Di nuovo spari contro i soldati italiani nell’ovest dell’Afghanistan. Un incursore dell’esercito ieri è rimasto ferito proprio mentre da New York il ministro degli Esteri Massimo D’Alema, lanciava l’allarme: «Per le nostre truppe si preparano momenti difficili, la guerriglia sta arrivando anche a Herat e la situazione non è buona».
L’ultimo attacco è avvenuto ieri notte alle 21 (le 17.30 ora italiana) nella zona occidentale a comando italiano, alcuni chilometri a sud della città di Farah, un territorio immediatamente confinante con la provincia meridionale dell’Helmand, epicentro dell’insurrezione talebana, dove è in corso l’«operazione Achille» condotta dalla Nato.
Una pattuglia del Nono Reggimento d’assalto paracadutisti «Col Moschin», reparto d’elite della Folgore e di fatto unico contingente di truppe «speciali» dell’Esercito – cade, forse, in un’imboscata. Pochi i dettagli forniti dalla Difesa: prima si sentono dei colpi di mortaio poi diverse raffiche di kalashnikov. La reazione italiana non si fa attendere, «breve ma intensa», gli attaccanti, non identificati, riescono a dileguarsi nella notte mentre un militare viene ferito a un braccio e i blindati ripiegano verso la base di Herat senza chiedere l’evacuazione medica d’urgenza. Né le condizioni del soldato né la sua identità sono state rese note. L’episodio non viene enfatizzato più di tanto dai comandi militari: «I nostri soldati sono impegnati in attività di ricognizione e elevata vigilanza h24, senza interruzione, in tutta l’area di nostra competenza». Unanime la solidarietà al militare ferito da parte di tutti i partiti. A Herat sono impegnati i soldati del 151mo reggimento della Brigata Sassari e le forze speciali di Esercito («Col Moschin») e Marina («Comsubin»).
L’allarme di Massimo D’Alema da New York ufficializza per la prima volta ciò che è nei fatti: a gennaio e febbraio sono stati una dozzina gli attentati nei confronti delle forze afghane e della Nato compiuti a Farah, una zona dove i talebani stanno intensficando le operazioni in modo crescente. E’ del 12 marzo scorso l’episodio più sanguinoso, quando una bomba telecomandata ha ucciso il capo della polizia locale e 9 agenti afghani. Già il 21 febbraio però si era sfiorata la tragedia, quando l’esplosione di un’ambulanza scortata da militari italiani ha causato la morte di una soldatessa e il ferimento di due soldati spagnoli.
La situazione peggiora da settimane ma da D’Alema arriva anche un chiaro monito in vista dell’imminente dibattito in senato sulle missioni all’estero: «Non siamo lì in vacanza. Ma la mia opinione è che non possiamo inviare più truppe né possiamo cambiare il loro mandato».
Parole lungimiranti perché è proprio ciò che Forza Italia si appresta a chiedere con un ordine del giorno da discutere proprio martedì firmato da Renato Schifani. Il documento chiede al governo di «garantire la sicurezza dei nostri soldati» dotandoli «in tempi brevi di armi di difesa attiva».
La manovra rischia di nuovo di mettere in ginocchio la maggioranza come su Vicenza. Sarebbe infatti difficile per il governo opporsi alla richiesta di equipaggiare meglio i nostri soldati: «Sul terreno non c’è nulla di preoccupante ma se mandiamo dei soldati abbiamo il dovere di mandarceli nelle condizioni migliori – dicono dal ministero della Difesa – se potessimo dargli più mezzi sarebbe giusto».
A palazzo Baracchini la preoccupazione è alta. Arturo Parisi ha commentato la gestione del sequestro Mastrogiacomo solo quando il giornalista di Repubblica era in volo per Roma. «Mastrogiacomo è stato sequestrato in quanto occidentale e non in quanto italiano ma è sicuro che se per ogni rapito consegni 5 terroristi la situazione può precipitare in forme di riconoscimento ancora impensate – dice Parisi al manifesto – non si può negoziare in un momento in cui serve una giusta fermezza».
Il gelo verso la gestione politica della Farnesina e l’ala «radicale» dell’Unione è palpabile. I papaveri della Difesa, la Nato e gli Usa chiedono da sempre più soldati, più mezzi e regole di ingaggio più offensive. Richieste che grazie alla manovra della destra potrebbero ora tentare più d’uno anche nella maggioranza.