Da oggi a Roma, alla Casa dei Teatri, una mostra fotografica sugli anni delle lotte degli attori
Nel 1960 fecero chiudere la Rai per tre giorni per protestare contro i contratti capestro che non garantivano i diritti più elementari
1949: con Gino Cervi scesero in piazza altri sessantamila per il sostegno statale al cinema italiano penalizzato dal piano Marshall
ROMA – Per i giornali erano «gli scioperanti in Cadillac». Loro erano Gino Cervi, Enrico Maria Salerno, Arnoldo Foà, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Gian Maria Volonté: nel ´60 fecero chiudere la Rai per tre giorni. Nessun sussidio di disoccupazione, niente maternità per le attrici, nessun diritto, e niente soldi sulle repliche. Contratti capestro che mortificavano i grandi – Gassman e Mastroianni lottarono per non essere più doppiati – e strangolavano quelli che si mantenevano con teatro e televisione.
La mostra «Attori sulle barricate», che si apre oggi alla Casa dei Teatri di Roma promossa da Cgil, Cisl e Uil, dal Comune e dall´associazione Enrico Maria Salerno ricorda le battaglie di tanti personaggi, da Eleonora Duse a Anna Magnani, una delle pioniere delle rivendicazioni del Dopoguerra. Nel ´49 scese in piazza con De Sica, Cervi e sessantamila lavoratori dello spettacolo chiedendo un sostegno statale al cinema italiano, penalizzato dagli accordi del piano Marshall che privilegiava l´afflusso di pellicole straniere. Caricati dalle camionette della polizia, difesi dai furgoni delle maestranze cinematografiche, chiusero la manifestazione in piazza del Popolo, sul palco c´era il grande leader sindacale Giuseppe Di Vittorio. Fecero capitolare Giulio Andreotti, all´epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: due mesi dopo emanò il primo di una serie di decreti che accolse buona parte delle loro richieste. Ma la strada era ancora lunga se alla fine degli anni Cinquanta a un´operaia l´Inps pagava le quattro settimane post parto, mentre un´attrice doveva precipitarsi in scena col bebè di una settimana in camerino per non perdere il posto. Qualcosa cambiò nel 1960 quando nacque la Sai, la società di attori italiani, primo organo somigliante a un sindacato per i lavoratori dello spettacolo. «Il primo atto di protesta? Quando abbiamo “spento” la Rai per tre giorni rifiutandoci di comparire in tv. Risultato? Per due anni feci la fame: niente più televisione, bandito dal video. Mi rimasero i fotoromanzi e il teatro». Arnoldo Foà ricorda così quel famoso sciopero che fece con Cervi, Mastroianni e gli altri fondatori della Sai.
«La Rai mandava in onda le repliche delle nostre trasmissioni, ma a noi non arrivava nulla, perché? Era ed è pagata dal pubblico, perché tanti problemi con i soldi?». Foà s´infuria ancora, ma ricorda quando convinse De Sica a partecipare allo sciopero chiamandolo al casinò di Montecarlo ai tempi in cui il regista sosteneva di non essere più cittadino italiano, o di quando passò sopra al tradimento della sua compagna con Enrico Maria Salerno: «Bisognava essere uniti nella lotta, e decidemmo di lasciar perdere, in fondo era colpa di lei».
A dare assistenza giuridica, e molto di più, al movimento c´erano Alberto Cortina, Andrea Alatri e Giovanna Cau: «Giovani avvocati alle prime armi che avevano ricavato il loro studio nel mezzanino di un palazzo di via Romagnosi, dietro piazza del Popolo», racconta la Cau, ancora in prima linea nelle battaglie dello spettacolo. «Ricordo benissimo le nostre riunioni, sembravamo dei carbonari: ci chiudevamo nello scantinato del palazzo con Volonté, Salerno e tutti gli altri a discutere sulle azioni del Sai fino alla decisione di scioperare contro la Rai». Lo scenario era incredibile: la strada occupata dagli attori con gli avvocati che lanciavano dalle finestre supplì e pezzi di pizza «perché questi dovevano pur mangiare. E tutto mentre gli snobbissimi marchesi de Fonseca, che abitavano ai piani superiori, assistevano alla scena divertendosi come pazzi». Alla fine la Rai pagò, ma lo scenario, dice dolente la Cau «è ancora amaro: altrimenti perché un film come Viva Zapatero! di Sabina Guzzanti sta sbancando il botteghino?».