Per sapere come sarà la sua pensione futura, un ventenne che oggi si affaccia sul mondo del lavoro deve fare un ragionamento semplice, semplice. Considerare che la sua ultima busta paga sarà tagliata a metà. Certo a quel punto, la previdenza integrativa sarà forse decollata, ma la prospettiva di quella caduta al 50% già preoccupa molto i sindacati.
II calcoli sono ufficiali: li ha elaborati la Ragioneria generale dello Stato nel rapporto sulle «Tendenze di lungo periodo del sistema pensionistico e della sanità» pubblicato a marzo e confluite nella elaborazioni trasmesse ieri al governo dal Nucleo di valutazione sulla spesa previdenziale. Considerata la revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo (l´insieme dei contributi versati dal lavoratore) – prevista dalla riforma Dini ogni dieci anni per tenere conto dell´innalzarsi delle prospettive di vita – la tendenza futura dell´«assegno» è rigorosamente al ribasso. Basandosi sulle percentuali individuate dai tecnici, la pensione «teorica» di un giovane che nel 2050 lascerà il lavoro dopo 35 anni di contributi – secondo il rapporto – si limiterà al 51,6 per cento dell´ultimo stipendio. Con la normativa attuale – senza toccare i coefficienti – si fermerebbe al 63 per cento.
Certo si tratta di stime teoriche, da qui al 2050 le regole potrebbero ulteriormente cambiare e i coefficienti saranno comunque ulteriormente ritoccati. Ma la documentazione sulla prima rivalutazione consegnata ieri dal Nucleo al ministro del Lavoro Cesare Damiano va in questo senso.
Per determinare i cardini dell´aggiornamento va infatti tenuto conto sia dell´età in cui si andrà in pensione, sia delle prospettive di vita della popolazione (negli ultimi 15 anni sono aumentate di 2anni e mezzo). I tecnici hanno consigliato di ridurre i coefficienti di rivalutazione fra il 6 e l´8 per cento (a seconda appunto dall´età in cui si lascerà il lavoro). I tagli saranno tanto più penalizzanti tanto più tardi si uscirà ma – precisa il presidente del Nucleo, Alberto Brambilla – «non riguarderanno né gli attuali pensionati né chi andrà in pensione prima del 2013, con il sistema retributivo».
Davanti a queste cifre – pur se ancora teoriche perché sui coefficienti da applicare dovrà comunque decidere il governo – si sono scatenate feroci polemiche con i sindacati. Il ministro Damiano ha provato a calmarle assicurando che «tutto quello che riguarda le modifiche del sistema pensionistico sarà oggetto di concertazione con le parti sociali», ma i lavoratori restano allarmati. «Le pensioni sono già basse, non possono essere tagliate ulteriormente» ha tagliato corto il leader della Uil Angeletti. «Non accetteremo automatismi fra le posizioni dei tecnici e l´applicazione dei coefficienti» ha detto il leader della Cgil Epifani. «Il Nucleo ha fatto una pesante interferenza in un momento molto delicato – ha commentato Baretta della Cisl – il governo pensi piuttosto ad avviare il confronto per superare il “gradone” previsto da Maroni (scatto automatico dal 2008 dai 57 ai 60 anni d´età come limite minimo all´assegno d´anzianità ndr) e avvii la previdenza complementare». Di parere opposto l´esperto Giuliano Cazzola: «La revisione va fatta, altrimenti nel 2050 la spesa sarà insostenibile».