I comunisti portoghesi all’11% nelle elezioni amministrative

Domenica 11 ottobre, i cittadini portoghesi sono stati chiamati alle urne per la tornata di elezioni (autarquicas, in portoghese) per il rinnovo degli organismi di potere locale (Camere e Assemblee municipali, e quartieri) dei 18 distretti amministrativi, in cui è suddiviso il paese.

La tornata elettorale ha assunto una particolare importanza, in quanto verifica degli assetti politici determinatisi in occasione della consultazione per l’elezione del parlamento nazionale, svoltesi due settimane fa, il 27 settembre.

Come è stato illustrato in un precedente articolo del nostro sito, le elezioni del 27 settembre hanno visto un drastico ridimensionamento della socialdemocrazia al governo, il Partito Socialista del presidente della repubblica Socrates, con un calo di consensi di circa il 9% dei voti che, oltre che confermare i caratteri della profonda crisi in cui versa la socialdemocrazia a livello continentale, ha messo in crisi la formula di centro-sinistra che dirige il Portogallo ormai da anni.

Le elezioni del 27 settembre hanno visto anche una netta sconfitta della seconda forza politica del paese, il conservatore Partito Socialdemocratico (PSD) e l’affermazione come terzo partito (in linea anche in questo caso con un complessivo orientamento dell’elettorato europeo) del Centro Democratico Sociale-Partito Popolare (CDS-PP), fautore di politiche di destra, ed espressione dei settori più retrivi della società portoghese, che gode anche dell’appoggio di un clero reazionario, radicato particolarmente nel nord della nazione.

A sinistra, in quell’occasione, abbiamo registrato l’affermazione di entrambe le formazioni politiche più significative dello schieramento “anticapitalista” e di “sinistra alternativa”, il Partito Comunista Portoghese, alla testa della coalizione CDU (con gli ecologisti di sinistra del Partito Verde) che ha migliorato, seppure leggermente, la propria prestazione, fino a raggiungere il 7,9 %, e la grande avanzata del Blocco di Sinistra (BE) che, con il 9,9% è diventato la quarta forza parlamentare del paese.

Ora, le elezioni di domenica scorsa (caratterizzate anche dalla presenza di numerose liste locali di ispirazione conservatrice e reazionaria) hanno visto, rispetto al 27 settembre, una lieve ripresa del Partito Socialista (dal 36,6% al 37,7%) – che, tra l’altro ha conquistato la presidenza della Camera Municipale di Lisbona – e una sostanziale tenuta (al di sopra del 40%) delle coalizioni dei partiti di centro-destra, in particolare nel nord, e soprattutto a Porto, la seconda città portoghese.

In questo contesto, particolarmente negativa si è rivelata la performance del Blocco di Sinistra (BE) che, nel giro di soli 15 giorni, con il 3-4% dei voti di domenica scorsa (a seconda delle istanze locali considerate), vede praticamente ridurre fino a due terzi il consenso ricevuto alle elezioni politiche (una “doccia fredda”, hanno scritto i giornali). Quasi una conferma dell’analisi, formulata da commentatori politici, secondo cui il successo di due settimane fa, è stato in larga parte dovuto alla grande copertura mediatica (a cui non corrisponde un altrettanto significativo e stabile radicamento sociale e territoriale) che questo raggruppamento, membro della “Sinistra Europea” e contrassegnato dalla presenza di componenti “anticapitaliste”, “trotskiste” e “socialdemocratiche di sinistra”, abitualmente riceve – anche in funzione di contenimento dei comunisti, generalmente “snobbati” dai media e descritti sempre come una forza “nostalgica” e in declino generazionale – e che gli ha permesso di intercettare una parte almeno del voto socialista in libera uscita. “Il Bloco ha un immenso lavoro da fare nelle realtà locali”, ha affermato il leader di BE, Francisco Louca, riconoscendo implicitamente la fragilità del radicamento del suo partito e la volatilità del suo elettorato.

