Gullotta contestato, Grassi: “Un episodio da condannare fermamente”

«Venduto, venduto». Contestato Leo Gullotta

Sono quattro ragazzi della mozione due, quella dell’«Ernesto», e uno di «Falce e Martello», quelli che all’improvviso urlano «Venduto, traditore» quando l’attore Leo Gullottta, dal palco, inizia a leggere le lettere dei condannati a morte della resistenza. Prima che il servizio d’ordine li allontani dalla sala, fanno in tempo a precisare le accuse: «Prima fai i soldi e poi vieni a parlare di partigiani. Viva la Jugoslavia».
La colpa di Gullotta, per i contestatori, si chiama Il cuore nel pozzo, quel film per la tv sulle foibe impugnato qualche tempo fa da An come lancia acuminata da adoperare nella battaglia revisionista che mira a riscrivere di brutta la storia di questo paese. L’attore, sostenitore attivo da sempre del Prc, si era in realtà subito dissociato, come il regista Alberto Negrin, dalla sfacciata campagna di An. Nella risposta ai dissenzienti, però, difende a spada tratta il film: «Ho fatto vedere a 12 milioni di italiani una verità nascosta per sassant’anni. Non sono né scioccato né offeso, però queste accuse sono fuori dal mondo. Come si fa a gridare `Viva la Jugoslavia? Quando la Jugoslavia non esiste più. Poi, se avevano cose da dirmi potevano farlo civilmente».

Bertinotti esprime immediatamente la sua piena solidarietà all’attore. Sale sul palco, lo abbraccia, denuncia l’episodio: «In questo partito c’è un grado di intolleranza intollerabile».
Anche Claudio Grassi, leader dell’«Ernesto», scomunica l’episodio: «La nostra area non c’entra. E’ stata un’iniziativa personale da condannare con fermezza».
Più sfumata la posizione di Alberto Burgio, anche lui tra i principali esponenti della mozione «Essere comunisti». «Chiamare Gullotta dopo quel film non mi sembra fosse una scelta opportuna, e comunque non mi pare si debba insorgere contro la contestazione di alcuni giovani».I contestatori, nonostante la presa di distanza di Grassi e la durissima critica del segretario non sono affatto pentiti.
Si precipitano in sala stampa e danno la loro versione dei fatti: «Inopportuna non è la nostra iniziativa ma la presenza di Gullotta dopo quell’ignobile sceneggiato». Poi, proseguono, il servizio d’ordine non solo ci ha allontanati, ma ci ha anche proibito di rientrare impedendoci così di replicare alle parole di Gullotta, secondo cui quel film ha spiegato agli italiani cosa sono state le foibe».

In conclusione un incidente piccolo, che rischia però di essere montato ad arte, per l’ennesima volta, nel tentativo di dipingere la sinistra e il Prc in particolare come un partito di nostalgici dell’infoibamento. Tanto più che, dopo lo scontro, Gullotta e i suoi contestatori si sono incontrati per chiarire l’episodio, come sarebbe stato più opportuno fare subito, prima di decidere una clamorosa e facilmente strumentalizzabile contestazione in sede di congresso.