La presenza delle truppe in Iraq e in Afghanistan sta infiammando il Parlamento. E mina la coesione della compagine governativa. La differenza negli scopi e nelle modalità delle due missioni non è condivisa in toto dalle forze del centrosinistra: quelle collocate all’ estrema sinistra, sia pur con motivazioni variegate, tendono ad assimilare le due situazioni. E l’ opinione pubblica? Il tratto prevalente è, al solito, quello di un’ informazione insufficiente o parziale. Gran parte non ha chiare le differenze tra la situazione dei due paesi e tende a giudicare allo stesso modo la presenza dei soldati italiani. Senza conoscere e capire la diversità del nostro impegno e delle circostanze in cui esso ha luogo. Per questo motivo, la maggioranza assoluta proietta sul caso afgano l’ opinione già maturata negli ultimi anni sull’ Iraq. Più del 60 per cento auspica il ritiro dai entrambi i paesi. A questi si possono, da un certo punto di vista, accostare coloro che (23 per cento), al contrario, ritengono opportuno che le nostre truppe restino sia in Iraq che in Afghanistan. Solo una minoranza distingue le due situazioni. Tra costoro prevale (ma supera di poco il 6 per cento) chi conviene che si debba rimanere solo in Afghanistan. Naturalmente, l’ atteggiamento muta in modo rilevante a seconda dell’ orientamento politico. Ma, sia tra gli elettori del centrodestra, sia (in misura più rilevante) tra chi è orientato al centrosinistra, si conferma l’ esistenza di una netta maggioranza che auspica un ritiro da entrambi i paesi. Insomma, anche tra chi sostiene i partiti di governo l’ opzione «restiamo solo in Afghanistan» è condivisa da meno del 10 per cento (concentrato ovviamente perlopiù tra l’ elettorato dell’ Ulivo). La distinzione tra i paesi è condivisa in misura maggiore (ma sempre minoritaria) tra i giovani. Gli under 25 appaiono in generale più favorevoli alle missioni all’ estero delle nostre truppe. Nel loro insieme, questi dati mostrano come tematiche complesse quali la politica estera comportano una diffusa difficoltà di comprensione. E costringono gran parte degli elettori a semplificare in qualche modo la questione per poter esprimere un giudizio compiuto. Di qui l’ opportunità che i media, oltre a riportare le cronache dello scontro politico-parlamentare in atto, forniscano ai cittadini una più ampia e, al tempo stesso, semplice, informazione «di base».