Gubbio, rinasce la Biennale di scultura

Dopo una pausa di oltre dieci anni la città di Gubbio ri-propone fino al 30 settembre una nuova e prestigiosa edizione della sua Biennale di scultura. Il giorno dell’inaugurazione – lo scorso 8 luglio – la città umbra inondata di sole sembrava intrattenere nella sobria eleganza delle sue contrade medioevali le ragioni di un’antica civiltà comunale. Questa civiltà è sicuramente la più adatta ad accogliere e conservare opere d’arte, in particolare, opere di scultura. Solidità, senso del tempo, principio di realtà opposto alle svenevolezze dell’effimero appaiono come requisiti naturali dello spazio che entra in colloquio con le opere degli artisti.
Questa la piacevole occasione che prelude al nostro colloquio con uno degli artefici principali di questo evento, Giorgio Bonomi, un tipo di intellettuale piacevolmente “vecchia maniera”, dai modi gentili ma diretti, che intervistiamo nelle sue vesti di Direttore artistico e scientifico della manifestazione.

Quali circostanze culturali ma anche politiche hanno favorito questa “rinascita” della Biennale di scultura a Gubbio, dopo una così lunga pausa?

La Biennale di Gubbio compie cinquanta anni, nel corso dei quali ha avuto alti e bassi, addirittura periodi d’interruzione. Oggi, infatti, si rilancia la manifestazione prestigiosa – qui sono passati tutti i maggiori scultori del secondo dopoguerra – dopo una pausa di dieci anni.

Forse non è casuale che a Gubbio il sindaco, Orfeo Goracci, sia di Rifondazione Comunista e che l’Assessore alla Cultura della Provincia di Perugia, Pier Luigi Neri, sia dei Comunisti italiani. Nella crisi attuale in cui il degrado “berlusconiano” ha portato la cultura nel campo della moda e delle veline, sta alla sinistra, a quella più coerente, risalire ai valori veri, in campo estetico ed etico. Come dice Bertinotti, spetta agli internazionalisti, in un periodo di globalizzazione selvaggia, essere “nazionalisti”.

Qual è la filosofia del suo progetto?

Oggi la Biennale rinasce ad una nuova vita. La prima fase, dal 1956 alla fine degli anni ’60, è stata caratterizzata dall’unità di arte e artigianato, poi, grazie ad Enrico Crispolti, la Biennale eugubina è diventata una manifestazione di sola scultura. Oggi l’iniziativa vuole essere anche più ampia, coinvolgendo le installazioni, le performances, (Tomaso Binga, Myriam Lappante) la body art, cioè le nuove forme della scultura. In sintesi, l’idea che è a fondamento del mio progetto è quella di passare dall’effimero al permanente, ritenendo inutili la maggior parte delle cosiddette “grandi mostre”, che spesso sono “grandi” solo per l’impegno finanziario, pubblicitario e per il nome di richiamo dell’artista.

Ci spieghi i contenuti degli obiettivi a breve-medio periodo che si è posto?

Convinto come sono delle funzioni scientifiche, culturali, conservative e pedagogiche, dei musei permanenti, vorrei cominciare a creare un “Museo della scultura in Italia, dal 1945 ai nostri giorni”. Dall’anno scorso chiedo agli scultori italiani, ma anche a qualche straniero, un’opera in comodato a tempo indeterminato o in donazione. Nel corso degli anni la Collezione si arricchirà sia nella sua sede all’aperto – Parco Ranghiasci – sia nei luoghi al chiuso ancora da individuare. Allo scopo sarebbe ideale il Palazzo Ducale, non solo per i suoi ampi spazi e perché contiguo al Parco Ranghiasci, ma anche perché è vuoto e la Sovrintendenza ai Monumenti non sa bene cosa farci.

Quali sono gli artisti coinvolti?

Ci sono opere di Catania, Cordero, Gallerani, Klerr, Le Parc, Mattiacci, Magnoni, Ricciardi, Spagnulo, Staccioli ed altri; mentre negli splendidi locali del Palazzo Pretorio, di quello dei Consoli e sotto il voltone di Palazzo Ducale, accanto alla “vecchia” Collezione di proprietà del Comune con Leoncillo, Franchina, A. Pomodoro, Guerrini, Somaini, N. Guidi, Alviani, Castellani, abbiamo le opere acquisite lo scorso anno (tra le quali quelle di Albanese, Carrino, Carroli, Egger, Lorenzetti, Mainolfi, Pezzi, Uncini, N. Valentini) e quelle di quest’anno come quelle di C. Bonomi, Ceccobelli, Cecchetti, Maraniello, Patella, Rotta Loria, Trotta, Uberto, Valente.

Ci parli dell’Omaggio a Spagnulo.

Ebbene, se questa Sezione è il nucleo “forte” della Biennale non sono secondarie le altre due. L’Omaggio, questa volta è a Giuseppe Spagnulo, uno dei più grandi scultori viventi, che colloca otto opere di grande spessore (fisico, per l’enorme peso, ed estetico, per la loro “bellezza”), due in altrettante piazze della città e le altre nel letto del fiume cittadino.

E i giovani?

Se le opere di Spagnulo provocano emozioni profonde, quelle dei giovani allievi delle Accademie di Belle Arti di Perugia, Firenze, Carrara, Urbino, si pongono già come mature ed assai interessanti nelle loro varietà poetiche e stilistiche.