Grassi: “Il partito è appannato”

CLAUDIO GRASSI – INTERVISTA A LA RINASCITA, 15 aprile 2005

«Se non ci diamo una mossa, altro che programma di sinistra!». Claudio Grassi, leader dell’area dell’Ernesto vede nei non brillanti risultati elettorali di Rifondazione la conferma di quanto la sua componente va denunciando da oltre un anno: l’indebolimento e l’appannamento del profilo politico e della funzione del Prc. Se dunque saluta il voto regionale come «il segnale indiscutibile della caduta verticale di Berlusconi», di una «crisi, speriamo irreversibile, di questo centrodestra»; se giosce per il dato pugliese che «dimostra che anche un candidato comunista può avere un successo e può portare alla partecipazione attiva settori importanti della società altrimenti esclusi», non può esimersi dall’evidenziare che è mancato il terzo elemento, il successo di Rifondazione comunista, che invece «arretra pericolosamente». Un arretramento che per Grassi ha una sua spiegazione. «Abbiamo dato per scontato il nostro ingresso nell’Unione, non solo, abbiamo dato per scontato l’ingresso al governo senza aver aperto una discussione sui programmi e sugli obiettivi concreti cui condizionare questa nostra partecipazione. Il risultato di questa politica è sotto gli occhi: una riuscita insoddisfacente, al di sotto del dato delle europee e molto inferiore alle aspettative, e un grave smottamento del centrosinistra su posizioni moderate».

Proprio nel momento in cui Bertinotti candida Rifondazione a fare la sinistra del centrosinistra l’asse dell’alleanza si sposta a destra. Qualcosa non è andato per il verso giusto.

Direi proprio di sì. E’ in atto una offensiva esattamente opposta a quella che dovevamo fare noi. Le forze più grandi de l’Unione, le vere vincitrici di queste elezioni, hanno buon gioco nel sostenere che queste regionali hanno rafforzato la componente moderata del centrosinistra e che quindi bisogna costruire un programma che tenga conto di questo risultato. Oggi Rutelli e Fassino attaccano sul programma e stanno spostando l’asse programmatico a destra. Lo si vede sulla politica internazionale dove il segretario Ds apre a Bush; lo si vede sulla politica interna dove Fassino e Rutelli aprono sui temi della flessibilità e lo si vede, infine, sulla politica economica dove Prodi lancia messaggi a Monti. Insomma, qui rischiamo di ritrovarci addirittura indietro rispetto al programma del centrosinsitra degli anni Novanta.

Probabilmente quando a Venezia il segretario ha chiuso il congresso scagliandosi con forza contro le minoranze, in particolare la tua mozione, si aspettava un’altra riuscita dal voto?

Non c’è dubbio che quella durezza del segretario fosse collegata al fatto che Bertinotti prevedeva un risultato più che lusinghiero dal test elettorale. Così non è stato. Il Prc ha perso lo 0,7 per cento e quasi 400mila voti rispetto alle europee. Le previsioni ottimistiche della vigilia si sono infrante sui numeri reali. Credo che noi paghiamo il fatto di essere passati in poco tempo da un estremo all’altro, dall’irriducibilità al centrosinistra all’accordo a scatola chiusa. E’ stato un colossale errore quello di mettere il partito esclusivamente sul terreno unitario – che era ed è certamente importante – abbandonando di fatto la nostra autonomia programmatica. Sono convinto che quella linea che noi abbiamo proposto in passato e che riproponiamo ora con forza, autonomia ed unità, è quella che meglio mette in relazione e in connessione con il popolo della sinistra. La diversità di Rifondazione si è fortemente appannata ed oggi non si capisce bene quali sono le condizioni politiche di fondo rispetto alle quali il Prc è disponibile ad entrare nel futuro, eventuale, nuovo governo. Quale apporto esso possa fornire.

L’ordine del giorno delle minoranze che chiede un’iniziativa di massa per far cadere il governo Berlusconi e che giudica gravi le aperture di Prodi sulla politica economica è stato respinto dal Comitato politico nazionale con 102 voti contro 85. Bocciati sì, ma sempre più forti…

Questo è il partito. Si può far finta di non vedere, ma la realtà dei fatti è che su questa svolta governista che Bertinotti ha imposto c’è oltre il 40 per cento del partito che è contro. E più andremo avanti, più le distanze percentuali tra noi sono destinate ad accorciarsi.

Sugli organismi dirigenti alla fine avete deciso per la linea del compromesso e siete entrati in direzione.

Guarda che la nostra critica per come sono stati pensati gli organismi dirigenti, penso soprattutto alla segreteria, rimane intatta. Le modifiche statutarie approvate a colpi di maggioranza, l’idea che gli organismi esecutivi siano esclusivo appannaggio della maggioranza è una cosa grave e su cui abbiamo condotto una battaglia molto aspra. Detto questo per quel che riguarda la direzione nazionale è stata accolta una nostra richiesta di ampliamento, per cui abbiamo deciso di entrare.

Bertinotti non avendo i numeri dalla sua si lancia in profezie: Rifondazione, dice, può arrivare al 10 per cento. Intanto chiude, di fatto, le porte, alla federazione della sinistra proposta da Asor Rosa?

Solo alcuni anni fa Rifondazione è riuscita ad arrivare quasi al 9% ed i sondaggi la davano oltre il 10 per cento, dunque…

Scusa, stai parlando di un’altra Rifondazione e di un’altra epoca storica.

Era un’altra epoca, però ci sono anche oggi le condizioni perché una formazione di sinistra che si richiama agli ideali del comunismo possa arrivare e superare quelle percentuali. Detto questo credo che sia giusto ed importante costruire delle relazioni politiche, trovare tutti i luoghi possibili per unire le forze della sinistra di alternativa. La Camera di consultazione proposta da Asor Rosa e dal manifesto non può e non deve essere solo un pio desiderio, ma un luogo dove ci si possa confrontare e trovare punti in comune con le altre forze della sinistra. Punti con i quali caratterizzarci poi nel confronto programmatico che si dovrà fare con le forze moderate de l’Unione.