Gli zingari di Opera torneranno nel campo

Gli zingari di Opera hanno trascorso il natale nei locali della Casa della Carità, ospiti di don Virginio Colmegna. A dir la verità in quel piccolo comune di 16 mila abitanti non ci avevano ancora messo piede, perché la tendopoli provvisoria allestita dalla Protezione civile è stata bruciata dal Comitato anti-zingari ancora prima di essere abitata: mai come in questo caso, dunque, è davvero improprio parlare di «esasperazione» dei cittadini. Nel frattempo le famiglie (70 persone e 30 bambini) trascorrono parte della giornata insieme, ma di notte si separano: donne e bambini nel dormitorio pubblico di viale Ortles, gli uomini nei locali della Prefettura, in via Barzaghi. Una separazione che pesa moltissimo, e che potrebbe durare ancora una notte, perché comunque a Opera torneranno. Forse domani stesso.
«Il Comune di Milano, il comune di Opera, la Provincia di Milano e la Prefettura – spiega don Massimo Mapelli della Casa della Carità – hanno detto che si andrà avanti. Domani dovrebbe cominciare la costruzione del campo, e speriamo che questa volta avvenga in tutta sicurezza. La situazione è ancora tesa ma in questi giorni si sono fatti avanti gruppi di giovani che si sono detti pronti a voler discutere di accoglienza. Oggi si riunisce un gruppo di cittadini che dice sì al campo nomadi, speriamo che non si inasprisca nuovamente il clima tra pro e contro…».
Il raid razzista della scorsa settimana, guidato da leghisti e post-fascisti, ma portato a termine anche da volonterosi cittadini che si dichiarano tranquillamente di centrosinistra, ha scosso il piccolo comune dell’hinterland milanese. Nessuno si nasconde che la cittadinanza sia spaccata, ma almeno nelle ultime ore sta prendendo voce anche chi pensa alla «futura convivenza civile, prima di tutto per la sicurezza dei nomadi che si insedieranno». Lo scrive il neonato Comitato per il sì all’accoglienza, in un documento in cui insieme all’inquietudine per i gravi episodi – «aggravati comunque dalla mancanza di intervento delle forze dell’ordine che hanno in pratica permesso una manifestazione non autorizzata con distruzione di proprietà pubbliche» – si descrive anche una comunità che altre volte nel recente passato «ha dimostrato una sensibilità e vivacità sociale importante proprio sui temi relativi all’incontro con l’altro».
Nei prossimi giorni ci sarà da lavorare in questa direzione, perché il fallimento dell’esperimento di Opera potrebbe vanificare quella inedita forma di reale collaborazione tra Comune e Provincia di Milano. «Il Comune di Milano – spiega Patrizia Quartieri, consigliere comunale del Prc a Palazzo Marino – sa che non può fare fronte al problema senza la collaborazione della Provincia. L’obiettivo è partire da questa esperienza per allestire tanti piccoli campi di non più di 100 persone su tutto il territorio milanese, per questo Opera può davvero rappresentare un segnale di svolta, e mi sembra che la volontà politica ci sia».
La prossima «emergenza», a Milano, si chiama via Triboniano, un campo dove sopravvivono a stento 800 zingari. Convinti gli operesi, con le buone o con le cattive, presto bisognerà verificare la disponibilità all’accoglienza di altri comuni. «Questa è la scommessa».