto delle donazioni – che non tiene conto della situazione dei singoli paesi – e che è guidata dagli Usa, l’Italia è comunque decima, dietro al Canada e davanti alla Norvegia.
E non è che si tratti di un trend internazionale. Nonostante, infatti, il dati dell’Ocse dimostrino che c’è stato un calo medio del 5%, il comunicato osserva che «La maggior parte dei paesi ha raggiunto l’obiettivo minimo, con eccezione di Grecia, Italia e Portogallo». I paesi europei avevano preso un preciso impegno: al Consiglio dei ministri dell’Ue a Barcellona del 2002 era stato deciso di raggiungere lo 0,33% entro il 2006. Al Consiglio europeo di Bruxelles del 2005 era stata indicata un’ulteriore tappa intermedia: lo 0,51% entro il 2010. La «deadline» è stata fissata dall’Onu al 2015: per quel fatidico anno, quando dovranno essere messi a segno gli 8 obiettivi (il primo è «eliminare la fame e la povertà»), l’Italia dovrà destinare agli aiuti allo sviluppo lo 0,70% del proprio Pil.
Lungo il tragitto il nostro paese è stato letteralmente bruciato da altri partner europei, che invece stanno offrendo buone performance: la Svezia ha già raggiunto l’1,03%, la Danimarca lo 0,80%, il Lussemburgo lo 0,89%, i Paesi Bassi lo 0,81%, la Norvegia lo 0,89%. «Sebbene con l’ultima finanziaria il governo Prodi abbia aumentato gli aiuti alla cooperazione, essi sono pur sempre insufficienti per onorare gli impegni internazionali. Ma siamo ancora in tempo per invertire la rotta – sostiene Silvia Francescon, coordinatrice italiana della «Campagna per il millennio» – Sia il Presidente del consiglio che il ministro degli esteri, hanno ribadito in parlamento che la lotta alla povertà rappresenta un asse portante dell’azione internazionale del governo. Questo ci fa ben sperare per il prossimo Dpef».
Chiede una svolta e «un deciso cambio di rotta» anche il segretario generale di ActionAid, Marco Ponte, secondo cui «i dati pubblicati dall’Ocse sono una vergogna per l’Italia». «Visto questo record negativo – osserva il deputato indipendente di Rifondazione al parlamento europeo Vittorio Agnoletto – che l’Italia saldi almeno i suoi debiti con il fondo globale per la lotta all’Aids, tubercolosi e malaria». Anche lì, l’Italia è fanalino di coda: il debito, accumulato in tre anni, è di 280 milioni.