Una domanda secca per Giorgio Airaudo, segretario della Fiom di Torino. Quanta autonomia ha avuto il sindacato nella trattativa su pensioni e welfare con il governo Prodi?
Domanda secca, risposta altrettanto secca: poca. Nel sindacato (inteso nel suo insieme) è prevalsa l’ipotesi di partecipare al governo. Del resto Prodi appena eletto ha fatto il giro dei congressi sindacali, si è presentato a Cgil, Cisl e Uil. A un certo punto si è pure sostenuto che il programma di Prodi e quello della Cgil coincidessero. Diciamo che “l’effetto ottico” ha molto pesato. Un pezzo di sindacato ha creduto di essere al governo, pur nell’autonomia delle sue funzioni. Un equivoco, inizialmente voluto.
E poi?
Poi la situazione è peggiorata. Il “partecipare al governo” è stato condizionato dagli equilibri parlamentari della maggioranza, dall’evoluzione politica. Adesso al governo c’è un nuovo partito, il Partito democratico. Un pezzo dell’Unione si è configurata in un nuovo partito che peraltro non è stato sottoposto ad alcuna verifica elettorale. Tutto legittimo, per carità, ma il quadro è cambiato.
Come ha reagito il sindacato alla novità del Pd?
Una premessa: penso che da parte del sindacato ci sia stata tanta buona fede. Mi spiego: un “governo amico” può servire a strappare di più per i lavoratori. Così si sono generate mille aspettative.
Molte aspettative e poche mobilitazioni.
Mobilitazioni condizionate da una forte interlocuzione con il governo, dalla paura di indebolire un esecutivo che ha numeri così risicati in Senato. I sindacati sono stati timidi e a pagare il prezzo più alto della scarsa mobilitazione è stata la componente che mette al centro la partecipazione. Chi pensa come la Cisl di fare un sindacato dei soci, di chi si iscrive, ha sofferto meno della Cgil questo passaggio.
Che succede in Cgil? A dir poco c’è maretta…
Si è consumata un’ipotesi sindacale. I lavoratori non sono stati messi in campo per paura che il governo cadesse, ma forse una grande mobilitazione avrebbe rafforzato il governo, aiutato la trattativa. Anche perché Confindustria è scesa in campo pesantemente. Se come orizzonte prendiamo la concertazione, Montezemolo può ben dire di aver portato a casa un grande risultato.
Secondo lei come si è comportato Guglielmo Epifani in questi passaggi?
Epifani è consapevole, così come tutta la Cgil, di essere di fronte a un grosso problema. Serve una correzione di linea, una discussione aperta e approfondita che coinvolga tutto il sindacato. Che coinvolga tutti i sindacati: Cgil, Cisl e Uil.
Ma quando ci sarà la consultazione dei lavoratori?
Purtroppo non è stata fatta all’inizio della trattativa e ancora non c’è una data. Spero si arrivi presto a un referendum. Un referendum, così come si fece sulla riforma Dini dodici anni fa.
Che aria tira nelle fabbriche
C’è molto malcontento. Ben lo sanno i nostri delegati, la spina dorsale del sindacato. Ricordo una vecchia inchiesta fatta in Cgil quando Cofferati era segretario. A Torino e Reggio Emilia furono consultati iscritti e simpatizzanti. Alla domanda cosa è per te il sindacato, il 93% rispose il mio delegato, il 5% Sergio Cofferati, il 2 il referente dell’azienda. Eppure erano gli anni in cui Cofferati godeva di un consenso enorme. Dunque quelli più in difficoltà sono i delegati. E’ a loro che i lavoratori chiedono spiegazioni, si rivolgono a loro per cercare di capire quando verranno chiamati ad esprimersi.
Il malcontento cresce.
E rischia di dare una mano all’antipolitica, al disimpegno, alla delusione che fa dire “siete tutti uguali”. E’ questo il sentimento imperante in questi giorni. E allora dico che dobbiamo correggere una vecchia visione sindacale secondo cui si devono valorizzare i piccoli passi e la riduzione del danno. Le pensioni minime sono state aumentate e qualche altro piccolo risultato è stato strappato. Non basta. I lavoratori hanno vissuto la trattativa in modo drammatico e non si accontentano della riduzione del danno. Che pure è un’idea importantissima.
Si può mettere come si vuole, ma nei fatti non è stato cancellato lo scalone, è stato solo diluito nel tempo.
E infatti chi cerca di valorizzare le piccole conquiste, non si rende conto che la percezione dei lavoratori è un’altra. Banalmente non ti capiscono. Perchè con questo pacchetto si è giocato il giudizio del rapporto del governo con il capitale e il lavoro. Purtroppo la bilancia pende verso il capitale. Non a caso la proposta più grave è sul mercato del lavoro.
La Cgil sembra uscire malconcia da questo luglio.
Devo dire che la Cgil dimostra di essere un un corpo vivo, a differenza delle altre sigle che hanno ottenuto l’unanimismo. E forse l’unanimismo della Cisl dovrebbe far più notizia del dibattito in Cgil. Perché non fotografa le discussioni che ci sono nei posti di lavoro. Nella Uil si sono astenuti i metalmeccanici, la Uilm. La Cgil ha dimostrato vitalità.