Se la guerra non fosse una cosa seria, verrebbe da definire quella vista ieri in parlamento sullo “scudo fiscale” una battaglia. Provocata dalla decisione del governo di utilizzare la fiducia per difendere quelli che Ugo La Malfa definiva i “pirati della lira”. L’unica concessione della litigiosa maggioranza all’opposizione è stata l’esclusione delle imprese dai benefici del “condono valutario”. Ma l’opposizione non può gioire: nessuna impresa avrebbe fatto rientrare o denunciato i fondi neri costituiti all’estero. Anche perché, grazie alla modifica delle norme sul “falso in bilancio” hanno poco da temere. Ma perché con una maggioranza così schiacciante il governo ha deciso di utilizzare il voto di fiducia?
Dietro la decisione non ci sono motivi tecnici: i tempi per la conversone del decreto legge sono abbondanti. Politicamente, invece, la maggioranza su questo argomento fa acqua. Il voto segreto avrebbe sicuramente messo in minoranza l’asse Berlusconi-Tremonti-Bossi (nel Nord est gli imprenditori senza peccati valutari scaglino la prima pietra) perché molti all’interno del partito di Fini fanno la fronda: alcuni nobilmente ritengono il provvedimento sbagliato; altri non premiante l’elettorato che rappresentano. Infine perchè in An sembra esserci un accordo per usare l’occasione come un manganello per acquistare maggior peso all’interno di una maggoranza nella quale il vicepresidente del consiglio appare un ostaggio senza poteri.
Inutile farsi illusioni, però, il condono valutario sarà approvato. D’altra parte è un’altra tappa necessaria per questo governo classista che vuole privilegiare l’intangibilità dei patrimoni (niente più tasse sulle donazioni e le successioni), le imprese (per il sommerso, il falso in bilancio, gli investimenti spesso fasulli che saranno finanziati grazie alla Tremonti-bis), le banche e le finanziarie (cartolarizzazione degli immobili) e tra poco le assicurazioni con le pensioni integrative. Di contorno, tanto per gradire, ci sono l’attacco ai giudici, la storia delle scorte, quella delle rogatorie internazionali e delle opere pubbliche.
Su tutte queste nefandezze spicca il condono valutario: una vera mascalzonata. Sicuramente è vero che, anche ai tempi dell’Ulivo, quando anche Bertinotti dava una mano al governo Prodi, un bel po’ di soldi “terrorizzati” dalla sinistra hanno passato le Alpi clandestinamente, anche se i movimenti di capitali erano da anni liberi (bastava segnalarli). Non so quanti siano questi capitali, né come Tremonti possa quantificarne l’entità: sulle cifre procedono “a naso” Bankitalia, Uic e Guardia di finanza. Forse ne sanno un po’ di più i commercialisti e i fiscalisti. Il dubbio (sgradevole) è che la fonte primaria delle informazioni di Tremonti possa essere la sua ex attività professionale. Come dire: i clienti, nei confronti dei quali, come per i preti nel confessionale, è doveroso il segreto professionale.
Quanti soldi rientreranno, quanti verranno regolarizzati e rimarranno all’estero? Difficile dirlo. Paradossalmente, speriamo tanti, più degli 80 mila previsti implicitamente dal governo nella finanziaria che stima in 2.000 miliardi il ricavato del condono. Così sarà evidente chi ha massacrato questo paese anche in tempi recenti, sottraendo risorse, evadendo il fisco e finanziando i sistemi bancari e produttivi di altri paesi. Il tutto, vale la pena ricordarlo, lesinando le 10 mila lire ai metalmeccanici: quell’aumento, dicono, destabilizza il sistema.