Gli arabi e gli Stati Uniti: illusioni effimere

Traduzione di l’Ernesto online

*Sergio I. Mona Meya è Professore dell’Università di Costa Rica, autore di “Medio Oriente imagen y conflicto”

Solo il 16% degli arabi nutrirebbe ottimismo nei confronti della politica di Obama

Al momento del memorabile discorso che il presidente Barack Hussein Obama pronunciò all’Università del Cairo nel giugno 2009, era parso che si fosse aperta una nuova relazione tra gli Stati Uniti e i popoli arabi e musulmani. In quell’occasione, il carismatico presidente si era riferito ad un “nuovo inizio” nella relazione, che implicava rispetto e disposizione al dialogo. Obama affermò che gli USA “non erano in guerra con l’Islam”, chiese di porre fine alla reciproca ostilità e riconobbe “che la situazione del popolo palestinese era intollerabile” (1). Inoltre, ordinò la chiusura della base di Guantanamo, nominò un arabo nordamericano (George Mitchell) come suo inviato speciale in Medio Oriente, concesse la sua prima intervista televisiva a una catena araba (Al-Arabiyya), e si unì all’iniziativa del Dialogo delle Civiltà, patrocinata dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. Questa retorica della buona volontà generò una certa fiducia tra i popoli arabi. Fino alla metà del 2009 il 51% degli intervistati dal Brookings Institute in sei paesi arabi (Egitto, Arabia Saudita, Marocco, Giordania ed Emirati Arabi) esprimeva ottimismo rispetto alla politica estera di Obama.

La conquista dei cuori e delle menti di costoro pareva essere sulla buona strada dopo che fattori come le invasioni di Iraq e Afghanistan, la retorica islamofoba dei dirigenti del partito repubblicano e l’incondizionato appoggio nordamericano a Israele, avevano drammaticamente indisposto arabi e musulmani nei confronti delle politiche degli USA.

Un anno dopo il “nuovo inizio” promesso da Obama, le speranze degli arabi su un cambiamento nella politica degli USA verso la regione sono svanite. L’ultima inchiesta, resa nota dal Brookings Institute all’inizio di agosto, rivela che ora solo il 16% dei consultati esprime ottimismo di fronte alle politiche nordamericane, mentre il 63% mostra scoraggiamento (2). Lo stesso Obama non compare neppure tra i dodici leaders politici più ammirati nella regione, tra cui figurano personaggi come Recep Tayyip Erdogan (20%), il presidente venezuelano Hugo Chávez (13%), il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad (12%) e il Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah (9%).

Ma questo non è tutto. L’amministrazione Obama non è stata neppure capace di convincere l’opinione pubblica di questi paesi che la “principale minaccia” alla sicurezza della regione è l’Iran e il suo programma nucleare. Di fronte alla domanda “quali paesi rappresentano per voi la maggiore minaccia?”, l’88% pensa che sia Israele, il 77% gli Stati Uniti e appena il 10% vede l’Iran come una minaccia. Inoltre, una schiacciante maggioranza nei sei paesi crede che la Repubblica Islamica abbia diritto di sviluppare un programma di energia nucleare e se, mentre un anno fa solo il 29% degli intervistati riteneva che l’acquisizione di armi nucleari da parte dell’Iran fosse “qualcosa di buono per il Medio Oriente”, nel 2010 coloro che la pensano così sono il 57%.

A cosa si deve questo cambiamento impressionante di opinione? La “buona volontà” di Obama semplicemente non si è tradotta in fatti concreti che convincano i popoli arabi che gli USA possano rappresentare un alleato affidabile, equanime e impegnato per una soluzione pacifica e giusta dei diversi conflitti della regione. Come rileva l’inchiesta del 2010, l’argomento che più genera delusione verso le politiche degli Stati Uniti, è il conflitto israelo-palestinese: il 61% si sente deluso dalla gestione degli USA nella ricerca di una soluzione giusta al conflitto. Nonostante i già innumerevoli e sempre più inutili viaggi nella regione dell’inviato speciale del presidente, George Mitchell, l’Amministrazione Obama non solo non ha dato alcun contributo significativo alla resurrezione del processo di pace, ma non è neppure riuscita ad impedire l’avanzata della colonizzazione illegale israeliana in Cisgiordania né si è differenziata dai governi repubblicani, nella sua dipendenza dai gruppi di pressione filo-israeliani, come l’American Israel Public Affairs Committee, AIPAC, che si oppongono ad una pace giusta con i palestinesi.

Dopo il conflitto israelo-palestinese il tema dell’Iraq è quello che genera più malcontento (27%). Sebbene Obama abbia promesso che le truppe nordamericane lasceranno l’Iraq prima del 2011 e che con la fine di agosto di quest’anno cesseranno tutte le operazioni di combattimento, per nessuno è un segreto che la situazione nel paese continua ad essere caotica e che l’occupazione nordamericana ha lasciato il paese devastato, al punto che le perdite civili in Iraq sono ancora più elevate che in Afghanistan, dove gli USA conducono una guerra (impossibile da vincere) contro i talebani.

Ma, nonostante la disillusione nei confronti del governo Obama, sembra che gli arabi riconoscano il ruolo protagonista che hanno gli USA nel conseguimento della pace nella regione. Quando si domanda “quali sono le azioni che gli Stati Uniti dovrebbero condurre nella regione”, emergono la promozione di un accordo di pace tra palestinesi e israeliani, il ritiro dall’Iraq, frenare l’aiuto ad Israele e il ritiro delle truppe dall’Arabia Saudita, la cui presenza è vista da alcuni musulmani come un sacrilegio.

Risulta pure interessante la risposta alla domanda “in un mondo in cui esiste un’unica superpotenza, quale paese preferirebbe fosse tale superpotenza?”. Il 36% segnala la Francia, mentre Cina, Germania e Inghilterra ricevono il 15%, il 12% e il 9% rispettivamente. Molto indietro si piazzano gli Stati Uniti con appena il 6%.

L’inchiesta costituisce un importante richiamo dell’attenzione da parte di coloro che prendono le decisioni a Washington, sebbene non si abbiano prove serie che l’Amministrazione Obama possa reindirizzare la sua politica verso il Medio Oriente in sintonia con i desideri dell’opinione pubblica dei paesi arabi. Ciò semplicemente non succederà, dal momento che i potenti interessi che sostengono lo status quo trascendono di molto la retorica seduttrice e l’apparente buona volontà di Obama.

NOTE

(1) Remarks by the president on a new beginning, Cairo University, Cairo, Egypt http://www.whitehouse.gov/the-press-office/remarks-president-cairo-university-6-04-09

(2) 2010 Arab Public Opinion Poll: Results of Arab Opinion Survey Conducted June 29-July 20, 2010 http://www.brookings.edu/reports/2010/0805_arab_opinion_poll_telhami.aspx