Giordano, Vendola e la storia di due segretari senza partito

Una bizzarra vita perplessa, quella di Rifondazione in questi giorni. C’è la necessità della ragion politica, l’unità del partito, ma anche l’implacabile tempesta sempre più raccontata dai giornali. Il congresso è stato fissato per luglio, eppure la parola scissione ha fatto capolino ed è un po’ come se si fosse già consumata; in privato la maneggiano con impeto e si vìve ormai da separati, in casa. Bertinottiani contro ferrerianì, Franco Giordano contro Paolo Ferrero. Adesso bisogna solo organizzarla la scissione, aspettare l’occasione, fissare la data, il giorno e l’ora. Il pensiero va al divorzio tra Bertinotti e Cossutta, ma in questa, nuova, possibile frantumazione nessuno ha avuto la sensazione di trovarsi di fronte al dipanarsi di un altro dramma del comunismo, uno dei tanti, quanto piuttosto di ascoltare una melopea monotona, come la cantilena nasale di un arabo. I veri drammi nel Prc sono quelli personali, Franco Giordano, l’ex segretario, processato e adesso vilipeso dai compagni che lo hanno cancellato dal sito di Rifondazione. Un atto che ha il valore di uno sputo in faccia, di un sampietrino scagliato sulla testa.
Se a Giordano avessero detto che la sua ora al timone del partito sarebbe coincisa con l’ennesima lacerante convivenza con Prodi e poi con l’annientamento elettorale, forse, l’avrebbe accettata comunque la sospirata segreteria. Persino se gli avessero spiegato che sarebbe stato preso poi di mira,
attaccato per colpire in lui il vecchio Bertinotti. E’ un soldatino, Giordano. Messo sempre un po’ in ombra dal proprio carismatico amico Nichi Vendola è diventato un capo nel momento più difficile della storia del Prc; è cresciuto tutto in una volta, nel dilemma tra essere di lotta e di governo e poi nella crisi, nell’affronto dei compagni sanculotti che oggi cancellano il suo nome dalla facciata del partito.
E’ una sorta di gemello separato di Vendola, entrambi pugliesi, compagni di tutte le battaglie. Colto e raffinato l’uno, con il caschetto ben curato, focoso e passionale l’altro, sempre scompigliato, basso e tarchiato, generoso, anni fa quando gli chiesero chi dei due candidare, disse subito: “Nichi, ovviamente”. Verrà mai la sua ora? E’ arrivata nel momento sbagliato, addosso gli sono piovute tutte le contraddizioni di un partito di lotta e di governo: ripetere lo shock del ’98 e far cadere Prodi, oppure resistere per influenzare? Tirato dalla destra e la sinistra del proprio partito, si è stirato come una molla che perde la consistenza elastica; sino al paradosso di Rifondazione che, schierata sui banchi della maggioranza, votò il protocollo sul welfare e le missioni militari che non condivideva. Rifondazione vuole quello che non vuole. E’ il più recente degli ossimori, ma già crepato, nel senso delle crepe, delle fessure da cui scappano la coerenza e poi anche i voti. Come in effetti è successo. Il fatto è che a Giordano è precipitato tutto addosso, tutto in una volta sola. Bertinotti prende la presidenza della Camera, s’innamora del ruolo istituzionale ma coltiva una doppia identità: non lascia le briglie del partito, distingue le proprie dichiarazioni tra quelle presidenziali e quelle politiche; affida il Prc al suo bravo colonnello, ma allo stesso tempo ne decide la deideologizzazione forzosa. Bertinotti impone dall’alto e lascia le grane a Giordano, ossia la mediazione tra il vecchio capo che da Montecitorio propone una sconclusionata evoluzione del Prc e le resistenze del partito. La sinistra unita, portata avanti tentando di conciliare gli ultras dell’ecumenismo con i fanatici della falce e martello; infine la sconfitta elettorale, il partito ai minimi termini, le dimissioni, il pianto e lo scherno degli oppositori interni. “Mi dimetto per la sconfitta, per la catastrofe che si è prodotta, ma questo lo dico a Paolo Ferrerò: non posso esser dimesso per la cultura del sospetto”.
Giordano si fa da parte e ancora una volta candida l’amico Nichi Vendola: “E’ l’unica speranza”. Ma il partito volge verso la separazione, il prossimo comitato politico ne darà un assaggio chiaro. Si deciderà la tipologia del congresso: a mozioni o a temi? Ferrerò vuole un congresso a temi, senza votazioni leaderistiche che aiutino Vendola. Deciderà il Cpn (3 e 4 maggio) e a molti, nel partito, pare evidente che se trionfasse la linea Ferrero la scissione sarebbe ormai un fatto.