*Joseph Massad insegna politica araba moderna e storia del pensiero presso la Columbia University di New York. È autore del libro The Persistence of the Palestinian Question (Routledge, 2006)
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
Nei discorsi del presidente Barack Obama, per non parlare più in generale di quelli sui mezzi di informazione dell’Occidente, trattando delle condizioni dei bambini ebrei e arabi, che cosa induce questo presidente a privilegiare i primi e a disprezzare i secondi? I bambini ebrei sono più intelligenti, più carini, più bianchi? Sono meritevoli di simpatia e di solidarietà, negate ai bambini arabi, perché sono innocenti e non macchiati dalle colpe dei genitori, questi bimbi che sono spesso indicati come “i figli di Israele?” Oppure, sono i bambini arabi ad essere pericolosi, minacciosi, colpevoli, anche scuri e brutti, sgradevoli e preoccupanti, una situazione che può solo portare ad arabopedofobia – la fobia occidentale per i bambini arabi?
L’innocenza e l’infanzia sono temi comuni nella retorica politica dell’Occidente, ufficiale e non ufficiale.
Mentre è una verità lapalissiana affermare che, dalla fine del colonialismo europeo, gli Stati Uniti e l’Europa sono stati, a livello ufficiale e non ufficiale, amichevoli e di sostegno del progetto coloniale sionista, ed ostili ai Palestinesi e agli Arabi nella loro resistenza al Sionismo, ci si dovrebbe aspettare che un Occidente, che insiste retoricamente sull’“universalismo”dei suoi valori, potrebbe mostrare almeno un impegno retorico sull’uguaglianza dei bambini arabi ed ebrei, come vittime della violenza che ha afflitto la regione per causa del colonialismo sionista e della resistenza ad esso.
Eppure, la simpatia occidentale si manifesta unicamente verso i bambini ebrei, come simboli dell’innocenza sionista e di Israele. Questa simpatia dell’Occidente si esplica soprattutto nel denunciare le colpe degli Arabi, e fra queste le colpe dei bambini arabi.
In effetti, l’unica volta che i bambini arabi hanno ricevuto un po’ di simpatia da tutto l’Occidente è stata pochi anni fa, quando prese di posizione propagandistiche israeliane e statunitensi, ufficiali e non ufficiali allo stesso modo, montavano una grande campagna di propaganda per salvare questi bambini dai loro barbari genitori arabi e palestinesi, che presumibilmente li educavano a commettere atti violenti, o che poco amorevolmente li ponevano in mezzo al pericolo, sacrificandoli per i loro obiettivi politici violenti.
Non era Israele degno di esecrazione per l’uccisione di bambini palestinesi, ma lo dovevano essere quei genitori crudeli ed incuranti dei propri bambini, che li piazzavano sulla traiettoria dei proiettili israeliani ebrei, che non lasciavano agli Ebrei di Israele altra scelta che quella di ucciderli.
Questo, naturalmente, è un vecchio ragionamento capzioso degli Israeliani per giustificare le carneficine di Israele verso i Palestinesi.
In buona sostanza, così Golda Meir aveva notoriamente articolato il processo di coscienza ebraica di Israele: “Noi possiamo perdonarvi per aver ucciso i nostri figli. Ma noi non vi perdoneremo mai per averci costretto ad uccidere i vostri.”
Nelle dissertazioni ufficiali del potere post-Seconda guerra mondiale degli Stati Uniti, i bambini ebrei sono stati spesso chiamati in causa per illustrare l’innocenza di Israele, una tradizione accolta fedelmente dalla retorica di Barack Obama.
Il rifiuto di riconoscere anche i bambini arabi come vittime di Israele, il 4 giugno 2009, Obama lo ha manifestato agli Arabi nel suo discorso al Cairo: “Non è segno di coraggio, nemmeno di forza, sparare razzi contro bambini nel sonno o far saltare in aria donne anziane su un autobus. Non è così che si può rivendicare autorità morale; così l’autorità morale viene abbandonata!”
Egli ha ribadito questo nel suo discorso del 19 maggio 2011 “venti di cambiamento”, dichiarando: “Per decenni, il conflitto tra Israeliani e Arabi ha gettato un’ombra sulla regione. Per gli Israeliani, questo ha significato vivere con la paura che i loro figli potessero saltare in aria su un autobus o a causa di razzi lanciati sulle loro case, e con il dolore di sapere che altri bambini nella regione venivano educati ad odiarli.”