Ma il dato certamente più confortante della consultazione amministrativa è rappresentato dal brillante successo delle liste della CDU (guidate dai comunisti del PCP) che hanno incrementato il già positivo risultato del 27 settembre, fino a sfiorare l’11% nelle elezioni per le Assemblee Municipali e nei Quartieri (freguesias). In questo modo, il PCP, ancora una volta, si afferma come forza politica dalle caratteristiche di massa, con un forte e durevole radicamento sociale, territoriale e di classe. Che non a caso si esprime al meglio nelle elezioni locali (dove il PCP ottiene storicamente risultati migliori rispetto alle politiche). E dove le campagne medianiche anticomuniste, che alle politiche si scatenano contro il PCP e che, di fronte alla crisi del Partito socialista, hanno indirizzato un certo malcontento a sinistra verso il Bloco, nelle consultazioni locali – dove conta soprattutto il radicamento sociale e territoriale e il prestigio dei candidati – sono risultate assai meno incidenti.

A rendere ancora più significativo il risultato, c’è la conferma della straordinaria presenza della CDU nei distretti a sud e a est di Lisbona, con la conquista di presidenze delle Camere Municipali e di molti mandati con percentuali addirittura del 42,2% a Setubal (distretto di circa 800.000 abitanti), del 39,8% a Beja e del 34,1% a Evora, tradizionali zone rosse operaie e contadine. A Lisbona il miglior risultato è nei quartieri, con il 13,3%.

La forza storicamente consolidata del Partito Comunista Portoghese, il prestigio di cui gode tra la classe operaia e gli strati popolari attraverso la sua attiva presenza nel movimento sindacale, la sua solida e strutturata organizzazione, che fa leva sulla consapevolezza e l’impegno di migliaia di militanti anche giovani e giovanissimi, il prestigio consolidato dei suoi amministratori locali, hanno smentito ancora una volta le tesi strumentali e interessate, diffuse anche in Italia, che danno erroneamente per scontato, nei paesi europei, il declino dei partiti comunisti di impianto leninista. Mentre anche i risultati più recenti – nei paesi europei dove esiste storicamente una tradizione comunista con basi di massa – dimostrano tenuta e avanzata di partiti come PCP, KKE, AKEL, e una crisi profonda, come non mai, dei partiti comunisti di derivazione eurocomunista (soprattutto in Italia e in Spagna, e per certi versi anche in Francia).

Ci sia permesso di dire infine che troviamo poco rigoroso e anche un po’ opportunistico ed elusivo analizzare i risultati elettorali in Europa mettendo in un unico sacco i risultati di partiti comunisti rivoluzionari e antimperialisti, contro cui si accanisce da anni una campagna politica, ideologica e mediatica forsennata, anche da parte della socialdemocrazia; ed i risultati di formazioni di sinistra radicale che godono in alcuni paesi (ad esempio in Grecia e Portogallo, dove essi competono coi rispettivi partiti comunisti), di campagne medianiche interessate, volte ad impedire che il malcontento di larghi settori operai, popolari e giovanili per le politiche neo-liberali dei governi di centro-destra e di centro-sinistra possa confluire in un voto ai comunisti, e preferiscono che esso si indirizzi verso formazioni di sinistra più “addomesticabili” e meno radicate socialmente nella lotta di classe. E’ un fenomeno che conosciamo bene anche noi in Italia, ove si consideri ad esempio il diverso trattamento (soprattutto da parte dei media influenzati dal PD) riservato alla lista comunista unitaria rispetto alla vendoliana Sinistra e Libertà.

Anche i risultati di queste formazioni di sinistra non comunista sono importanti, a cominciare da quello assolutamente inedito e imparagonabile della Linke tedesca, non solo per l’assoluta peculiarità della situazione tedesca (nelle regioni orientali un sondaggio di pochi giorni fa indica che i due terzi della popolazione rimpiange la DDR…), ma anche per il peso che la Germania riveste nel contesto europeo. Ma, quando analizziamo le dinamiche che si sviluppano a sinistra dei grandi partiti socialdemocratici europei, evitiamo di parlarne in modo indifferenziato, come di una “notte in cui tutti i gatti sono grigi”.