Oggi lo sciopero dei magistrati. Il presidente dell’Anm Riviezzo: il governo rifiuta ogni confronto sul nuovo ordinamento giudiziario. Ascolti almeno i dubbi della sua maggioranza
Muro contro muro. Oggi i magistrati scioperano per la quarta volta contro la legge delega di riforma dell’ordinamento giudiziario. Nelle stesse ore il governo accelera. Chiude in fretta le votazioni in commissione, dalla prossima settimana il ddl Castelli sarà in aula alla camera. Con i tempi della discussione contingentati e l’intenzione dell’esecutivo di porre la questione di fiducia. Per bloccare ogni possibilità di manovra a chi nella maggioranza esita. «La fiducia sarebbe un’ulteriore e definitiva chiusura a ogni tentativo di dialogo», dice Ciro Riviezzo. Cinquantadue anni, giudice a Lanciano, napoletano, Riviezzo è da poco più di due mesi il successore di Edmondo Bruti Liberati alla carica di presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Il sindacato delle toghe al quale aderisce circa il 90% dei magistrati. Responsabilità doppia: Riviezzo è del Movimento per la giustizia ed è solo la seconda volta che un magistrato di questa corrente assume l’incarico da quando, nel 1988, furono fondati i “verdi”. Ma la prima, nel 1998, fu una catastrofe: fresco di nomina Mario Almerighi diede un’intervista al Corriere della sera nella quale faceva le pagelle ai possibili ministri della giustizia del nascente governo D’Alema. Per le polemiche fu costretto a dimettersi neanche 48 ore dopo l’insediamento.
Forse per questo Riviezzo risponde alle domande con molta cautela. Sui nuovi provvedimenti antiterrorismo non vuole dare giudizi precisi fino a quando Pisanu non presenterà un testo di legge. «Le dichiarazioni del ministro mi sembrano ancora molto generiche», dice. Nemmeno sull’idea di raddoppiare la durata del fermo di polizia vorrebbe esprimersi: «Non so neanche se è di nostra competenza». Perché no? Chi altri dovrebbe preoccuparsi se cresce il ruolo della polizia giudiziaria a danno della magistratura? «Certamente l’Anm interverrà contro ogni limitazione dei diritti costituzionali e delle prerogative dei magistrati».
Ordinamento giudiziario. Quello di oggi è il quarto sciopero dei magistrati in tre anni. Perché vi preoccupa tanto una riforma che per entrare in vigore ha comunque bisogno dei decreti delegati? La legislatura si avvia alla conclusione, e in ogni caso diversi esponenti del centrosinistra promettono di cancellarla? Cos’è, non vi fidate?
Intanto dobbiamo confrontarci con gli interlocutori di oggi, il governo e il parlamento legittimamente in carica. Poi è chiaro che ci auguriamo che chi vincerà le prossime elezioni cancelli questa riforma, e prendiamo atto con soddisfazione delle dichiarazioni pubbliche e dei documenti in cui l’opposizione di oggi ha espresso esattamente questa intenzione.
Qualche ritocco lo farebbero anche alcuni parlamentari di centrodestra. I magistrati sperano ancora in qualche modifica?
Emendamenti della maggioranza sono stati presentati e anche se sono stati subito ritirati confermano che le nostre preoccupazioni trovano un consenso ampio che va oltre l’opposizione. Proprio per questo si deve aprire finalmente una discussione seria e affrontare queste perplessità prima di approvare una riforma che produrrebbe danni molto gravi.
Aprire la discussione dice lei, il ministro Castelli risponde che di questa legge si discute da quattro anni.
E noi diciamo che sono quattro anni che non si discute. Nel senso che ogni volta che è stato possibile aprire un tavolo di confronto, avviare un dialogo, introdurre delle modifiche e delle correzioni, c’è stato o un voto di fiducia o un maxi emendamento o il contingentamento dei tempi, è stato cioè sempre opposto da parte del governo un rifiuto pregiudiziale a qualsiasi modifica anche ragionevole, anche quando era avanzata da esponenti della stessa maggioranza.
E se al vostro sciopero il governo replicasse con una nuova fiducia?
Sarebbe la prova della volontà di chiudere ogni possibilità di dialogo. E la conferma che il livello di conflittualità che si è raggiunto in questi quattro anni di legislatura è insopportabile. Insopportabile.
Come se ne esce?
Tornando a un confronto nel merito delle proposte, non opponendo rifiuti pregiudiziali a ogni critica, facendola finita con queste riforme portate avanti con uno spirito rancoroso e con l’intenzione di andare contro i giudici.
Risponda a chi dice che i magistrati sanno solo dire di no: quale sarebbe la prima cosa che dovrebbe fare il prossimo ministro della giustizia?
Intervenire subito sul problema della riorganizzazione. Più risorse per l’ufficio del giudice, per il personale amministrativo. Mettere l’apparato in condizione di funzionare più rapidamente.
Troppo facile chiedere più soldi.
Ma è quello che servirebbe per velocizzare i tempi della giustizia. Oltre a un intervento sui codici di procedura per snellirli e semplificarli. E poi noi magistrati non abbiamo mai detto che una riforma dell’ordinamento giudiziario non sia necessaria. Ma deve andare nella direzione opposta di questa che è pessima. Abbiamo fatto proposte sugli avanzamenti di carriera, sulle valutazioni di professionalità, sul sistema disciplinare e anche sulla distinzione delle funzioni tra pubblici ministeri e giudici. Non sono state mai prese in considerazione.
E la riforma del Csm?
E’ vero che oggi, come ha detto il capo dello stato, il consiglio superiore fatica a funzionare. Ma questo è anche il risultato di una legge elettorale del consiglio che ha ridotto il numero dei componenti. Legge sbagliata che oggi è criticata da tutti, anche da chi l’aveva sostenuta. Noi proponiamo che si torni ai trenta membri e al vecchio sistema elettorale che consentiva ai magistrati di esprimere una rappresentanza proporzionale delle varie correnti, come è previsto dalla Costituzione.
Che si aspetta dalla giornata di oggi?
Sono sicuro che la magistratura saprà essere ancora una volta compatta contro un progetto di riforma largamente incostituzionale.