La settimana successiva, nel suo discorso del 22 maggio rivolto alla Commissione israelo-usamericana sugli Affari Pubblici (AIPAC),
[N.d.tr.: l’AIPAC, American Israel Public Affairs Committee, è un gruppo di pressione americano noto per il forte supporto ad Israele. È considerato il più potente e influente gruppo d’interesse a Washington. L’associazione si definisce la “lobby statunitense pro-Israele” ed è un’organizzazione di massa i cui componenti comprendono democratici, repubblicani e indipendenti. L’associazione è autofinanziata.], Obama esprimeva simpatia per le difficoltà che devono affrontare gli Ebrei nella loro esperienza di colonizzatori, …mentre si appropriano delle terre dei Palestinesi:
“Ho visto la lotta quotidiana per sopravvivere negli occhi di un bambino di otto anni [ebreo] che ha perso una gamba per un razzo di Hamas”.
Egli affermava che gli Stati Uniti e Israele, presumibilmente a differenza dei Palestinesi o degli Arabi in generale, “entrambe queste nazioni hanno cercato una regione dove le famiglie e i loro bambini possano vivere liberi dalla minaccia della violenza”.
Approvando ed appoggiando l’occupazione illegale israeliana di Gerusalemme Est, Obama affermava: “Sappiamo anche quanto difficile possa essere la ricerca di sicurezza, soprattutto per una piccola nazione come Israele, in un’area ostile, di malviventi. L’ho provato in prima persona. Quando ho posato la mia mano contro il Muro del Pianto e ho introdotto la mia preghiera tra le sue antiche pietre, ho pensato a tutti i secoli in cui i figli di Israele hanno desiderato ardentemente di tornare alla loro antica patria.”
Oltre ad avere adottato una categoria di razzismo bianco usamericano contro i “negri”, con l’uso di termini come “area ostile, di malviventi” – termini in precedenza presi a prestito da Binyamin Netanyahu per fare riferimento al Medio Oriente, oltre un decennio fa – in cui gli Arabi fanno la parte dei “negri violenti” del Medio Oriente e gli Ebrei sono la “gente pacifica bianca”, l’approvazione di Obama alla dichiarazione israeliana che Gerusalemme Est fa parte integrante della patria ebraica è la prima approvazione ufficiale degli Stati Uniti dell’occupazione illegale della città da parte di Israele.
Tuttavia, l’attenzione di Obama era rivolta altrove, ai timori che gli suscitavano i bambini arabi. Dapprima, articolava queste paure nel suo discorso del 19 maggio: “Il fatto è che un numero sempre crescente di Palestinesi vive ad ovest del fiume Giordano.”
Nel suo discorso all’AIPAC tre giorni dopo, Obama reiterava ancora una volta questa sua paura, come “problema” centrale, e la minaccia che Israele, gli Ebrei, e gli Stati Uniti dovevano affrontare: “Qui stanno i fatti con i quali tutti noi dobbiamo confrontarci. In primo luogo, il numero di Palestinesi che vivono a ovest del fiume Giordano è in rapida crescita e fondamentalmente sta rimodellando la realtà demografica sia di Israele che dei territori palestinesi.”
Questa non costituisce affatto una nuova paura, visti i tanti convegni tenuti sulla questione ogni anno dagli Israeliani, che hanno sviluppato tutti i tipi di strategie politiche e militari per affrontare la loro paura dei bambini palestinesi, che il presidente di Israele Shimon Peres definisce come “bomba demografica”, con la volontà di disinnescarla.
Una volta, la stessa Golda Meir rivelava nei primi anni Settanta di non poter dormire per la preoccupazione del numero di bambini palestinesi che venivano concepiti ogni notte.
Se i bambini sono il futuro – ad eccezione dei bambini arabi che sono una negazione del futuro – allora il nocciolo del ragionamento è semplice: “Israele non può che avere un futuro con più bambini ebrei, e meno bambini arabi.”
Uccidere i bambini arabi
La storia dei bambini arabi, e in particolare dei bambini palestinesi, non è solo tragica nel contesto della violenza israeliana, ma anche perché rimane ignorata, deliberatamente marginalizzata, e volutamente soppressa nei media occidentali e statunitensi – e nel discorso politico occidentale. Quando i terroristi sionisti iniziarono ad aggredire i civili palestinesi negli anni ’30 e ‘40, i bambini palestinesi caddero vittime. Sanguinosi attacchi da parte dei Sionisti comprendono l’avere fatto saltare in aria con bombe a mano caffè palestinesi (come è accaduto a Gerusalemme il 17 marzo 1937) e avere piazzato mine elettricamente a tempo in piazze di mercato affollate (usate per la prima volta contro i Palestinesi ad Haifa il 6 luglio 1938).
