Haditha, l’indagine Usa conferma:«I marines uccisero senza motivo»

I dubbi sollevati dal Time nel marzo scorso hanno trovato conferma: un’unità dei Marines ha compiuto una strage nel piccolo villaggio di Haditha in Iraq, uccidendo ventiquattro persone innocenti, tra cui donne e bambini, senza alcun motivo. L’indagine condotta dagli investigatori del Naval Criminal Investigation Service della Marina militare statunitense ha accertato, secondo alcune indiscrezioni trapelate da fonti militari Usa, che nel novembre scorso i marines entrarono nel villaggio con l’idea di vendicarsi della morte di un commilitone. Lo fecero compiendo un eccidio di donne, bambini, persone invalide. Una rappresaglia metodica e a sangue freddo che all’inizio l’unità militare tentò di nascondere sostenendo che le vittime – quindici secondo le loro dichiarazioni – erano state provocate da un inesistente attentato subìto dalle truppe Usa. Poi, le testimonianze raccolte dal Time di chi aveva vissuto quel giorno di terrore, di chi si era finto morto ed era sopravvissuto, il numero delle vittime che sale a ventiquattro includendo bambini ed invalidi. Ora, le prime conferme. Gli abitanti di Haditha sono stati uccisi con armi d’ordinanza dei marines e le testimonianze rese sono state giudicate veritiere. L’inchiesta deve ancora concludersi stabilendo i vari gradi di responsabilità e le eventuali condanne, ma difficilmente cancellerà l’ennesima macchia per le truppe Usa in Iraq al centro in questi mesi di numerose indagini per episodi simili. Proprio ieri, un militare Usa ha accusato in un’udienza preliminare quattro commilitoni di aver «ucciso ridendo» tre iracheni catturati nel maggio scorso. I soldati negano sostenendo che i tre prigionieri avevano tentato di scappare, ma Bradley Mason – il loro accusatore – sostiene che invece sono stati uccisi dai suoi colleghi senza alcun apparente motivo, con il sorriso in bocca e di aver ricevuto minacce se avesse provato a raccontare la verità.
Va tutto bene intanto per il presidente iracheno Talabani che promette, dopo le dozzine di vittime di due giorni fa in attacchi contro i militari iracheni, il passaggio di consegne totale tra le truppe straniere e l’esercito iracheno entro la fine dell’anno.

Sul fronte interno, migliaia di sciiti membri di comitati popolari di base ha sfilato ieri a Baghdad, chiedendo l’eliminazione di tutti «i baathisti ancora fedeli a Saddam e i loro scagnozzi: gli estremisti islamici». Una dimostrazione di forza che potrebbere infuocare ancora di più le tensioni confessionali nel paese. Abdul Aziz al-Hakim, uno dei più potenti leader sciiti del Paese ha invitato gli iracheni a «formare comitati popolari regionali dal meglio della nostra gioventù per combattere il terrorismo». A ricevere le parole del leader molti membri tra la folla dell’Organizzazione Badr, uno dei gruppi armati sciiti accusati dai sunniti di formare squadroni della morte.

Il leader radicale sciita Moqtada al-Sadr sempre ieri, ha chiamato per venerdì dopo la preghiera un milione di persone in piazza a Baghad in segno di solidarietà e sostegno «con i nostri fratelli, i mujaheddin, i pazienti, e i resistenti in Libano». Conscio dei pericoli che comporta scendere in strada nella capitale irachena dove ogni giorno si muore in attentati, Sadr rassicura: «il nostro ineludibile dovere e amore per il martirio e la morte nel nome di Dio ci chiamano in sostegno della giustizia e del popolo dei giusti».

Ma il «martirio» in Iraq si trova quotidianamente, anche se non lo si cerca. Ieri, almeno dieci persone hanno perso la vita a causa dell’esplosione di alcuni ordigni collocati lunghi una strada nel quartiere di Amel, a Baghdad ovest. Sempre nella capitale, due bombe sotterrate in un campo di calcio sono esplose mentre si svolgeva una partita. Secondo il ministero iracheno dell’Interno, vi sarebbero 10 morti e 15 feriti, tra i quali molti bambini. Ad incrementare il bilancio delle vittime nella giornata di ieri in Iraq, i quindici guerriglieri e i tre poliziotti rimasti uccisi in una battaglia vicino a Medaen, 65 chilometri a sud di Baghdad.