«La furia devastatrice di Katrina è durata poche ore», spiega Lance Hill, direttore del Southern Institute for Education and Research della Tulane University. «Ma gli effetti di quell’ uragano sono destinati a trasformare per sempre e in maniera radicale una delle culle storiche della cultura nera d’ America». Il pessimismo di Hill è condiviso dalla maggior parte degli storici, sociologi e giornalisti americani. A un anno dal più sconvolgente disastro naturale della storia Usa, meno di 200 mila abitanti (su mezzo milione) sono tornati a New Orleans. Dove interi quartieri appaiono ancora come un cumulo di macerie dopo un raid aereo. E i numeri negativi non finiscono qui. Solo metà delle scuole e un terzo degli ospedali sono stati riaperti mentre il 60% delle abitazioni restano prive di elettricità. All’ appello mancano soprattutto i poveri e i neri, un tempo i due terzi della popolazione. Occupavano i quartieri come il Ninth Ward, i più danneggiati dall’ inondazione. Le loro case sono state rase al suolo e nessuno ha intenzione di ricostruirle. Non si tratta di una svista casuale, puntano il dito gli attivisti afro-americani, ma di un piano concertato per ridisegnare la configurazione demografica della città, trasformandola in un’ oasi per bianchi e ricchi. I responsabili locali della ricostruzione di New Orleans non esitano a dichiarare di aver «ceduto all’ occasione», offerta loro da Katrina: liberare la città (che ha uno dei tassi di criminalità più alti in America) da masse sterminate di neri e poveri, favorendo il ritorno dei bianchi ricchi. «Subito dopo l’ uragano un piccolo e già potente gruppo di industriali ed imprenditori edilizi della zona si è autoincaricato di gestire la ricostruzione – incalza Hill -. Questa élite bianca non ha nessuna intenzione di restaurare la città com’ era prima dell’ uragano. E per questo sta favorendo i progetti architettonici volti a trasformare New Orleans in uno sconfinato suburbio di lusso, con prati, piscine e scuole per soli bianchi». L’ idea di ricostruire gli storici quartieri neri è caduta nel vuoto. Soltanto il fotogenico e turistico French Quarter e le antiche ville – bianche e patrizie – del Garden District sono state restituite agli antichi splendori in una città dove persino Bourbon Street oggi è pervasa da un senso di desolazione e abbandono. «Il problema è che nessuno degli sfollati afro-americani era ancora tornato in città, quando quest’ élite si è riunita in gran segreto, per varare i suoi progetti architettonici» spiega Ted Quant, direttore del Center for Peace through Justice della Loyola University. «Chi da anni fantasticava una New Orleans completamente diversa, ha ringraziato il cielo per l’ aiuto». Uno di questi è Boysie Bollinger, amico personale del presidente George W. Bush e capo della business élite incaricata della ricostruzione. Nel giro di pochi mesi Bollinger è riuscito a rimettere in piedi la sua fabbrica di imbarcazioni, nonostante la maggior parte dei suoi operai afro-americani siano stati uccisi o sfollati da Katrina. Come? Sostituendoli con messicani o filippini, spesso illegali disposti a lavorare giorno e notte pur di non essere deportati. «Katrina cambierà profondamente la cultura di New Orleans», profetizza Bollinger, che ha scatenato un putiferio affermando che «il proletariato nero sarà rimpiazzato ben presto da quello ispanico, che ha più voglia di lavorare». In un’ era in cui i linciaggi dei neri sono un ricordo sbiadito, l’ America del profondo sud riscopre questo tipo di razzismo, più subdolo ma altrettanto pericoloso. Il vero problema è che la maggior parte dei bianchi celebra invece di denunciare l’ eliminazione dei neri dalla comunità. In un recente sondaggio, soltanto un bianco su quattro si dice «preoccupato» dalla scomparsa del mix etnico e culturale che ha reso la città del jazz unica al mondo. Lo stesso sindaco Nagin si è inserito nella polemica affermando di aver ricevuto un messaggio divino: New Orleans deve restare una città color cioccolato, cioè nera. Una frase che alle ultime elezioni gli ha provocato il voltafaccia in massa dei bianchi: solo il 20% l’ ha votato, contro l’ 80% degli afro-americani (alle precedenti elezioni era stato il contrario).