Grassi (Prc) ad Affari: “D’Alema e Rutelli vogliono marginalizzare il Prc”
Venerdí 06.05.2005 18:49
“Quello che Bertinotti continua a non esplicitare è una richiesta pregnante e stringente sui punti programmatici voluti da Rifondazione. Altrimenti la componente moderata del Centrosinistra fa la parte del leone sulla partita programmatica”. Così Claudio Grassi, leader dell’Ernesto, la minoranza più corposa di Rifondazione Comunista, intervistato da Affari, critica la politica condotta dal leader del Prc e ne stigmatizza la “subalternità a Prodi”. E sul presunto tentativo di Massimo D’Alema di marginalizzare il Prc, o addirittura di escluderlo dall’Unione dice: “Non è la prima volta che il presidente dei Ds e Rutelli ci provano. Le posizioni di D’Alema, come quella recente assunta sulla guerra, non aiutano a trovare un’intesa programmatica né con noi né con gli altri partiti della sinistra dell’Unione”. Sulla situazione di stallo del Prc Grassi lancia un chiaro messaggio al segretario: “Le innovazioni sulla nostra cultura politica prodotte da Bertinotti hanno stancato l’elettorato, che invece si ritiene ancora legato alla componente ideologica-identitaria e ai valori del comunismo”.
Quali sono le condizioni che Rifondazione Comunista devrebbe porre a Prodi per accettare la partecipazione del partito a un eventuale governo di Centrosinistra?
“La prima, che per noi è una precondizione, è l’impegno formale al rifiuto di ogni guerra, a prescindere da chi venga dichiarata”.
D’Alema ha parlato dell’utilizzo delle armi qualora le democrazie esistenti fossero minacciate. Neanche in quel caso prevedete l’uso della forza?
“Siamo del tutto in disaccordo con quanto hanno detto il presidente dei Ds e altri al convegno organizzato da Italianieuropei. Le guerre umanitarie non esistono. Per fare un esempio, rimaniamo contrari anche alle guerre stile Kosovo. Siamo stati contrari allora e lo siamo anche adesso”.
Sul fronte interno, invece, cosa chiedete di inserire nel programma dell’Unione?
“Vogliamo l’abolizione delle leggi più negative varate dal governo Berlusconi: la legge 30 o legge Biagi, che precarizza il mercato del lavoro, la Bossi-Fini, la controriforma delle pensioni e la legge Moratti”.
Per incrementare i salari qual è la vostra ricetta?
“Ci vuole una specie di scala mobile. Bisogna cioè introdurre un meccanismo automatico di recupero degli stipendi e delle pensioni per difendersi dall’aumento continuo del costo della vita. In questi ultimi 10 anni c’è stata una redistribuzione della ricchezza prodotta nel Paese, che è andata a vantaggio delle rendite e dei profitti. E tutto ciò ha determinato condizioni di povertà anche tra i lavoratori”.
In tema di lavoro cosa proponete?
“Facciamo nostra una proposta della Fiom. Ci vuole una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro. I lavoratori, con il loro voto, devono avere l’ultima parola sui contratti, che quindi non devono essere avallati solo dai rappresentanti sindacali”.
E per il Sud?
“Per combattere la disoccupazione proponiamo di creare un’agenzia per il lavoro che raccolga risorse nazionali ed europee al fine di realizzare obiettivi rispettosi dell’ambiente. Certamente non vogliamo il Ponte sullo Stretto, ma siamo a favore di progetti che riescano a dare una risposta alle esigenze di lavoro del Mezzogiorno”.
Bertinotti approva questi punti?
“Su questo tutto il partito è d’accordo. La differenza è che Bertinotti ha ritenuto di non dover porre questi punti come elemento di condizione prima di decidere l’ingresso nell’Unione. Si è un po’ invertita la politica che ci ha sempre caratterizzato, ovvero prima si tratta e si discute sul programma e poi si decide se entrare o meno in un governo. Il discorso fatto a Venezia dal segretario del Prc, entrare in un’alleanza e poi condizionarla, è sbagliato”.
Ultimamente, però, Bertinotti ha alzato la voce chiedendo di contare di più nell’Unione…
“Con l’intervista al Manifesto il segretario ha colto questo problema. Purtroppo abbiamo perso tempo, ma quello che si continua a non esplicitare è una richiesta pregnante e stringente sui punti programmatici di cui sopra. Altrimenti la componente moderata del Centrosinistra fa la parte del leone sulla partita programmatica”.
Non le sembra che D’Alema voglia marginalizzare o addirittura escludere Rifondazione dall’Unione?
“Non è la prima volta che ci prova. Le sue posizioni, come quella recente sulla guerra, non aiutano a trovare un’intesa programmatica, né con noi né con gli altri partiti alla sinistra dell’Unione. Credo che ci siano altri che nel loro intimo auspicano un ridimensionamento del Prc. Mi riferisco a Rutelli e alla componente più moderata del Centrosinistra. Ma le ultime elezioni hanno dimostrato che senza Rifondazione non si battono le destre”.
Però Rifondazione ha perso voti il 3-4 aprile. Come se lo spiega?
“Ha influito l’accettazione a scatola chiusa dell’alleanza con Prodi. Essere passati dall’estremo della non accettazione dell’alleanza col Centrosinistra a una posizione di subalternità a Prodi ha disorientato il nostro elettorato”.
Nella vostra base serpeggia un po’ di malessere…
“Le innovazioni sulla nostra cultura politica prodotte da Bertinotti hanno stancato il nostro elettorato che, invece, si ritiene ancora legato alla componente ideologica-identitaria che si richiama ai valori del comunismo. Queste cose messe insieme ci hanno fatto perdere voti”.
Bertinotti vuole che il programma dell’Unione parta dalla democrazia partecipativa incarnata dai movimenti, ma questi sembrano essere sempre più distanti dal nuovo corso bertinottiano…
“Una parte dei movimenti è sicuramente critica nei confronti del segretario. Ma bisogna distinguere. Ci sono movimenti radicali, come i disobbedienti e il sindacalismo di base, che sono contrari al nuovo corso, mentre ce ne sono altri, come la Cgil, l’Arci e la Fiom, che sono più vicini alle posizioni dei Rifondazione. Comunque, siamo d’accordo sul fatto che sia necessario dare voce ai movimenti nella costruzione del programma, ma…”.
Dica…
“Noi contestiamo il fatto che Rifondazione non si debba limitare a questo. Il Prc, essendo la parte più a sinistra dello schieramento, deve aprire un’offensiva programmatica nei confronti dei tentennamenti del Centrosinistra”.
Ultimamente il Prc sembra esser stato scavalcato a sinistra dal Pdci, per esempio sul tema del ritiro delle truppe dall’Iraq. Anche lei ha avuto questa sensazione?
“C’è una concorrenza che induce a scelte in alcuni casi strumentali. E’ però vero che Rifondazione, sul ritiro dall’Iraq, avrebbe dovuto avere più fermezza nei passaggi in cui si è discusso in Parlamento”.