Caro direttore,
non vi è dubbio che la maggioranza di centrodestra che ha governato e sta governando il paese abbia scelto in questi anni, il tema della riforma della giustizia quasi ed esclusivamente come quello della “rivincita” della politica sulla giustizia (penale, innanzitutto, ma non solo) tutto inscritto nei limiti della eterodirezione, della subordinazione gerarchica, della omologazione conservativa della giurisprudenza. Così è stato per la controriforma dell’ordinamento giudiziario approvata ieri dalla Camera. Un disegno che non risolve i reali problemi della giustizia(accesso, celerità, efficienza) che introduce addirittura norme “contra personam”, e che contrasta con il modello previsto dai costituenti, i quali pensarono la magistratura come potere autonomo, indipendente dal potere politico, ma già chiaramente prefigura un altro modello costituzionale, anzi ne è l’anticipazione operata con legge ordinaria. La politica della Giustizia dell’attuale governo, oltre all’adozione di provvedimenti orientati alla salvaguardia dei soliti interessi particolari e non generali (è, peraltro, in fase di approvazione la legge Cirielli che accentuerà il carattere classista e premiale della giustizia italiana), è stata ed è soprattutto il tentativo di affermare un altro rapporto fra magistratura ed altri poteri dello stato, un altro modello di giudice, un’altra funzione del processo. Reintrodurre, infatti, principi di gerarchizzazione, avocazione e intimidazione sanzionatoria sono i segni inquietanti di un altro modello
costituzionale. Sostenere l’autonomia della magistratura italiana e il principio dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge non significa rinunciare elle eventuali modifiche ad un sistema, quello dell’ordine giudiziario, che risale al 1941. Certamente, in caso di vittoria dell’Unione alle elezioni politiche del 2006, occorrerà provvedere all’immediata abrogazione della contoriforma Castelli e delle altre leggi “ad personam” adottate in tema di giustizia in questi anni, senza rinunciare perÚ all’esercizio di un’azione riformatrice che restituisca al paese una giustizia accessibile economicamente, celere, e garantita affidata a magistrati indipendenti e terzi, attrezzati professionalmente, disciplinarmente responsabili e soprattutto non delegittimati.
*Responsabile Giustizia della Federazione di Milano del PRC