Mentre la violenza degli anni’30 costituiva i prodromi in Medio Oriente di tale orribile violenza terroristica, è l’invasione sionista del 1947-1948 di villaggi e città palestinesi che deliberatamente non ha risparmiato i bambini palestinesi.
Nel dicembre del 1947, uno dei primi attacchi dell’Haganah (l’esercito paramilitare sionista pre-Israele) – aggressioni che avrebbero caratterizzato questo periodo – prendeva di mira il villaggio palestinese di Khisas in Galilea, e venivano uccisi quattro bambini palestinesi. Questo si rivelava essere un piccolo numero rispetto ai successivi omicidi di massa che aspettavano i Palestinesi.
Nel villaggio di Al-Dawayimah, dove l’Haganah commetteva un massacro nel mese di ottobre 1948, un soldato dell’esercito israeliano, citato dallo storico israeliano Benny Morris, descriveva così la scena:
“La prima ondata di conquistatori uccideva circa da 80 a 100 uomini arabi, donne e bambini. I bambini venivano massacrati rompendo loro la testa con dei bastoni. Non c’era una casa senza morti … Un comandante aveva ordinato ad un geniere di mettere due donne anziane in una certa casa … e di far saltare la casa con loro dentro. Il geniere si rifiutava … Allora, il comandante ordinava ai suoi uomini di rinchiudere le due vecchie, e la malvagità fu cosa fatta. Un soldato si vantava di avere violentato una donna e poi di averle sparato. Ad una donna, con un neonato in braccio, veniva ordinato di pulire il cortile dove i soldati mangiavano. Ha lavorato un giorno o due. Alla fine, hanno sparato a lei e al suo bambino.”
I bambini palestinesi sono stati uccisi insieme agli adulti nel mese di aprile 1948 nel massacro di Deir Yassin, solo per citare il più noto dei massacri del 1948. Questi massacri continueranno non solo durante le guerre di Israele contro gli Arabi nel 1956, 1967, 1973, 1978, 1982, 1996, 2006 e 2008, quando migliaia di bambini sono caduti vittime di indiscriminati bombardamenti israeliani, ma anche in veri e propri massacri: a Qibya nel 1953, dove anche la scuola non veniva risparmiata dalla distruzione di Israele; a Kafr Kassem nel 1956 dove l’esercito israeliano massacrava 46 inermi cittadini palestinesi di Israele, 23 dei quali erano bambini. Questa tendenza sarebbe continuata. Nell’aprile del 1970, durante la cosiddetta “Guerra di Attrito” con l’Egitto, Israele bombardava una scuola elementare egiziana a Bahr al-Baqar. Dei 130 bambini della scuola presenti, 46 restavano uccisi, e oltre 50 feriti, molti dei quali mutilati a vita. La scuola veniva completamente demolita. Il primo massacro israeliano a Qana, in Libano, nel 1996, non risparmiava nessun bambino o adulto, e così avveniva con il secondo massacro nello stesso villaggio nel 2006 – a parte gli adulti, in quel anno venivano uccisi 16 bambini.
Il numero di bambini palestinesi uccisi da soldati israeliani nella prima intifada (1987-1993) è stato di 213, senza contare le centinaia di aborti indotti dai gas lacrimogeni delle granate gettate all’interno di aree chiuse recanti indicazioni della presenza di donne incinte, senza tenere conto del numero dei feriti.
La sezione svedese di “Save the Children” ha stimato che “da 23.600 a 29.900 bambini necessitavano di cure mediche per le ferite riportate nei primi due anni di intifada”, un terzo di questi bambini era di età inferiore ai dieci anni.
Nello stesso periodo, le aggressioni dei Palestinesi causavano la morte di 5 bambini israeliani.
Nella seconda intifada (2000-2004), i soldati israeliani hanno ucciso più di 500 bambini, ferendone almeno 10.000, e arrestandone 2.200.
L’assassinio in diretta televisiva del bambino palestinese Muhammad al-Durra sconvolse il mondo – ma non gli Ebrei israeliani, il cui governo inventava la più scandalosa e criminale delle storie per scagionare Israele.
Nell’attacco israeliano contro Gaza nel dicembre 2008, sono stati uccisi 1.400 Palestinesi, di cui 313 erano bambini.
