Grande successo per i diritti civili e la potente associazione ACLU

(Tratto da Punto Informatico del 5 ottobre 2006)

Washington (USA) – Venerdì scorso, dopo un’attesa di circa tre anni, un giudice federale ha finalmente riconosciuto il pieno diritto dell’American Civil Liberties Union di proseguire con l’azione legale – iniziata nel 2003 – che vuole dimostrare l’incostituzionalità del Patriot Act, la più controversa disposizione normativa nata all’indomani dell’11 settembre.

L’amministrazione Bush ha tentato di far annullare il processo, ma il giudice Denise Hood ha rigettato la richiesta. Secondo le 15 cartelle della sentenza, i clienti di ACLU, che comprendono organizzazioni musulmane e associazioni non profit, sarebbero stati danneggiati dalla sezione 215 del Patrioct Act. Nello specifico si tratta di norme che violerebbero il Primo e il Quarto Emendamento che proteggono le libertà civili e il diritto di privacy.

Nella denuncia si evidenziano cinque gravi violazioni costituzionali:
– FBI può procedere con ricerche investigative anche se non si è in presenza di crimini o spionaggio
– FBI può procedere con indagini senza informare il sospettato
– FBI può procedere con sequestri di proprietà senza mandato
– Gli indagati non possono informare nessuno sulle azioni di sequestro subite (emendato nel Patriot Act 2.0)
– FBI può investigare su un soggetto basandosi anche solo ed esclusivamente sulla libera espressione dei propri diritti civili (parola, libera associazione, religione)
Il processo, quindi, potrà andare avanti e, sempre secondo Hood, gli avvocati di ACLU disporranno di 30 giorni per aggiornare la denuncia precedentemente depositata, in relazione agli ultimi emendamenti del Patrioct Act – approvati dal Congresso lo scorso marzo. Il Governo, non a caso, aveva basato la sua richiesta di annullamento proprio su queste nuove “correzioni”, che dovrebbero rendere l’impianto normativo totalmente costituzionale. ACLU, ovviamente, la pensa diversamente e con lei numerosi deputati dei Democrats.

“La legge è stata riformata superficialmente e non vi è stato nessun miglioramento che preluda ad una migliore salvaguardia delle libertà civili. Una delle norme più criticate infatti è rimasta: gli enti federali inquirenti potranno continuare a sequestrare beni tangibili, come archivi e documenti, per le indagini di intelligence, senza bisogno di mandato. Inoltre è stato chiarito che sia gli agenti di spionaggio che anti-spionaggio potranno condividere le informazioni raccolte con le forze di polizia per indagini criminali”, aveva denunciato la primavera scorsa Dennis Kucinich, deputato dell’Ohio.

Ma non è la prima volta che il Patriot Act si ritrova al centro del dibattito costituzionale: già nel 2004, la prima versione della legge era stata aspramente criticata dal giudice federale Victor Marrero.

Il direttore esecutivo della sezione ACLU del Michigan, Kary Moss, è soddisfatta del pronunciamento. “Il giudice ha confermato la nostra tesi – ha spiegato – ovvero che i nostri clienti hanno sofferto in concreto degli effetti del Patriot Act. Sosteniamo da tempo che la legge sia in conflitto con i diritti costituzionali; vi sono ancora alcune gravi lacune che non sono state affrontate dagli emendamenti”, ha dichiarato Moss. “Ad esempio, anche se adesso un’azienda può consultarsi con un avvocato prima di procedere con la consegna dei dati riguardanti le operazioni di un cliente o di un dipendente, vi sono ancora alcune limitazioni. Non può, infatti, divulgare o denunciare l’accaduto prima di un anno, riducendo di fatto la capacità di azione legale”.
Secondo Moss, comunque, il problema più serio riguarda la possibilità del Governo di ottenere il sequestro di dati senza giusta causa certificata dalla Foreign Intelligence Surveillance Court di Washington. Insomma, la totale libertà di azione degli enti inquirenti continua ad essere il centro nevralgico della questione.