Hit parade jihad, Dadullah primo

Se la guerra afghana non fosse un argomento tremedamente serio, si potrebbe dire che il mullah Dudallah, capo della milizia talebana nelle regioni meridionali più calde di Kandahar, Uruzgan e Helmand, è diventato popolare come una rockstar. Il suo mito cresce in Pakistan e Afghanistan ma anche in vari paesi islamici dove centinaia di migliaia di persone lo ammirano per la sua determinazione e coraggio nell’affrontare le truppe della Nato. Sulle bancarelle dei mercatini di Peshawar, nei negozietti di Quetta, nel Sind, nel Punjab, nel Balucistan e persino nell’Uzbekistan meridionale, vanno a ruba cassette audio e video con i discorsi di Dadullah.
Giovane, dovrebbe avere una quarantina di anni, telegenico il mullah che sta sfidando la Nato in Afghanistan ha compreso l’importanza che i media oggi hanno per la diffusione della propaganda. La sua popolarità sta aumentando anche nel resto del mondo islamico ed arabo, per merito delle frequenti interviste che concede alle reti satellitari. Il giornale saudita Ozak nei giorni scorsi ha raccontato il rispetto di cui ora Dadullah gode tra tanti arabi per aver saputo organizzare la lotta armata contro i soldati Usa nel suo paese. Qualche settimana fa aveva fatto clamore una sua intervista, prontamente messa in commercio in Pakistan, nella quale con tono pacato ha riferito dell’offensiva talebana in corso. Ironizzando sulle misure di sicurezza pakistane, ha raccontato di essersi recato ad Islamabad senza incontrare alcun ostacolo. Qualcuno ha notato che il capo militare dei talebani rappresenta oggi per parecchi musulmani sunniti, il leader carismatico che il segretario di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è per tutti gli sciiti.
La figura di Dadullah ha molti tratti che contribuiscono ad accrescerne il mito. Ha perduto una gamba su una mina quando era un semplice militante talebano e non si è dato per vinto, è stato dato per morto in tre occasioni ma ogni volta è riapparso sulla scena. Quello che probabilmente i suoi sempre più numerosi fans non sanno è che Dadullah ha sempre svolto i compiti più sporchi per conto del movimento talebano. Durante la tristemente nota offensiva del gennaio 2001 contro gli sciiti hazara nella provincia di Bamyan, ne massacrò così tanti – qualcuno riferì che aveva scuoiato di persona alcune vittime – che lo stesso leader spirituale dei talebani, il mullah Omar, decise di metterlo in ombra. Ma ha saputo lentamente risalire la gerarchia e oggi anche il mullah Omar deve fare i conti con la nuova realtà neo-talebana, fatta soprattutto di nuovi combattenti pathan del Pakistan, di pashtun d’oltre frontiera, di uzbeki e di beluci mossi più da sentimenti nazionalisti che da motivazioni ideologiche e che in Dadullah vedono il loro vero leader.