Haniyeh bloccato. Battaglia al valico

Con un atto che ha confermato, una volta di più, che il valico di Rafah non è mai effettivamente passato sotto il controllo palestinese, ieri Israele ha tentato di bloccare il rientro a Gaza di Ismail Haniyeh con il pretesto che il premier di Hamas aveva nel suo bagaglio 35 milioni di dollari (26,5 milioni di euro), frutto delle donazioni che ha racimolato in Iran, Qatar e Sudan a favore delle disastrate finanze palestinesi. Un’azione di cui si è fatto promotore il ministro della difesa e leader laburista israeliano Amir Peretz e che ha scatenato incidenti gravi al valico tra le guardie di frontiera e migliaia di militanti di Hamas che attendevano il loro leader ed avrebbe potuto provocare un bagno di sangue.
In serata è stato raggiunto un compromesso, grazie alla mediazione del capo dell’intelligence egiziana, Omar Suleiman. Haniyeh potrà rientrare a Gaza lasciando però la somma di denaro in suo possesso che rimarrà depositata in una banca egiziana che procederà a versare i soldi sul conto dell’Autorità nazionale palestinese tramite la Lega araba. Una soluzione che equivale a perdere quei soldi – con i quali si sarebbe potuto pagare uno stipendio arretrato a decine di migliaia di insegnanti, medici, infermieri e di altri dipendenti pubblici rimasti senza reddito per l’embargo internazionale – visto che sino ad oggi a causa delle pressioni americane la Lega Araba non ha trasferito al governo palestinese un centesimo degli aiuti promessi. Il valico di Rafah è monitorato dagli osservatori europei ma opera secondo la legge palestinese che in effetti non prevede un limite massimo all’ingresso di denaro liquido a Gaza e i passeggeri sono tenuti soltanto a dichiarare il contenuto del loro bagaglio, ci ha spiegato qualche settimana fa il generale Pietro Pistolese, comandante dei «monitors» dell’Unione europea. L’accordo raggiunto lo scorso anno prevede che Israele venga tempestivamente informato, anche con l’utilizzo di telecamere, di movimenti sospetti di persone e cose al valico, ma non ha il diritto di bloccare il transito, una facoltà che hanno solo ai palestinesi. L’improvviso irrigidimento nei confronti di Haniyeh si spiega solo con una decisione politica – in risposta alle recenti pesanti dichiarazioni anti-israeliane fatte dal premier durante la sua permanenza a Teheran – visto che per il valico di Rafah nell’ultimo anno sono passati vari ministri palestinesi con parecchi milioni di dollari nelle loro tasche, sempre destinati ad aiutare la popolazione. Quello degli esteri, Mahmud Zahar, dichiarò addirittura 20 milioni di dollari al suo arrivo a Rafah e rientrò regolarmente a Gaza. In quei casi Israele si limitò solo a qualche protesta.
La tensione a Rafah è stata alta tutto il giorno ed è esplosa dopo l’annuncio della decisione israeliana di imporre la chiusura del valico. A un certo punto al grido di «Liberate questo posto», un’ottantina di militanti armati di Hamas si sono impadroniti del terminal, mentre i viaggiatori presenti, tra cui molte donne e bambini, si sono messi al riparo assieme agli osservatori europei (che poco dopo sono stati evacuati). Lo scambio di raffiche è stato immediato ed ha fatto alcuni feriti tra gli attivisti di Hamas. La radio del movimento islamico nello stesso momento invitava i palestinesi residenti nel sud di Gaza a raggiungere il confine per «rompere l’assedio» su Haniyeh.
Almeno 15mila i sostenitori che si sono radunati a poche centinaia di metri dalla frontiera e per molti minuti il crepitio dei colpi d’arma da fuoco è stato continuo. Dopo l’annuncio del compromesso è tornata la calma e buona parte dei manifestanti ha fatto ritorno a casa, ma in serata la tensione era ancora molto alta, a causa anche della crisi nei rapporti tra Hamas e Al-Fatah, il partito del presidente Abu Mazen. Ieri un ufficiale dei servizi d’intelligence, legato a Fatah, è stato rapito come rappresaglia all’arresto, avvenuto poche ore prima, di un militante dei Comitati di resistenza popolare (Crp), Hisham Abu Mukhaimar, nell’ambito dell’inchiesta sull’assassinio dei tre bambini massacrati lunedì. Un portavoce dei Crp ha detto che l’ufficiale dei servizi sarà liberato solo in cambio della scarcerazione di Abu Mukhaimar. In Cisgiordania, a Nablus, un capo locale delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, Mohammed Ramaha, e un suo compagno sono stati uccisi ieri dai soldati israeliani nel campo profughi di Al-Ayn.