Questa elencazione di atrocità non serve semplicemente a rigettare la storia passata e presente degli omicidi di bambini arabi perpetrati da Israele negli ultimi sei decenni e oltre – una storia ben nota in tutto il mondo arabo – ma per dimostrare quanto osceni siano i riferimenti di Obama ai bambini ebrei, quando insiste sul fatto che gli Arabi dovrebbero mostrare simpatia per i bambini ebrei, senza mai intimare agli Ebrei di mostrare simpatia e solidarietà per il numero decisamente maggiore di bambini arabi uccisi da Ebrei.
Ma Obama stesso non mostra alcuna simpatia per i bambini arabi. Se avesse tentato di commiserare i bambini arabi, caduti e vittime della violenza di Israele, nel rapporto di centinaia, se non di migliaia, di bambini arabi per ogni bambino ebreo, gli Arabi lo avrebbe perdonato per questa sua mancanza di sensibilità. Ahimè, Obama non ha posto nel suo cuore per i bambini arabi, ma solo per quelli ebrei.
Riesce persino a trasformare in bambini i soldati ebrei israeliani che uccidono i Palestinesi, come fossero niente altro che bambini innocenti le cui famiglie ne sentivano la mancanza. Nel suo discorso all’AIPAC, Obama lanciava un appello ad Hamas “di liberare il soldato Gilad Shalit, che è stato tenuto lontano dalla sua famiglia per cinque lunghi anni”, ma non a Israele di liberare i 6.000 prigionieri politici palestinesi, tra i quali 300 bambini palestinesi, che dovranno languire nelle carceri segrete di Israele per molti anni ancora.
Forse Obama avrebbe potuto almeno citare i rapporti sulle torture praticate dai soldati israeliani sui minori palestinesi detenuti, documenti resi pubblici alla fine del 2010 da parte di gruppi israeliani per i diritti umani. Nel novero di detenuti palestinesi sottoposti a sesto grado, oltre ad essere picchiati e privati del sonno dai soldati israeliani, due ragazzini di tredici anni hanno testimoniato che “la cosa più terribile che avveniva, era quando i soldati dovevano andare in bagno, ci pisciavano addosso e non utilizzavano la toilette. Tutto questo veniva videoregistrato da uno dei soldati.”
Ma Obama non si è commosso per queste condizioni, non si trattava mica di bambini ebrei!
Sionismo e bambini ebrei
È interessante notare che, a differenza di Obama, i Sionisti non sempre hanno mostrato simile amore verso i bambini ebrei, che mai hanno esitato dal sacrificare per i loro obiettivi coloniali. Nel periodo nazista, i leader sionisti, per esempio, protestavano con forza contro la concessione agli Ebrei europei di un rifugio in qualche paese diverso dalla Palestina.
Nel dicembre del 1938, all’indomani della Notte dei Cristalli in Germania, David Ben-Gurion rispondeva ad una offerta britannica, di dare rifugio a migliaia di bambini ebrei tedeschi direttamente in Gran Bretagna, affermando:
“Se venissi a sapere che sarebbe possibile salvare tutti i bambini ebrei della Germania trasferendoli in Inghilterra, o solo salvarne la metà trasportandoli in Eretz Israel (la terra di Israele), allora io opterei per la seconda alternativa, perché dobbiamo soppesare non solo la vita di questi bambini, ma anche la storia del popolo di Israele.”
Nel novembre 1940, i Sionisti rispondevano alle restrizioni imposte dalla Gran Bretagna all’immigrazione ebraica in Palestina, reiteratamente richieste dal popolo palestinese, facendo esplodere ad Haifa una nave con passeggeri civili ebrei – uccidendo 242 Ebrei, tra cui decine di bambini.
Per il sionismo, i bambini ebrei sono tanto sacrificabili quanto i bambini palestinesi e arabi, a meno che non siano utili ai loro obiettivi coloniali. Alla luce di questo, diventa chiaro che non è semplicemente l’essere Ebrei o Arabi dei bambini che li rende sacrificabili o meno, ma il loro inserimento in un progetto politico, come pedine che possono far conseguire gli obiettivi o costituire un ostacolo per il sionismo.
Il reclutamento da parte di Israele di bambini ebrei in organizzazioni paramilitari, che ha avuto inizio nel 1948, continua a ritmo sostenuto, e forse è meglio esemplificato dal programma della sua Gadna [“Battaglioni della Gioventù”], che prevede la preparazione dei ragazzi e ragazze ebrei in prospettiva del loro futuro servizio militare nello Stato più militarizzato sulla terra.
L’uso più vergognoso di bambini ebrei, tuttavia, viene esemplificato quando l’esercito israeliano ha invitato i bambini a scrivere messaggi di odio sui missili in procinto di essere lanciati contro i bambini libanesi, durante l’invasione del Libano da parte di Israele nel luglio 2006.
