Al primo passaggio nel comitato politico nazionale, il «parlamentino» del Prc, la maggioranza di Franco Giordano si riduce pericolosamente nel voto sulla nuova segreteria, ovvero sui dirigenti che sostituiranno ministro o sottosegretario dopo che lo stesso Giordano ha preso il posto di Fausto Bertinotti. Il nuovo organismo di vertice passa con 98 voti a favore, appena il 55 per cento: ad eleggere Giordano segretario erano stati 139. I no sono stati 73 no, il 41 per cento, almeno una quindicina in più di quelli delle minoranze organizzate – e sempre più unite – Essere comunisti (Alberto Burgio e Claudio Grassi) e Sinistra Critica (Salvatore Cannavò e Gigi Malabarba). Che si fermano a 57 sull’ordine del giorno che avrebbe impegnato deputati e senatori del Prc a votare contro la proroga della missione militare in Afghanistan, scatenando il putiferio nella maggioranzane riferiamo anche a pagina 11).
Dibattito teso e con tanto di richiami all’etica, oltre che alla coerenza con gli otto voti contrari espressi dal Prc in parlamento sulla spedizione a Kabul. «Non possiamo votare una missione di guerra, in Afghanistan non ci sono le condizioni per il peacekeeping», ha detto Cannavò. Nessuno può dargli torto, era vero prima e la situazione peggiora. «Non sarebbe stato meglio affrontare il tema afghano, come l’Iraq, fin dalla discussione sul programma?», chiede Grassi. «Emerge la debolezza non solo della segreteria ma della stessa linea politica», osserva Burgio. Vale per l’Afghanistan come per la manovra economica che prepara il ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa e per la questione del taglio del cuneo fiscale, temi sui quali batte e ribatte da settimane un ex fedelissimo di Bertinotti come Alfonso Gianni, sottosegretario allo sviluppo.
Giordano ha replicato che «le difficoltà erano in premessa» e criticato «chi si esercita sul terreno delle preoccupazioni» lasciando ad altri, in primis a lui, quello «della responsabilità. Non ci può essere una divaricazione – ha detto alle minoranze – Anch’io sono preoccupato per la nostra presenza al governo, avverto il rischio di una tolda di comando riformista. Ma non capisco, la linea è chiara: incidere sul programma senza avere un atteggiamento di nicchia», che sarebbe quello del Pdci. Le conclusioni sull’Afghanistan le ha fatte Ramon Mantovani, notoriamente è tra i più critici, insieme ai Giovani, all’interno della maggioranza: un segno di apertura.
I nuovi membri dell’esecutivo sono Maurizio Zipponi, dirigente Fiom e futuro responsabile lavoro, Walter De Cesaris che sarà coordinatore della segreteria, Michele De Palma (Giovani), Roberta Fantozzi (migranti). Affiancheranno Francesco Ferrara (organizzazione), Imma Barbarossa (istituzioni), Loredana Fraleone (scuola) e Daniela Santroni, (comunicazioni). Sergio Boccadutri è il nuovo tesoriere dopo che Franco Bonato è diventato sottosegretario agli interni.
Contro la nuova segreteria, di qui probabilmente i quindici o sedici «no» aggiuntivi, ha parlato anche Luigi Vinci, ex dirigente di Democrazia proletaria ed ex capogruppo di Rifondazione a Strasburgo. Ha denunciato la gestione «centralistica e verticistica» e ha chiesto il rinvio della votazione sulla segreteria: ordine del giorno respinto con solo 45 voti a favore. Sono probabilmente arrivati da lì i quindici o sedici «no» aggiuntivi al nuovo esecutivo. Paolo Ferrero e Giovanni Russo Spena, ex di Dp e oggi rispettivamente ministro della solidarietà sociale e capogruppo al senato, hanno preso le distanze dalle critiche di Vinci a Giordano. «Ma l’apertura della segreteria alle minoranze – riconosce Russo Spena – non era irrealizzabile».
A questi maldipancia guarda Marco Ferrando che stamattina, dopo aver lasciato il Prc, al cinema Barberini di Roma lancia il movimento costituente per il Partito comunista dei lavoratori. Primo punto: «L’opposizione comunista al governo Borghese Prodi-Padoa Schioppa».