Guantanamo, Donald Rumsfeld «va incriminato»

Il punto ormai «non è se il segretario Rumsfeld debba dimettersi, è se debba essere incriminato», si chiedono i legali di Human Rights Watch, l’organizzazione per i diritti umani con sede a New York. Secondo loro, sì: il segretario alla difesa degli Stati uniti, Donald Rumsfeld, «può essere ritenuto penalmente responsabile per la tortura di un detenuto a Guantanamo avvenuta tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003». Si tratta di un caso specifico, avvenuto tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003, su cui l’esercito americano ha poi indagato: e i rapporti di quell’indagine, usciti negli ultimi giorni, dicono che Rumsfeld vi era «personalmente coinvolto».
Il segretario alla difesa americano così è di nuovo nella tempesta. L’altro ieri il presidente George W. Bush ha interrotto le sue vacanze pasquali per difenderlo da un altro attacco, da parte di ormai numerosi ex generali dell’esercito che criticano la sua conduzione della guerra in Iraq, e ne chiedono le dimissioni. Sono ormai sei: ieri si è aggiunto a loro l’ex comandante della Nato Wesley Clark, che ha accusato Rumsfeld di arriganza. Mai, dai tempi della guerra in Vietnam, i militari avevano espresso una critica così forte ai dirigenti civili della difesa. Militari in riserva, si intende, ma tutti alti ufficiali che hanno partecipato in qualche modo all’inizio delle operazioni in Iraq: ed è diffusa la sensazione che quelli in riserva riflettano una critica crescente tra quelli in servizio attivo. Tanto che ieri è intervenuto nella contesa l’ex capo dello stato maggiore (Joint Chief of Staff), generale Richard Myers, per dire che è «inapproppriato» per dei militari, in servizio attivo o ritirati, esprimere giudizi.
Il nuovo attacco a Donald Rumsfeld però riguarda un altro fronte. Lo lancia Salon.com, giornale su internet con una solida reputazione negli Stati uniti, e riguarda i metodi di interrogatorio nel centro di detenzione di Guantanamo. Due corrispondenti del giornale on-line hanno chiesto e ottenuto, grazie alla legge sulla libertà d’informazione (Freedom of Information Act), il rapporto dell’ispettore generale dell’esercito che aveva indagato sul trattamento, che l’indagine militare definisce «degradanto e offensivo», subito da un certo detenuto di Guantanamo. Da quel rapporto si ricava che il segretario alla difesa era stato «personalmente coinvolto» in quegli interrogatori.
E’ la prima volta che un’indagine sulle violenze e abusi sui detenuti nella cosiddetta «guerra al terrorismo» conduce personalmente a Donald Rumsfeld. I fatti (vedi qui a lato) riguardano il detenuto Mohammed al-Kahtani, un uomo di al-Qaeda da cui i militari statunitensi speravano di trarre informazioni preziose su Osama bin Laden, con cui era stato in contatto. Così l’hanno torchiato, con metodi che si ritroveranno poi nelle famose foto di Abu Gheib in Iraq: costretto a stare nudo di fronte a interrogatrici donne, a indossare biancheria femminile e stare al guinzaglio. Fa notare Joanne Mariner, legale di Human Rights Watch: «Un regime di 6 settimane di privazione del sonno, esercizi forzati, posizioni stressanti, umiliazioni sessuali sono atti specificamente intesi a provocare grave dolore fisico e grave sofferenza mentale: e questa è la definizione legale di tortura».
Dal documento ottenuto da Salon.com risulta che l’indagine militare ha messo in questione ma infine assolto il generale Geoffrey Miller, controverso comandante del centro di detenzione di Guantanamo. Soprattutto, il documento chiama in causa il segretario alla difesa. Riporta infatti la dichiarazione del luogotenente generale Randall M. Schmidt, che durante l’indagine ha interrogato due volte lo stesso Rumsfeld: dichiara che il segretario alla difesa era «personalmente coinvolto» all’interrogatorio del detenuto, tanto che «telefonava ogni settimana» al generale Miller. Schmidt afferma che Rumsfeld non ha specificamente prescritto i metodi di interrogatorio più «creativi» (usati con Kahtani), ma che le politiche da lui approvate «hanno permesso che ciò avvenisse».
Human rights Watch ora chiede che il governo nomini un pubblico ministero speciale per indagare sulla responsabilità di Donald Rumsfeld e altri nel caso al-Kahtani.
Donald Rumsfeld ha più volte negato che quanto autorizzato possa aver portato a trattamenti «inumani» a Guantanamo, e il portavoce del Pentagono Jeffrey Gordon giovedì ha detto (a Salon.com) che quel detenuto è un terrorista e ha fornito sotto interrogatorio «un tesoro» di informazioni ancora segrete – come dire che l’interessamento del segretario alla difesa era giustificato. Il portavoce ha aggiunto che l’interrogatorio era «guidato da un piano ben dettagliato e condotto da professionisti», e «nulla è stato lasciato al caso». Ma questo significa anche ammettere che il trattamento duro («creativo») su Kahtani non è stato iniziativa casuale di qualche soldato che ha calcato la mano.