Guerra persa? Tutti a destra «E il governo non cadrà»

L’insuccesso militare in Libano ha lasciato il segno, ma al contrario: a sentire aria di rilancio sono i falchi dello schieramento politico israeliano. Mentre il discusso capo di stato maggiore Dan Halutz nomina un «campaign manager» per una ipotetica guerra contro l’Iran, e il ministero della difesa Peretz chiede altri sette miliardi di dollari per le «nuove minacce» che incomberebbero su Israele, lo scenario politico israeliano all’indomani della guerra sembra profondamente instabile. Ne parliamo con Hanna Swaid, rappresentante di Hadash e membro del parlamento israeliano.

Onorevole Swaid, si potrebbe teorizzare un rimpasto governativo a Tel Aviv?

E’ una possibilità, ma Peretz e il premier Ehud Olmert sono nella stessa barca. Secondo i sondaggi di ieri, il 75% degli israeliani chiede ora le dimissioni di Peretz, ma c’è un buon 65% che vuole anche quelle di Olmert. Credo che Kadima e laburisti cercheranno di restare uniti per superare laa fase. Neanche altri membri della coalizione quali Shaas e lista dei pensionati sono interessati a far cadere il governo: sanno che in elezioni anticipate perderebbero.

Il ministro della difesa Peretz, potrebbe divenire un capro espiatorio? Kadima potrebbe staccarsi dai laburisti, oppure i laburisti potrebbero scaricare Peretz.

La prestazione di Peretz alla difesa, deludente sul fronte militare e su quello finanziario e sociale, rappresenta comunque le posizioni del suo partito. Alla knesset sono soltanto cinque o sei i laburisti che non le condividono. E’ certo che tutte le forze politiche percepiscono questa guerra come un totale fallimento e il governo ne paga il prezzo.

E’ possibile in Israele si vada alle elezioni anticipate, e che l’estrema destra si allei con Kadima? In questo caso,sarebbe possibile un’alleanza fra partiti di sinistra e pacifisti come Hadash con i laburisti per contrastare una simile coalizione?

Hadash non si alleerà mai con i laburisti: noi abbiamo le nostre piattaforme, loro ne hanno di ben diverse. Per quanto riguarda Kadima, l’alleanza è improbabile. Il Likud non ne ha bisogno: sta cavalcando la protesta contro il governo e al momento, secondo i sondaggi, vincerebbe le elezioni.

Il fallimento della guerra quindi non ha portato l’opinione pubblica israeliana a un riallineamento verso la sinistra e verso i negoziati.

Ancora no, se non su percentuali di scarso impatto. Devo dire, però, che all’interno del governo qualcosa è cambiato: recentemente il ministro degli interni Avi Dichter ha invocato un’apertura verso la Siria per quanto riguarda le alture del Golan.

La prospettiva di una commissione d’inchiesta sulla condotta della guerra sembra rischiosa anche per la sinistra: l’obiettivo sembrerebbe di punire i colpevoli e riorganizzare i ranghi per tornare alla guerra e vincerla.

È la tendenza dominante al momento e la commissione è un rischio per tutti – le rivelazioni e le raccomandazioni che ne verranno andranno accettate. Ma è ormai inevitabile nominare una commissione, la pressione in Israele è enorme: dalle piazze, alle associazioni, alla stampa agli ambiti giuridici fino all’esercito, tutti vogliono la verità. La sfiducia reciproca è totale. La speranza è che un’indagine approfondita sugli errori dimostri che i negoziati con gli stati arabi e con l’Autorità palestinese sono l’unico sistema per ottenere la pace – e non l’offensiva militare.

E, per quanto riguarda i palestinesi, che fine ha fatto il Piano di convergenza?

Morto. Totalmente: ora non siamo più soli a dire che con le azioni unilaterali non si ottiene niente.

Ma la prospettiva di una nuova guerra è reale?

Purtroppo è ventilata da molti.