Guerra delle monete, Giappone e Cina uniti contro il dollaro

Avete visto che lo yen, la moneta nipponica, non si sta rivalutando con il calo del dollaro? La svalutazione della moneta americana si ripercuote prevalentemente sull’euro, mentre nel passato la variabile di aggiustamento della posizione monetaria e fiscale degli Usa era appunto il Giappone. Il dollaro è ormai entrato in una nuova lunga fase di svalutazione come fu quella del 1985-1995 che culminò nella crisi asiatica. Allora a prendersi le randellate della svalutazione Usa fu soprattutto il Giappone. La piccola Asia nippoamericana nata dalle guerre di Corea e del Vietnam non poteva costituire un retroterra sicuro per le esportazioni nipponiche. Sebbene per Tokyo questa piccola Asia generasse, poco prima di entrare in crisi, un’eccedenza commerciale simile all’eccedenza del Giappone con gli Usa, questi ultimi rimanevano il partner commerciale più importante in termini assoluti. La svalutazione del dollaro quindi soffocava il Giappone e tale soffocamento fu la ragione principale della rivalutazione della moneta Usa decisa alla fine del giugno del 1995 dalle tre banche mondiali: la Federal Reserve, la Bank of Japan e la teutonica Bundesbank. La manovra di rialzo del dollaro creò la crisi asiatica dato che le monete dei paesi nippoamericani (Corea del sud, Taiwan, Thailandia, Singapore, Malaysia, Indonesia) erano legate al dollaro per ragioni di credibilità antinflazionistica.
Oggi non è più così: cherchez la Chine! Pechino è diventata il maggior partner commerciale di Tokyo. Le esportazioni e le aspettative verso la Cina sono i fattori e principali nel recente rilancio dell’economia nipponica. Gran parte di queste esportazioni è effettuata dalle multinazionali nipponiche che inviano tecnologia e macchinari per costruirvi i propri impianti sia sole che in joint ventures con società cinesi. Un’arma a doppio taglio. La Cina non abbandonerà i suoi alti tassi di crescita. Non bisogna credere alle dichiarazioni dei ministri cinesi circa la volontà di moderare lo sviluppo. Anzi, se negli anni passati parlavano di una crescita del 7%, oggi mirano ad un tasso del 9% annuo. Ne sono costretti se non vogliono che alla desertificazione e all’appestamento si sommi già da ora l’instabilità sociale. Infatti l’economia cinese crea occupazione aggiuntiva a un tasso insoddisfacente. L’Asian Development Bank ha stimato, correttamente, che con una crescita dell’8% l’espansione occupazionale risulta insufficiente ad assorbire l’esercito industriale di riserva. Quindi il paese deve crescere a un ritmo più elevato. Dato che le trasformazioni interne dipendono dalla dinamica delle esportazioni, le autorità cinesi non rivaluteranno lo yuan. Stanno acquistando dollari a man bassa. Con lo yuan fermo anche Tokyo cerca di mantenere lo yen fermo rispetto al dollaro.
Nel contesto attuale, una rivalutazione dello yen rispetto al dollaro può far saltare il surplus commerciale giapponese ma non per via delle importazioni dagli Usa, questo è escluso. La solida disciplina del capitalismo giapponese si sta sfaldando al cospetto della Cina. Un’eventuale rivalutazione dello yen, con lo yuan cinese più o meno stabile rispetto al dollaro, implicherebbe una vera cascata di investimenti nipponici in Cina con l’esplicito obiettivo di riesportare verso il Giappone e verso i mercati serviti dalla produzione proveniente dal territorio giapponese. Quindi deindustrializzazione senza contropartita in settori nuovi. Fino a oggi il Giappone è riuscito a mantenere il vantaggio nell’export rispetto all’import malgrado la crescente defezione in Cina delle sue multinazionali. In tal modo le esportazioni permettono il rilancio dell’economia e l’accumulo di redditi generati all’estero dalle multinazionali nipponiche. Questo circuito è fondamentale per il sistema finanziario di Tokyo. Di fronte alla Cina però la chiusura del circuito monopolistico giapponese sta venendo meno. Un rivalutazione dello yen farebbe crollare le dighe protettive e il capitale nipponico si preciterebbe in Cina in massa. L’integrazione del Giappone con la Cina permette oggi a Tokyo di resistere alle pressioni Usa mentre prima doveva abbozzare e manovrare in sordina. Oggi yuan e yen si trovano uniti nel combattere la svalutazione del dollaro che ricade principalmente sull’euro.