I più deboli, muoiono. «I cambiamenti climatici peggiorano la già disastrosa situazione dei bambini nel mondo: attualmente ogni 15 secondi un bambino muore per mancanza d’acqua e la situazione è destinata a peggiorare. La comunità internazionale ha il dovere di impegnarsi seriamente per arginare questa terribile deriva». Lo scenario catastrofico immaginato da Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, associazione che per la prima volta ha analizzato l’influenza diretta del clima sulla vita dei bambini, non si riferisce a un futuro prossimo che possiamo permetterci di ignorare. Il 2015 è oggi. Secondo il rapporto (www.savethechildren.it), nel decennio 2005-2015, siccità, alluvioni, terremoti e maremoti metteranno a rischio la vita di 175 milioni di bambini ogni anno. Solo nel decennio precedente (1995-2005), le catastrofi naturali uccidevano meno della metà dei bambini.
Le conseguenze sanitarie del cambiamento climatico sono state confermate anche da uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms): aumento delle malattie diarroiche e delle infezioni legate a cibo avariato e acque infette, maggior frequenza delle malattie cardio-circolatorie causate dall’alta concentrazione di ozono sulla superficie terrestre.
Entro il 2010, secondo il rapporto di Save The Children, ci saranno circa 50 milioni si sfollati, e la percentuale della popolazione mondiale a rischio malaria (una delle prime cause di mortalità infantile) salirà dal 45 al 60% nei prossimi cento anni. Sono previsoni che si basano su un dato reale e incontestabile: negli ultimi 10 anni in Asia, il continente più colpito dalle calamità naturali, i morti per disastri naturali sono stati per la maggior parte donne e bambini. Se il riscaldamento della terra è un fenomeno globale, gli effetti catastrofici colpiscono soprattutto le zone più povere del pianeta. Gli Stati Uniti, per esempio, pur essendo nel 2006 il secondo paese per numero di calamità naturali, non figura nemmeno tra i primi dieci per numero delle vittime.
Già oggi circa 170 milioni di bambini soffrono di malnutrizione cronica, e il numero sarà destinato a crescere per gli effetti che la siccità avrà sull’agricoltura, soprattutto nel Corno d’Africa, nel Sahel e nell’Africa meridionale. «I bambini malnutriti – si legge nel rapporto – sono maggiormente esposti alle malattie infettive, come la malaria o la febbre dengue. Le alluvioni, associate ai cambiamenti climatici, l’innalzamento dei livelli del mare che potrebbe causare anche la contaminazione delle falde acquifere, accrescono la probabilità di diffusione delle malattie infettive, con conseguenze disastrose sulla salute dei bambini» (attualmente quelli al di sotto dei 5 anni che muoiono di diarrea sono quasi due milioni).
Il surriscaldamento del pianeta del resto investe paesi che già hanno un alto tasso di mortalità infantile: Indonesia (30 bambini ogni 1000 nati), India (62), Kenya (79), Malawi (110), Mozambico (104), Ciad (117), Mali (121) e Niger (152). Di fronte a un simile scenario, Save The Children, oltre ad unirsi al coro di chi chiede ai paesi ricchi di ridurre le emissioni, chiede ai governi di destinare fondi per sovvenzionare la protezione civile dei paesi più a rischio, con particolare riguardo ai programmi di informazione destinati ai bambini (percezione e riduzione del rischio, prevenzione delle malattie e progettazione di vie di fuga). Senonché, la povertà non è una calamità naturale.