Catturata da un cameraman dell’Associated Press, l’immagine della bionda ragazzina ebrea, vicino alla città israeliana di Kiryat Shmona, che scriveva messaggi di morte rivolti ai bambini libanesi, ha fatto il giro del mondo – anche se rimane da chiarire se questo sia mai arrivato sulla scrivania di Obama. Infatti, è importante sottolineare che Obama potrebbe aver incontrato questa stessa ragazza bionda quando ha visitato Kiryat Shmona pochi mesi prima, nel gennaio 2006.
Obama ricordava poi che questa cittadina sembrava un comune quartiere periferico negli Stati Uniti, dove avrebbe potuto immaginare i canti delle bambine israeliane “in un gioco gioioso, come fossero le mie stesse figlie.”
Insegnare ai bambini ad odiare
Tenuto conto di questa storia, non solo sono i bambini palestinesi colpevoli di odiare gli Ebrei israeliani, ma anche, Obama insiste, non hanno alcun motivo per odiare gli Ebrei, a meno che non siano indottrinati dai loro malvagi anziani a farlo.
Binyamin Netanyahu stesso, nel suo discorso della scorsa settimana tenuto al Congresso, ha ribadito la condanna di Obama dei Palestinesi, che avrebbero “continuano ad educare i propri figli ad odiare”. Ma per quanto riguarda l’odio dei bambini ebrei di Israele contro gli Arabi?
Un sondaggio del marzo 2010 dell’Università di Tel Aviv ha rilevato che il 49,5 per cento degli studenti ebrei israeliani delle scuole superiori crede che i cittadini palestinesi di Israele non dovrebbero godere degli stessi diritti degli Ebrei in Israele; il 56 per cento ritiene che non dovrebbero essere eleggibili alla Knesset, il parlamento israeliano.
Secondo un rapporto del gennaio 2011 diffuso dal più grande quotidiano israeliano “Yediot Aharonot”, gli insegnanti ebrei in Israele hanno affermato che il razzismo anti-arabo tra gli studenti ebrei ha raggiunto livelli allarmanti, fino a sostenere l’uccisione dei Palestinesi.
Gli insegnanti hanno trovato graffiti scritti sui muri delle scuole e anche su elaborati di esame che invocavano la “Morte agli Arabi”.
Secondo il rapporto, uno studente di una scuola di Tel Aviv aveva confessato al suo insegnante durante la lezione che il suo sogno era di diventare un soldato, così da poter sterminare tutti gli Arabi; molti studenti della sua classe lo avevano applaudito a suo sostegno. Questo, per non poco conto, è il risultato diretto dei programmi di studio di una scuola israeliana razzista, mediante i quali i bambini ebrei vengono regolarmente indottrinati.
Nel suo discorso al Congresso, il primo ministro Netanyahu ha diagnosticato opportunamente la situazione sul terreno. Egli ha dichiarato: “Il conflitto fra noi e i Palestinesi non è mai stato sulla creazione di uno Stato palestinese. È sempre avvenuto sull’esistenza dello Stato ebraico.”
Si tratta della creazione di uno “Stato-colonia” di coloni ebrei, che i Palestinesi dovrebbero accettare per garantire il futuro ai bambini ebrei e mettere fine ad un futuro per i bambini palestinesi.
Infatti è proprio il rifiuto degli Arabi ad accettare l’arabopedofobia che costituisce il più grande ostacolo alla pace nella regione. Obama spera che un bantustan palestinese potrebbe limitare la minaccia che i bambini palestinesi costituiscono per l’incubo rappresentato dallo “Stato ebraico e democratico”. Egli si rende conto che il mondo non può più pretendere di sostenere l’universalismo, mentre approva il diritto di Israele ad imporre discriminazioni contro i non-Ebrei.
Nel suo discorso all’AIPAC, è andato ben oltre, quando ha dichiarato alla lobby israeliana che tutto il mondo, tra cui l’Asia, l’America Latina, l’Europa (e avrebbe potuto aggiungere l’Africa, che ha inspiegabilmente esclusa) e il mondo arabo non possono più tollerare il razzismo istituzionalizzato di Israele; e che attualmente sono solo gli Stati Uniti a stare al fianco di Israele.
Chiaramente, l’amore di Obama per i bambini ebrei non conosce limiti. Le sue opinioni arabopedofobiche, tuttavia, non sono accidentali, ma sono motivate dal suo grande amore per i “figli di Israele”, un amore che può realizzarsi solo attraverso un odio che si perpetua e la repressione contro tutti gli Arabi, bambini e adulti.