Hamas: «Governo pronto per giovedì. Con Abbas intesa su quasi tutti i punti»

Il messaggio sul cellulare ci raggiunge intorno alle 15.00. «Abbas respinge il programma di governo di Hamas». Stamo lasciando Rafah, estremo sud della Striscia di Gaza, per tornare a Gaza City, nel nord. Il portavoce del blocco di Hamas al Parlamento, Salah Al Bardaweel, abita a Khan Younis, più o meno a metà strada. Parcheggiamo la vettura all’imbocco della traversa immersa della polvere dove l’esponente di Hamas abita. Le dimore degli membri del movimento islamico non presentano i fasti, relativamente al posto in cui ci troviamo, di quelle degli appartenenti a Fatah. Svegliamo il Dr. Al Baradweel dal riposo pomeridiano e gli chiediamo di commentare l’ultima notizia sulle sorti della gestazione di un futuro governo palestinese, apparentemente abortito, secondo quanto riferito da Afp.
Più che cadere dal letto, il professore universitario (Al Bardaweel insegna letteratura palestinese all’Università islamica di Gaza City), cade dalle nuvole. Dà inizio ad un balletto di telefonate, poi si accomoda su una delle poltrone rosse del piccolo salottino che è anche il suo studio, adornato da bandiere dell’islam ed immagini di luoghi sacri, per rassicurarci. «Abu Rudeina (portavoce della Presidenza) ha smentito questa notizia su Al Jazeera», afferma Al Baradweel, un signore paffuto, stretto in una camicia e una giacca blu. A domanda precisa risponde: «Faremo il governo entro la fine della settimana», (giovedì, ndr). «Con Abbas – aggiunge – abbiamo raggiunto totale accordo sugli affari interni. Sulla sicurezza, sulle riforme, sul funzionamento della giustizia. Quello su cui non troviamo un punto di incontro è il riconoscimento di Israele. Capiamo che l’Autorità palestinese ha sottoscritto degli accordi. Cos’altro dobbiamo riconoscere? Sono accordi fatti da loro. Abbiamo detto che accettiamo di negoziare di uno Stato palestinese con Gerusalemme capitale, sulla base dei confini del ’67, che deve tener conto del diritto al ritorno. Il programma sulla base del quale siamo stati votati affermava l’ingiustizia sofferta dal popolo palestinese derivante dall’inadempienza da parte di Israele del rispetto di tali accordi. Faccio un esempio. Si parla dei confini del ’67, ma il muro li supera. Dunque di quali confini parliamo?».

Come pensate di uscire da questa impasse? Se la situazione non si sblocca quei fondi grazie a cui i palestinesi sopravvivono saranno tagliati dalla comunità internazionale che su questo punto appare categorica.

Abbiamo intenzione di far capire al mondo che la palla si trova nella metà campo israeliana. Non tocca a noi dare il calcio d’inizio. Ci sono i crimini legati al muro, gli assassinii “mirati”. Abbiamo il diritto di resistere all’occupazione. Per noi resistenza è anzitutto resistenza pacifica. Anche resistenza culturale. Siamo pronti a morire di fame ma non a rinunciare ai nostri diritti. Contiamo sull’appoggio della nazione araba, ma anche sull’appoggio dei gruppi internazionali che si occupano della difesa dei diritti umani.

Questo vuol dire dare una svolta alla strategia degli attentati?

La risposta armata è uno dei modi di rispondere. Se Israele continua ad attaccare dovremo resistere. Non saremo noi ad attaccare.

Dite che intendete farvi capire dalla comunità internazionale. Ma voi siete disposti ad accettare la Road Map?

Quale, la prima versione o quella con tutti gli emedamenti apposti da Israele? Le ricordo che in base alla Road Map lo Stato palestinese avrebbe dovuto vedere la luce nel 2005.

Dite di aver raggiunto un accordo per il governo sulle questioni interne. Qui a Gaza la prima questione sulla carta sembra essere la sicurezza interna. Non è un segreto per nessuno che vi siano gangs fuori controllo. Come pensate di mettervi un freno?

Hamas sarà in grado di ristabilire la sicurezza a Gaza. Soprattutto in base al consenso popolare di cui gode. Tali gruppi esistono poiché vi sono soggetti che dall’occupazione traggono un tornaconto. L’economia di guerra è pur sempre una realtà. Inoltre c’è chi, avendo perduto posizioni di privilegio, cerca di danneggiare Hamas e c’è chi teme la riforma dell’amministrazione e l’apertura dei files sulla corruzione. Che certamente apriremo. Chi ha rubato alle spelle del popolo palestinse finirà in galera.

Ci sono abbastanza prigioni tra West Bank e Gaza?

Riformeremo il carente sistema giudiziario in base a principi ispirati alla trasparenza. Da noi si dice che quando si fa pulizia le mosche muoiono.

E’ in base alle vostre idee di riforma della giustizia che avete revocato il potere di nomina dei giudici al presidente Abbas?

No, non si tratta di una questione di fiducia verso Abbas, si tratta dell’applicazione di un principio. La legge è al di sopra di chiunque e i giudici devono essere indipendenti da qualunque potere. Se sbaglia il presidente come possono giudicare i giudici che ha nominato?

Quali ministeri terrete per voi?

Non ci sono linee rosse su questo punto, potremmo addirittura lasciare la presidenza del Consiglio a Fatah, (ride, ndr). No, il capo del governo resterà quello designato, Ismail Haniya. Trovato l’accordo sul programma il prossimo nodo da scoigliere sarà proprio questo. Quando si dovrà cominciare a trattare su chi avràquel ministero piuttosto che quell’altro.