Gli operai Thyssen: ci hanno abbandonato

Poche ore alla sentenza di primo grado del processo Thyssen. Al procedimento per il rogo che nel 2007 causò la morte di sette operai resta un solo da sciogliere, quello sul “dolo eventuale” per un incidente sul lavoro, finora mai applicato in Italia. Mercoledì 13 aprile a Torino si è tenuta la penultima udienza con le repliche della difesa; venerdì la Corte d’Assise si ritirerà in Camera di consiglio e la sentenza dovrebbe arrivare entro la serata. I pm hanno chiesto 16 anni e mezzo di reclusione per il principale imputato, l’amministratore delegato della società tedesca Harald Espenhahn. Gli altri cinque imputati sono accusati di omicidio colposo (senza il dolo eventuale).

La città attende da tre anni la sentenza, che arriva proprio nel mezzo della campagna elettorale per il nuovo sindaco. Perciò gli operai della fabbrica tedesca, costituiti parte civile al processo, hanno scritto una lettera aperta ai candidati Vittorio Bertola, Yuri Bossuto, Michele Coppola, Piero Fassino. Nonostante un accordo del luglio 2007 con enti locali e azienda, oggi sono ancora senza un lavoro. Ora chiedono aiuto alle isitituzioni locali.

“Per la prima volta in Italia – si legge – ci siamo costituiti parte civile contro una multinazionale come la ThyssenKrupp, che ha subito fatto ricorso a meschinità di ogni genere”. Negli ultimi tre anni, “noi lavoratori, che abbiamo portato avanti con coraggio e determinazione una giusta battaglia per la verità la giustizia, siamo stati completamente abbandonati dalle istituzioni di questa città. Abbiamo ottenuto due proroghe degli ammortizzatori sociali, ma il nostro obiettivo principale era e rimane un lavoro sicuro e dignitoso, come avvenuto per altri colleghi (assunti a tempo indeterminato per es. in Amiat e Alenia Aerospazio)”.

Questa discriminazione, prosegue la lettera, “è avvenuta anche grazie al Comune di Torino, che si è reso responsabile della ricollocazione di decine di operai in Amiat (nessuno costituito parte civile), cosa ancora più grave perché a discriminare è un’istituzione, che dovrebbe invece garantire i diritti di tutti i cittadini, senza distinzioni”. A tutti i candidati, gli operai chiedono di inserire nel programma la questione del rilancio del lavoro e di scongiurare gli “appetiti speculatori” intorno all’area della fabbrica. “Noi che abbiamo visto chiudere in maniera così tragica la nostra fabbrica e abbiamo perso anche il posto – concludono – sappiamo bene quanto sia difficile vivere in una situazione così precaria”.